Solennità del Natale del Signore – S. Messa del mattino

1.         «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere», così i pastori dicevano fra loro. Anche noi ripetiamoci a vicenda questo invito: andiamo fino a Betlemme, vediamo l’avvenimento accaduto.

            Che cosa vediamo? Un bambino appena nato e che giace in una mangiatoia. Ciò che ci colpisce subito è il luogo dove il neonato è collocato: una mangiatoia. E’ l’indice di una povertà che rasenta la miseria.

            L’apostolo Paolo scrivendo ai cristiani di Corinto, rivela che cosa in realtà nasconde questa povertà. «Conoscete» egli scrive «la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» [2 Cor 8, 9]. E’ una povertà, una umiliazione che Dio ha scelto nascondendo la ricchezza, lo splendore della sua divinità «per noi uomini, e per la nostra salvezza». I pastori furono i primi ad avere questa notizia. L’uomo non era più solo: la vita in questo mondo non è più priva di speranza duratura; sulla nostra barca, durante la traversata della vita, c’è anche Dio fatto uomo.

            Cari fratelli e sorelle, avete vissuto giorni terribili di cui portate ancora le conseguenze. Stiamo celebrando in questo luogo per questo. Quante domande espresse ed inespresse vi siete portati dentro al vostro cuore! Ma perché siamo stati colpiti in questo modo? Che senso ha tutto questo, se ne ha uno? Ritornerà il nostro paese a risorgere come prima, avendo un futuro dignitoso?

            Avete sentito come i pastori ritornano alla loro vita ordinaria: «glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, come era stato detto loro». Come era la vita ordinaria dei pastori in quei tempi?

            Erano i più poveri dei poveri. Non solo nel senso economico, ma soprattutto di riconoscimento sociale. Ne erano privi del tutto. Privi anche di quelli che noi chiamiamo oggi diritti civili. Forse che ritornando da Betlemme erano cambiate le condizioni della loro vita quotidiana? Affatto. Poveri e disprezzati come prima. Ma era accaduto qualcosa d’altro dentro di loro. Avevano preso coscienza, ascoltando ciò che l’angelo aveva detto loro e vedendo il bambino, che loro erano grandi davanti a Dio; erano così preziosi che Dio stesso si prendeva cura di loro; erano così amati da Lui che aveva deciso di condividerne la condizione. I pastori potevano dunque glorificare e lodare Dio ritornando alla loro vita ordinaria.

            Anche voi, terminate le festività natalizie, ritornerete alle vostre vite ordinarie: vi troverete a far fronte alle vostre preoccupazioni, problemi, e gravi difficoltà proprie di chi è stato colpito da un sisma. Allora potete pensare che momenti come questi sono alla fine necessari, ma come buone evasioni? No cari fratelli e sorelle! Il Natale è la celebrazione di una fatto che ha cambiato la coscienza che l’uomo ha di se stesso. Ha introdotto in essa la certezza che siamo affidati ad una Potenza infinita che ci ama, che si prende cura di noi. Questa consapevolezza produce in noi un atteggiamento di intima sicurezza, perché fonda la nostra vita sulla roccia stabile, inamovibile che è Dio. Un Dio che si prende cura di noi; che non ci abbandona, perché oggi è diventato uno di noi.

2.         Come vi dicevo, quando i pastori ritornarono da Betlemme si trovarono materialmente nelle stesse condizioni. Così la certezza di cui vi parlavo, la certezza della fede, non ci fa risolvere da mattino a sera i nostri problemi. Ma nelle difficoltà della ricostruzione c’è la sicurezza che Dio è vicino, fino al punto di farsi bambino.

            C’è una profonda leggenda medievale. Essa racconta che i pastori, decidendo di andare a Betlemme, portarono con sé anche i loro doni: latte e formaggi. Uno era però talmente povero che non portò con sé niente. Quando arrivarono, trovarono Maria con in braccio il bambino Gesù. Ella, per poter ricevere i doni, diede il bambino in braccio al pastore che aveva le mani libere. E così fu il più povero ad avere il privilegio di tenere tra le braccia Dio stesso.

            Cari fratelli e sorelle, accostiamoci al grande mistero che celebriamo in questi giorni con profonda umiltà nella consapevolezza di trovarci a mani vuote, e sentiremo il calore della vicinanza di Dio.

            E’ ciò che ci ha detto poc’anzi l’apostolo: «quando si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia».

 

25/12/2012
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