Santa Massa con ordinazioni presbiterali

La festa dell’esaltazione della croce celebra il ritrovamento del legno della Croce, albero della vita al quale fu sospeso il Salvatore del mondo. Anche noi dobbiamo sempre ritrovare la croce, persa così facilmente nell’indifferenza, tenuta lontano dalla tiepidezza e dal pervasivo “salva te stesso”. Lo stress della ricerca di una felicità individuale finisce per cancellare la croce, perché il benessere fa credere diritto e possibile una vita che è la pornografia della vita, senza il limite, deformata, irreale. Noi esaltiamo la Croce di Cristo, non il dolore ma il suo amore per l’uomo e per quella persona che sono io e che è ogni persona. L’amore significa anche sacrificio, senza fine come sempre vuole essere l’amore. La croce scandalizza la nostra tranquillità, le misure calcolate, le tante glorie del mondo. Dio non rivela la sua onnipotenza e la sua gloria nell’affermazione di sé ma nella sconfitta senza appello, senza riserve, definitiva, accettata come si può fare solo per amore. Scrissero i detenuti della Dozza: “Mentre morivi gridando a Dio: «Perché mi hai abbandonato?» nascevi interamente alla nostra umanità segnata dalla solitudine e dall’abbandono. Hai preferito morire pur di non abbandonarci; hai preferito pensarti abbandonato da Dio piuttosto che pensare di abbandonarci”. 
Ecco carissimi Giulio e Lorenzo quanto siamo amati e che amore ci viene affidato! Un cristiano è un discepolo che sente l’amore di Gesù per sé, come Giovanni. La Chiesa è sempre una madre che resta sotto la croce, che non asseconda la paura e le prudenze. La Chiesa sceglie sempre questa parte, l’unica sua parte, perché non può abbandonare i suoi figli. Essa segue Gesù. Carissimi, aiutate questa nostra madre a stare vicino alla sofferenza di Cristo, alla sua umanità che amiamo in quella dei poveri e delle vittime. Dio non ci dice un generico e facile “Ti amo”. La croce è il suo “ti amo”, concreto, tutto umano, vero. Con un Dio così parlateci sempre, come don Camillo che si rivolgeva al crocifisso e lo ascoltava, per ritrovare voi stessi pregando, per sentire che non siamo mai soli e anche quanto è preziosa la nostra povera vita. E’ l’annuncio fondamentale della nostra fede. “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti” (EG, 164). Carissimi Lorenzo e Giulio, ringrazio il Signore per il dono che siete e per la santità che testimoniante. Con voi noi predichiamo e viviamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, come lo era stato per Pietro e pazzia per gli stranieri, perché un amore così appare davvero folle. Ma solo un amore così risponde alla domanda di dov’è Dio e ci fa capire la sua volontà, di vita, di gioia più forte del male più forte. La croce conservata a San Petronio mostra da un lato Gesù che muore e dall’altro la pienezza della sua gloria. La Croce porta alla vittoria vera, non quella che evita il male ma quella che lo sconfigge. Chi perde, conserva; chi dona, riceve; chi ama è amato; chi piange, è consolato, chi muore, risorge. In questo mondo, che si crede equilibrato e saggio ma che non sa donare senza tornaconto, che sciupa il tanto che ha perché esalta se stesso e non si spende in fondo mai per nessuno, in questo mondo che esalta un’idea volgare, muscolare, rozza di affermazione di sé, dove conta la furbizia e non il cuore e l’intelligenza; in un mondo che si entusiasma per le cose e non difende la vita sempre e per tutti, ecco noi saremo sempre accanto alla croce perché cerchiamo la luce della resurrezione. Perché forte come la morte è l’amore. Siate forti testimoni di questo amore, credibili perché lo vivete. Siate degli “uomini di Dio” coraggiosi perché pieni di amore, non perfetti ma umani, che non lasciano solo e trovano la compagnia. Carissimi, il vostro amore può sembrare eccessivo per un mondo misurato, individualista, tentato dalla spada più che dal dono, dallo scontro che non dall’incontro. Oggi siete consacrati per servire e dispensare questo amore, per predicare la buona notizia all’uomo che incontrerete, per spezzarlo e renderlo presente nell’Eucarestia, per offrirne la sua forza di vita con la grazia dei sacramenti, suoi ma sempre attraverso la nostra povera umanità. Che mistero di amore: è nostro e ci supera sempre. Non vi spaventate delle evidenti mancanze e debolezze, delle nostre contraddizioni e tradimenti, di quelli che subirete. Gesù non muore per i giusti ma per i peccatori; non giudica, salva; non abbandona ma ci regala sempre la sua parola che ci sveglia come il gallo nella notte della paura. Il suo amore, che è per noi e che doniamo a tutti, fino alla fine dirà ad un uomo perduto e senza speranza quel dolcissimo e rassicurante invito: “oggi sarai con me in paradiso”. Confidate sempre, anche nell’oscurità più forte del vostro cuore e di questo mondo, che dietro la croce c’è la resurrezione e che la nostra gioia è l’umanissima luce dell’amore più forte del male e di ogni delusione. E la croce non ci farà mai abituare a nessuna croce e ci spinge ad amare perché la vita risorga. Siate sempre uomini di comunione, creativamente fedeli, liberamente obbedienti, gioiosi e amabili, vantandovi di appartenere ad una Madre come la nostra che ci insegna a stare con Dio e con l’uomo. E anche di poterla vivere in questa bellissima Chiesa di Bologna, non perfetta, ma così piena di santità e di amore per Dio e per gli uomini. Siate operai del Vangelo non teorici dispensatori di verità lontane dalla vita, lavoratori gioiosi nella grande messe di questo mondo. Seminate sempre tanto amore, sempre, gratuitamente, facendo del bene a tutti, costruendo e sostenendo un popolo di amati, comunità di persone che imparano da Gesù ad amarsi l’un l’altro e ad amare il prossimo. La croce indica la via dell’umiltà, sapendo che a noi viene chiesto di fare con intelligenza e amore il possibile, di abbassarci per innalzare, per poi lasciare a Dio di compiere l’opera. Chiediamo a Dio che ci prenda sempre come siamo e ci renda come Lui vuole.  
Invitava il Cardinale Biffi, proprio in una celebrazione come quella nostra di oggi, a “saper ravvisare in ogni uomo una icona, magari un po’ deteriorata ma sempre autentica del Signore Gesù; in ogni persona dunque dovrete vedere un fratello da rispettare sempre e da amare. Di ogni “lontano” voi dovete saper fare un “vicino”, un “prossimo” che merita la vostra attenzione benevola e il vostro aiuto. Voi dovrete attrarre a voi e alla comunità cristiana quanti più potete, mettendo a profitto anche i doni di simpatia, di cui siete stati gratificati dal vostro Creatore. Ma nessuno dovete legare a voi, perché tutti sono del Signore Gesù e tutti a lui vanno indirizzati e fattivamente avviati. E’ lui lo sposo di ogni creatura, lo sposo dell’umanità riscattata e rinnovata, lo sposo della santa Chiesa Cattolica”.
Con San Francesco, servo di Gesù, lieto, semplice, fraterno, che per amore divenne simile al crocifisso, preghiamo: “Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l’aiuto della tua sola grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nella Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen”.

14/09/2019
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