Solennità della B. V. di San Luca

Il Concilio Niceno II, che è dell’VIII secolo – ci ha ricordato don Gianluca Busi – descrive cosa è la sacra immagine: “Quanto più frequentemente queste immagini vengono contemplate, tanto più quelli che le contemplano sono portati al ricordo e al desiderio di ciò che esse rappresentano e a tributare loro baciandole rispetto e venerazione”. Ecco il senso dello “scendere” di Maria in mezzo alla citta: regalare a tutti la gioia della sua presenza, come per Elisabetta. Ella ci spinge a non aspettare, a non giudicare rimanendo lontani per paura o pigrizia, ma a renderci accessibili, vulnerabili, vicini, amabili, accettando gli imprevisti dell’incontro e della relazione. Maria scende per farci salire, per portarci con sé e da Gesù, per affidarcelo ricordando che dobbiamo proteggerlo, seguirlo, cercare le cose di lassù per vivere bene quelle della terra. In questi giorni, segnati dalla commossa partecipazione di tanti, si sono riuniti qui i lati del poliedro bellissimo della nostra Chiesa di Bologna, tutti importanti. Quanti sentimenti e quanta umanità intorno a questa madre!  Ecco che cosa sono tutte le nostre comunità, piccole o grandi: una madre che accoglie, che apre il cuore, che ascolta e fa sentire capiti, che dispensa amore, fiducia e la consolazione della speranza. Questa madre fa sentire unici e allo stesso tempo fratelli, amati e impegnati a donare l’amore che riceviamo, che ci affida quel Gesù che genera per noi. Altrimenti la diversità diventa facilmente motivo di continuare la discussione senza fine su chi è il più grande o ridurre tutto ad una lettura politica della Chiesa. Ringraziamo di cuore di essere qui con Maria e di esserlo come presbiterio, aiutati anche dagli anniversari di alcuni fratelli che con le loro tappe ci insegnano a contare i nostri giorni, a vivere le varie stagioni del nostro servizio sempre docili allo spirito che rende nuovo quello che inevitabilmente è vecchio, gioendo e esultando per i multos annos vissuti e chiedendo il magis di santità così necessario per tutti. La loro testimonianza è sempre preziosa e vogliamo sia rivestita di concreto affetto e accompagnata con la preghiera.
Il racconto di Davide ci ricorda che abbiamo il privilegio di portare noi l’arca, presenza pienamente umana e pienamente spirituale di Dio tra gli uomini. Mical, la figlia di Saul, mentre Davide ballava e faceva festa intorno all’arca, lo disprezzò in cuor suo. Aveva amaro fastidio per troppa gioia, il suo cuore era tiepido e la gioia appariva eccessiva, non sapeva gioire, preferiva le sue misure e il triste equilibrio della disillusione a quell’entusiasmo che, come è noto, significa essere pieni di Dio non fuori di sé! Lasciamoci prendere dalla gioia di essere suoi, peccatori e limitati come siamo, perché lo spirito ci dona di sentire nella nostra parzialità la pienezza. Infatti è venuta, come abbiamo ascoltato dall’apostolo, la “pienezza del tempo” proprio nelle difficoltà e precarietà del nostro tempo. Contempliamo questa pienezza nella nostra vita, nelle nostre comunità, nella fraternità che ci unisce tra noi e con tanti fratelli. Tati potranno leggere questa gioia nella nostra amabilità e nel servizio alla comunione che viene sempre prima dell’organizzazione. Davanti a Maria, nostra madre, si smorzano le tensioni e i protagonismi, si disarmano i giudizi taglienti o raffinati che siano, perché l’unica ragione da difendere è proprio quella di questa madre e quindi della nostra famiglia. Davanti a lei scompaiono le parole malevoli, anche solo perché senz’amore, che di fatto riducono l’altro alle sue debolezze, perché Maria, come ogni madre, aiuta a cercare quello che c’è di buono e così permette di diventarlo per davvero. Ad ogni parola, detta o anche non detta, che è malevola o distruttiva dovremmo “riparare” con altrettante parole benevoli e amabili! Oggi scopriamo che in realtà ci rassomigliamo tanto tra noi, molto più di quanto pensiamo, perché siamo tutti diversi ma anche tutti così simili se figli di questa madre. Cerchiamo con gioia quello che ci fa rassomigliare perché questo permette di rendere ricca la comunione con la nostra diversità! Al contrario ogni volta che si semina divisione feriamo questa madre di tutti, benigna, paziente, che “al tempo presente preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore”, “esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando”.  Se l’amore ha bisogno della verità, anche la verità ha bisogno dell’amore. Amore e verità non si possono separare, altrimenti “la verità diventerebbe fredda, impersonale, addirittura oppressiva per la vita concreta della persona”. Noi siamo affidati a Maria ma anche lei è affidata a ciascuno di noi. Lasciamoci condurre dalla sua passione sempre giovane che le fa attraversare le montagne e la fa correre verso Elisabetta, che la spinge a fare il primo passo senza sapere cosa accadrà, che la porta a rivelare così, ma solo dopo l’incontro, la speranza che era nascosta, comunicando e suscitando gioia, portando Gesù ancora prima che si riveli perché la speranza comunichi speranza.
Elisabetta proclama la prima beatitudine del Vangelo di Luca. “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. E’ la nostra beatitudine quando ascoltiamo e ci lasciamo condurre dalla parola e non viceversa! In questo anno desideriamo rimettere al centro della nostra vita e delle nostre giornate, la P della Parola, per capire e vivere quelle del Pane e dei Poveri. Non basta l’ascolto, ma occorre credere all’adempimento! Siamo liberati dalla sottile disillusione per cui finiamo per non credere alla creatività del Vangelo che genera vita dove a noi parrebbe impossibile, seme che dobbiamo gettare con gioia e fiducia nei cuori degli uomini ma con la forte convinzione e aspirazione che producano frutti. Quando non crediamo all’adempimento della Parola, finiamo per confidare nelle nostre parole e capacità. Maria lo crede anche quando non ha visto nulla! Ci mostra a Cana come bisogna essere attenti non a quello che manca a noi ma agli altri, a non accettare mai che la gioia finisca, a credere che Gesù risponde alla domanda di gioia nascosta nel cuore di tutti gli uomini, ad andare come lei da Gesù con la e fare “qualsiasi cosa vi dica”. Fare, mettere in pratica, credendo che si realizzerà anche se noi pensiamo sia inutile o ci sentiamo disorientati perché cercheremmo altre risposte e sicurezze più evidenti! Questa è la beatitudine che sento oggi con la Vergine di San Luca, pensando alla nostra città con le sue tante ferite di solitudine e di individualismo, di paura e di disillusione, piena di privilegi che rendono sciocchi e spreconi e di tanta povertà e amarezza che non possiamo mai accettare. Torniamo a casa con il Magnificat nel cuore: sono anche le nostre parole, consapevoli e grati dell’umiltà che viene innalzata da Dio.
Maria, con le parole antiche anche noi “sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta”.

10/05/2018
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