TERZA DOMENICA DI AVVENTO (A)

1.«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?».

La domanda che Giovanni fa a Cristo attraverso i suoi discepoli è, deve

essere anche la nostra domanda. è infatti una domanda che nasce nel

cuore di ogni persona che non voglia rinunciare alla sua grandezza.

«Dobbiamo attendere», dice Giovanni. Dobbiamo, sottolineo. Ma è proprio

vero che l’attesa è una dimensione essenziale della nostra persona,

una sua esigenza? Certamente noi abbiamo tante attese, piccole e grandi. Se

una persona cara è assente da molto tempo, noi siamo in attesa del suo

ritorno. Se abbiamo fatto esami clinici seri, siamo in attesa dei risultati.

Se siamo oppressi da preoccupazioni, noi attendiamo, cioè speriamo che

le cose si mettano per il meglio. Questi pochi esempi ci fanno capire che ogni

volta che noi sentiamo il bisogno di qualcosa, noi lo attendiamo, lo desideriamo,

lo speriamo.

Ma proviamo ora, carissimi fedeli, a farci una domanda: i nostri desideri,

le nostre attese, le nostre speranze riguardano beni come la salute, la sicurezza

del lavoro, un sufficiente benessere? Oppure c’è nel nostro cuore

il desiderio, l’attesa di “qualcosa d’altro” più importante

della salute, del lavoro, del benessere? per che cosa noi siamo fatti, ultimamente?

Non c’è dubbio che ciascuno di noi vuole vivere, ma non in qualsiasi

modo, ma dignitosamente e sensatamente. Vuole non solo vivere, ma essere felice

di vivere.

Proviamo ora a riascoltare la domanda di Giovanni: «sei tu colui che

deve venire o dobbiamo attendere un altro?» Ora il senso pieno della

domanda è chiaro: “sei tu colui che è capace di farmi vivere

dignitosamente e sensatamente; di donarmi la vera gioia di vivere, oppure devo

attendere tutto questo da una altro?” è la domanda più provocatoria

che possiamo rivolgere a Cristo. è la domanda sul senso stesso della

sua opera.

Che cosa risponde a Gesù? Nel modo più semplice possibile: «andate

e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete…». Non

vi dimostro chi sono; vi mostro ciò che sto facendo. «I ciechi

ricuperano la vista»: la parola di Gesù, la sua morte e risurrezione

sciolgono l’enigma della vita; illuminano il buio che è nella

nostra mente, perché non sappiamo da dove veniamo e dove andiamo.

«Gli storpi camminano»: Egli è colui che dona all’uomo

la capacità di camminare, cioè di essere veramente liberi di

fare il bene.

Ricordatevi quello che ci ha detto il profeta nella prima lettura. Il “deserto”,

la “terra arida”, la “steppa arida” rifioriscono alla

venuta del Signore. Il deserto che è attorno a noi ed in noi; la terra

bruciata che abbiamo fatto attorno a noi: siamo divenuti estranei gli uni agli

altri; tante case, ma nessuna vera dimora. «Irrobustite le mani fiacche,

rendete salde le ginocchia vacillanti … Non temete; ecco il nostro Dio … Egli

viene a salvarvi».

2.Carissimi ragazzi, fra pochi istanti riceverete la S. Cresima. In ciascuno

di voi la parola dettaci dal profeta si adempirà in  modo eminente.

Sarete irrobustiti; sarete resi saldi. Irrobustiti da chi? dalla forza dello

Spirito Santo che vi sarà ora donato. Saldi in che cosa? nella vostra

fede e professione cristiana. Allora vi dico col profeta: «Non temete;

ecco il vostro Dio» oggi vi dona la sua fortezza, perché iniziate

a vivere la vostra fede con coerenza.

Dovete solo essere fedeli al cammino che oggi iniziate. Non abbandonate la

comunità parrocchiale che vi guiderà attraverso la catechesi.

Non mancate alla celebrazione festiva dell’Eucarestia. Ascoltate la promessa

che oggi il Signore fa in modo particolare a voi e si adempirà se sarete

fedeli: «felicità perenne splenderà sul [vostro] capo;

gioia e felicità [vi] seguiranno», per sempre.

 

12/12/2004
condividi su