Cara Beatitudine Sviatoslav, è con profonda emozione che la accolgo nella nostra Cattedrale di San Pietro. Oggi è davvero la Festa di tutti i Santi, del cielo e della terra. Ci unisce il legame visibile intorno al successore di Pietro, il servo dei servi, colui che presiede nella comunione, servizio indispensabile per quello straordinario e stupefacente corpo che è la Chiesa cattolica, nostra madre. La comunione non è virtuale, in remoto, ma molto reale e la presenza ci aiuta a contemplare un legame che è sempre reale. Per questo ringrazio Dio della sua presenza oggi e di quella quotidiana della vostra carissima Comunità, con il saggio padre Mikail, ricchezza per la nostra Chiesa di Bologna.
Voi ci permettete fisicamente di respirare a due polmoni, quindi meglio e, a dire il vero, di respirare meglio anche con il nostro! Sessant’anni fa, il 6 gennaio 1963, nei mesi di quella straordinaria primavera della Chiesa che fu il Concilio Vaticano II, il cardinale Lercaro accolse proprio qui l’allora ancora solo Mons. Slipyi. Accogliendolo disse: «Voi portate lo splendore della venerabilissima Chiesa d’Oriente. Con l’ansia dell’unione dei credenti in Cristo voi portate in mezzo a noi l’eco di quella gloriosa Chiesa che, nel silenzio, con la voce potente della sofferenza rende testimonianza a Dio; il Padre, nel cui nome soltanto gli uomini possono riconoscersi fratelli e instaurare tra loro, senza esclusioni di classi, di caste, di colori, vincoli leali di fraternità. Voi personificate così in mezzo a noi le due grandi aspirazioni della Chiesa in questa svolta della storia: l’unione dei cristiani nell’unico ovile e la pace del mondo nella fraternità dei figli di Dio».
Slipyi ricordò di essere stato a Bologna circa quarant’anni prima e aggiunse: «Ne ho serbato un ricordo indimenticabile, che mi ha confortato nella mia patria: e mi piace ricordare come nei secoli passati gli studenti ucraini vennero all’Università di Bologna, maestra del diritto a tutto il mondo. Quel che Bologna ha fatto per il diritto è cosa straordinaria, gigantesca; Bologna ha insegnato alle genti il rispetto del diritto; e nel rispetto ai diritti di Dio, della Chiesa, dell’umanità è un sincero pegno di pace; il diritto unisce; e, come ebbi ad affermare all’inizio del Concilio, così ripeto oggi, la strategia di ogni anima religiosa è l’unità; per questo ideale si deve consacrare la vita».
Noi ci ritroviamo al termine della prima sessione del Sinodo sulla Sinodalità che riprende proprio la preoccupazione pastorale di quella Pentecoste per la Chiesa Cattolica. Spero che anche Lei serberà di Bologna un ricordo indimenticabile! La Chiesa che Lei guida si misura oggi con una guerra terribile, ingiusta, feroce. Conosciamo la forza della vostra Chiesa, quella che abbiamo ammirato nel corso della persecuzione sovietica: la sua fedeltà a Roma, la resistenza spirituale nella clandestinità, i martiri e i confessori della fede.
Sono mesi terribili. La fede sempre si misura con le tempeste, affronta il male e lì si rivela. È la forza dei cristiani: l’amore, la santità che Dio ci affida, che ha messo dentro il cuore e che Gesù ci aiuta a scoprire dentro di noi, a coltivare e, soprattutto, a donare vivendo da santi in questa terra, trasmettendo con la nostra vita la luce del cielo. Il vostro dolore è il nostro dolore, le vostre lacrime sono le nostre e preghiamo che presto possiamo cantare con voi la gioia della pace raggiunta, che sarà anche la nostra gioia. Pace. Pace, giusta, pace sicura per l’Ucraina e oggi, aggiungo, per la Terra Santa profanata dalla violenza che uccide civili e innocenti. Iniziamo a proteggere i piccoli. È il compito della missione affidatami da Papa Francesco che alcuni frutti inizia a dare a quelli che devono ricongiungersi con le loro famiglie. Vorrei che pensassimo già da adesso a far venire qui, ospiti nelle nostre famiglie, i bambini ucraini che portano, nel loro delicatissimo e sacro cuore, le ferite della guerra, che hanno perduto il loro papà o sono segnati dalle paure causate dalla follia della guerra. Mi auguro che possano moltiplicarsi anche i segni concreti di solidarietà per alleviare le terribili sofferenze causate dalla guerra.
Gli orfani siano anche i nostri figli e se serve qualcosa per farli studiare saremo vicini alle loro famiglie. Il metropolita Andrey Sceptitsky, nella tempesta della seconda guerra mondiale nella lettera pastorale “Non uccidere” scrisse: «Cristo ci insegna ad abbracciare con amore l’umanità intera, insieme a tutti i nostri nemici e a coloro che ci hanno fatto del male e ci fanno del male. Il popolo che si abitua all’omicidio, che non si impressiona, non si indigna per quel crimine, perde lentamente il senso dell’amore cristiano verso il prossimo, si abitua a una forma di odio, e lentamente si infetta con il veleno dell’odio. Le persone iniziano a pensare che l’odio tra le persone sia un fenomeno naturale. Rivolgo un appello speciale ai pii cristiani, ai monasteri e alle congregazioni legali, alle confraternite, e soprattutto ai bambini innocenti nelle scuole, affinché preghino per la pace tra gli stessi ucraini.
Preghiamo per la pace universale per l’umanità, perché la terribile miseria che l’attuale guerra rappresenta per l’umanità ci mostra ogni giorno quanto le persone abbiano bisogno di pace. E quando preghiamo per la pace per l’umanità, dobbiamo pregare di più per la pace dentro il nostro popolo, per la pace dentro di noi, per la fine dell’odio, della lotta, dell’inimicizia e, lo dico con le lacrime, dello spargimento di sangue. Il mondo sta morendo per mancanza di amore, sta morendo per l’odio umano! Non smettiamo di implorare l’Onnipotente di far piovere dal cielo abbondanti e calde piogge della sua santa grazia». Purtroppo facciamo nostre, dopo ottant’anni, le sue stesse parole. E venga presto la pace, con l’intercessione di Maria, Regina della Pace. Amen. Amen.