Te Deum di fine anno

Il Te Deum è una celebrazione interiore, molto personale e allo stesso tempo corale, unita a tutta la comunità, non solo quella fisicamente presente, ma anche quella del cielo, in questa casa che contiene la nostra storia, davvero civica, punto di quell’orizzonte dove cielo e terra si uniscono.

Ci presentiamo come siamo: affaticati, con tanto smarrimento ma anche con la acuta determinazione di combattere contro le pandemie. Siamo segnati da questa tempesta che continua a rivelare la nostra fragilità e mette alla prova la nostra perseveranza, alla fine di un anno difficile per tutti, intessuto di tanta sofferenza e tanta speranza.

Non è sempre così la vita vera? Ci presentiamo meno presuntuosi, più consapevoli che combattere il male non è lo sforzo di un momento ma una lotta che non finisce e che possiamo anche vincere. Siamo meno attratti da quello che dissipa le nostre possibilità, più convinti che non basta recuperare la condizione precedente, cancellare i problemi o consumare esperienze perché dobbiamo riparare un mondo malato e tanti cuori feriti. Siamo più forti proprio perché più deboli, messi a confronto con la fragilità che facciamo finta di non vedere per indifferenza o perché non sappiamo che fare.

Quando la regola è “salva te stesso” diventiamo tutti più aggressivi e incapaci di lavorare con gli altri. Capiamo che siamo umili. Umile vuol dire vero, perché quando lo siamo ritroviamo la nostra realtà, bella e importante per quello che è, non per le apparenze o le cose. L’umiltà ci libera da Prometeo che deve sempre dimostrare la sua forza o dal sempre giovane e inconsapevole Peter Pan, che pensa di stare bene scappando dai problemi e dalle responsabilità. Questa sera ci presentiamo così, liberi da inganni e apparenze, umiliati dalla pandemia e dalle pandemie, umili, ma non per questo mediocri; umili, ma non rassegnati; umili e forti, perché capiamo il valore dei doni ricevuti e ringraziamo per i tanti riflessi della luce di amore di Dio che abbiamo visto nella nostra vita, ultimo questo Natale che rivela la nostra grandezza e la vera gloria di Dio.

Dio entra nel tempo, si fa fragile per amore e ci insegna cosa resta del soffio della nostra vita perché non vuole si perda nel nulla o nell’insignificanza.

Ci presentiamo portando il tanto bene che abbiamo ricevuto e del quale lodiamo Dio, l’amore che ci ha aiutato nel buio e che abbiamo visto riflesso in quei santi della vita ordinaria che hanno aiutato a sconfiggere la pandemia. Ringraziamo per i segni della sua misericordia, non per inorgoglirci ma contenti di avere trovato tanto amore che ha reso preziose tutte le cose, la banalità del bene, possibile a tutti. Quando non ci siamo arresi, quando abbiamo vinto la paura, quando non ci siamo banalmente fatti gli affari nostri ma quelli di chi era nel bisogno, quanta consolazione e speranza, quanta umanità abbiamo trovato e donato! Nelle pandemie capiamo la scelta di un Dio che non resta lontano ma per amore si espone anche lui al male e ci indica qual è la sua e la nostra forza.

Saremo migliori? Ecco la scelta che ci è posta guardando il futuro, confrontandoci col tempo e non con l’orologio, cercando cioè quello che dona il senso e non quello che scorre e finisce. Davanti allo svolgersi dei giorni, ai grandi confini della nostra città e del mondo intero, nel misterioso succedersi della vita questa sera scegliamo di essere migliori, cioè amici di Dio e del prossimo. Se siamo umili ci pensiamo assieme. Le due cose sono molto collegate: solo gli umili vedono gli altri come dei “Fratelli Tutti” e lo diventano per loro. Siamo sulla stessa barca e quello che succede ci riguarda tutti nel male ma anche nel bene.

Ritroviamo il gusto e la responsabilità del noi, liberandoci da steccati obsoleti, da divisioni e contrapposizioni inutili e paralizzanti; scegliamo quello che costruisce e fa bene al prossimo. Non pieghiamo il noi all’affermazione dell’io, di qualche protagonista preoccupato di sé e della propria considerazione e ruolo. La nostra comunità richiede tanto umile lavoro, l’entusiasmo per farlo, la dedizione di farlo bene, cioè di non essere approssimativi, di regalare attraverso di noi qualcosa di sé agli altri, anche quando non si vede o non viene riconosciuto.

La ripresa è una grande opportunità da non perdere. Non siamo un anonimo insieme di individui e Bologna non è un anonimo crocevia, ma un tessuto vitale che connette e accoglie realtà diverse, con la tradizione di umanesimo, di forza, di intelligenza e di solidarietà che va spesa con coraggio e visione, collegando la città degli uomini, compresa la montagna, nella costruzione del futuro, aperta al mondo ma con tanta radice nel territorio. I particolarismi non fanno bene al particolare!

Come non pensare ad alcune priorità, anzitutto la difesa della persona, sempre, dall’inizio alla fine della vita, in particolare dei fragili e degli anziani che impongono nuove soluzioni di cura domiciliare e di sintesi tra assistenziale e sanitario. La casa e il lavoro sono indispensabili per dare futuro, specie a chi ne ha più bisogno e sente il peso dell’incertezza, del precariato, dell’esclusione. Nell’incertezza si aspetta sempre e questo poi presenta il conto. La solitudine fa crescere situazioni di abbandono e disperazione e spesso la violenza matura proprio nella rarefazione di relazioni.

Tutti possiamo essere artigiani di comunità, perché abbiamo bisogno di comunità, non di individualismo, fosse pure ben accessoriato o garantito da una fredda burocrazia! Cerchiamo le cose alte e abbassiamoci a quelle umili, consapevoli dei mezzi e delle responsabilità che ha la nostra città, donando fiducia e opportunità, diritti e doveri certi, a quei tanti che cercano un liber paradisus per trovare futuro e dignità, libertà. E il liber paradisus è uno solo per tutti! Se ne esce insieme!

La Chiesa italiana ha scelto di iniziare un cammino sinodale, cioè “insieme”. Perché si può restare fermi, a difendere l’esistente e ad aspettare che siano gli altri a fare il primo passo o si può camminare in ordine sparso, da soli o con pochi selezionati e sicuri. Desideriamo prendere un tempo e avere cuore e mente per ascoltare i nostri compagni di cammino, le loro e le nostre domande, quello che agita e ferisce il cuore, per capire cosa cambiare e per camminare insieme con Gesù che fa sue “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” degli uomini, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono. Avremo momenti di ascolto vero, diretto, libero perché nella notte di Nicodemo, quella del dubbio, della fatica, dei desideri e delle delusioni, ci siamo tutti e in questa vogliamo trovare la proposta e l’umanità di Gesù.

Anche quest’anno vorrei chiedermi e chiedere un impegno che ci aiuti a vivere bene tutto l’anno: la leggerezza. Non significa affatto superficialità (“prendere alla leggera”), distacco o non legarsi alle persone e alle situazioni. Tutt’altro. Leggerezza è non portarsi pesi inutili che rallentano le relazioni, complicazioni che diventano indifferenza, giudizi, sospetti, paternalismi che rendono tutto pesante e faticoso. Leggerezza è guardare con occhi buoni e che per questo sanno essere anche furbi, liberi dalla supponenza e dalla pesantezza dei confronti, delle complicazioni.

Non prendiamoci sul serio, prendiamo sul serio gli altri! Non facciamo pesare, solleviamo i pesi! Se diventiamo leggeri, liberandoci da una considerazione alta di noi stessi, dimagrendo dall’io, correremo più velocemente verso il prossimo e saremo amabili, attraenti. Leggeri dell’amore per sé per essere pieni di amore per tutti. Un io leggero, che sa sorridere dei propri limiti e difetti, è più se stesso, perché libero dal tanto grasso che lo intorpidisce. Sono le persone leggere di sé che attraggono il prossimo e si fidano del Signore e della sua provvidenza. Esse si fanno carico senza vittimismo delle cose più pesanti e arrivano al segreto della vita che non finisce.

Ti lodiamo Signore per la meraviglia di questa vita. Sia benedetta. Ti lodiamo per il tuo amore che ci libera dalla paura di amare e dalla disillusione verso il futuro. Grazie Dio che ti sei abbassato, ti sei fatto servo per innalzarci e per rendere la nostra fragile vita fortissima nell’amore che la rende piena e bella. Grazie del tuo amore perché non saremo confusi in eterno.

Bologna San Petronio
31/12/2021
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