saluto al convegno “evento cristiano e società italiana”

Bologna

Questo Convegno – che si iscrive entro la meditazione e la ricerca culturale motivate e ispirate dal prossimo Congresso Eucaristico di Bologna – arriva propizio nel momento che vede l’intera società italiana intenta a ripensare le sue regole, le strade del suo sviluppo, i suoi traguardi. È dunque un tempo problematico e, bene o male che si orienti, un tempo comunque decisivo.

Perciò siamo tutti sollecitati a riflettere; tutti, anche e soprattutto coloro che trovano nella luce stimolante del Vangelo un senso critico più acuto e più vigile nei confronti di ogni possibile ideologia e una originale capacità di leggere le situazioni, le dottrine, gli accadimenti.

Se Cristo è l’unico Salvatore dell’universo, della storia e dei cuori, allora è chiaro che non si può fare dell’adesione a lui la scusa per non tenere gli occhi aperti sulla concreta umanità in cui siamo immersi e per non avvertire quanto siano pungenti le difficoltà dell’ora attuale. Come d’altronde non si può vedere nell’impegno sociale una giustificazione a dimenticarsi di Dio.

Non dovremo certo aspettarci che dal messaggio di Cristo ci vengano offerte già pronte le soluzioni operative alle molte e inquietanti questioni che alimentano oggi la nostra ansia. Ci aspetteremo piuttosto il richiamo ai princìpi fondamentali, che devono sempre guidare le nostre analisi e le nostre scelte, e in particolare la giusta idea che si deve avere dell’uomo.

L’uomo – creato a immagine e somiglianza di Dio – è un essere libero, responsabile dei suoi atti, in grado di interrogarsi sul senso del proprio esistere e di decidere del proprio destino. Pensato dall’origine in Cristo – nel quale tutte le cose sussistono (cf. Col 1,17) e sono compaginate – ha un’intrinseca vocazione alla solidarietà e al bene comune. Usufruttuario di ogni cosa creata, non può dilapidarne alcuna nÈ sottrarla totalmente all’utilità dei fratelli.

Proprio perchè è un essere libero e signore dei suoi atti, l’uomo può anche prevaricare. In particolare, due prevaricazioni scombinano radicalmente il disegno originario e ne alterano la bellezza: quella di avvilirsi in un materialismo che riduce l’umanità a un gregge senza ideali trascendenti, senza norme di comportamento oggettive e perenni, senza ultimi approdi al di fuori della morte annientatrice; e quella di autodivinizzarsi, abbandonandosi al gusto di costruire sistemi scientifici, economici, sociali e politici senza valori assoluti e senza limiti morali. Ma l’uomo – per il quale il Figlio di Dio ha versato il suo sangue – non può andare perduto. Cristo anzi ci chiama tutti non solo a salvarci ma anche a diventare collaboratori della sua azione riscattatrice, a vantaggio dell’intera famiglia di Adamo.

È appunto il compito che ci è assegnato, e non è facile. Non è facile vivere nell’attesa nostalgica del Regno di Dio e al tempo stesso adoperarsi appassionatamente e fattivamente perchÈ la terra non sia troppo lontana dagli ideali di giustizia, di libertà autentica, di invincibile amore, che sono contenuti nell’annuncio evangelico. Oggi poi tutto sembra essere diventato più complicato e più arduo: confusione e incertezza affliggono la vita civile, si ritrovano all’interno della stessa cristianità, connotano le scelte operative dei cattolici e persino le opinioni dei teologi.

In momenti come questi è doveroso ascoltare con attenzione e rispetto tutte le voci sensate, quale che sia il labbro da cui provengano. Ma il segreto della nostra sopravvivenza e della nostra fecondità sta non tanto nella cortesia del dialogo (pur doverosa) quanto nel ritorno alle sorgenti: alle sorgenti della luce, che ci ha consentito in passato di non lasciarci incantare dai molti miraggi prepotenti e ingannevoli; alle sorgenti della vita, che ci ha da sempre costituito e mantenuto nella nostra identità. Alle sorgenti della luce e della vita c’è Cristo con la sua verità e la sua grazia. È lui, il Salvatore di tutti e di tutto; e lui non ha mai bisogno di essere salvato da niente e da nessuno.

Non dobbiamo quindi preoccuparci di sorreggerlo nella sua attualità nÈ di puntellare un cristianesimo che – agli occhi non illuminati dall’alto – appare così spesso vacillante con gli apporti delle concezioni e delle forze mondane. Ci dobbiamo piuttosto preoccupare di trarre da Cristo e dall’evento cristiano la chiarezza e l’energia necessarie a vagliare, purificare, redimere le varie mentalità e le varie culture con le quali veniamo a contatto. Così potremo tentare e sperare di costruire una convivenza più equa, più misericordiosa, più umana. Questo è il messaggio che ci auguriamo si irradi dal Congresso Eucaristico Nazionale di Bologna.

Da molte parti si dà per scontato che l’essere discepoli del Signore Gesù sia oggi un modo anacronistico e socialmente irrilevante di essere uomini. Il risultato è che poi ci si affida alle stoltezze più deleterie, quali il travisamento della stessa idea di matrimonio e di famiglia, quali la manipolabilità della vita, quali la trascuratezza delle esigenze della solidarietà, quali la divaricazione tra il potere economico e il mondo del lavoro nonchÈ il primato, che si ritiene assoluto e intangibile, della finanza e dei suoi centri decisionali.

Di fronte a questa formidabile aggressione al fatto cristiano, la prima urgenza è appunto quella di salvare – nitida e viva – la nostra identità. La seconda è quella di aiutare il popolo cattolico a pensarsi come soggetto attivo della vicenda terrena, senza lasciarsi confinare nell’ambito delle pratiche di culto e delle iniziative di carità; che è stato l’intento sempre perseguito, dall’unità d’Italia in poi, dai vari liberalismi e dai vari socialismi, per non parlare del ventennio fascista.

C’è anche una terza urgenza, ed è quella di far capire a tutti che il vero bene anche terreno e l’affermazione dell’inalienabile dignità umana devono essere aspettati e possono essere ottenuti non dalle diverse utopie che in questi due secoli hanno cercato di sovrapporsi (e talvolta di imporsi con la violenza) alla natura dell’uomo e alla realtà delle cose, ma dall’annuncio rinnovatore di Cristo, dalla forza pacifica del Vangelo, dalla dottrina sociale cristiana.

La fede vissuta con intelligente coerenza ci porta a essere cristiani che hanno una loro storia inconfondibile, un loro modo proprio di vivere la condizione secolare, un loro giudizio sulle questioni concrete dell’esistenza, un loro progetto per rendere più giusti e più fraterni i rapporti tra gli uomini: in sintesi, ci porta ad avere la capacità di coniugare tra loro l’altezza degli ideali che ci sono stati rivelati dalla divina generosità e il realismo di una prospettiva terrestre disincantata.

La verità della signorìa salvatrice di Cristo, che ci viene ravvivata dal Congresso Eucaristico di Bologna, affida, come si vede, ai cattolici una missione difficile e affascinante. Il mio auspicio e la mia speranza è che questo Convegno contribuisca efficacemente a far riemergere la consapevolezza di questa missione nella mente e nel cuore di chi ha la fortuna di sperimentare la comunione gioiosa con il Figlio di Dio presente tra noi sino alla fine dei secoli e la fierezza dell’appartenenza ecclesiale.

07/06/1997
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