Incontro Caritas Parrocchiali
Sabato 18 dicembre
Fondazione dell’Opera dell’Immacolata

Avete riflettuto sulle povertà cui è più urgente

oggi rispondere. La mia riflessione non intende ora porsi su questa linea.

Essa vuole aiutarvi ad andare, per così dire, alla sorgente della risposta

cristiana ai bisogni dei poveri. Questo “ritorno alla sorgente” è necessario

per ristorarci, cioè per irrobustire la nostra dedizione ai poveri;

ed anche per non attingere ad altre sorgenti che non sono in grado di donarci

l’acqua della carità.

1.La carità della Chiesa è la sorgente della vostra carità:

questa è l’affermazione più importante che si possa fare

sul vostro servizio ai poveri. Vorrei ora farvi vedere questa “identificazione” della

carità della Chiesa col vostro impegno quotidiano verso i poveri.

Quando dico “carità della Chiesa” intendo dire la “carità che è la

Chiesa”; pongo cioè una identità fra carità e Chiesa.

Vediamo di spiegare il senso di questa identità.

Il Concilio Vaticano II scrive: “la Chiesa intera appare come il popolo

radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

La nostra unità non è semplicemente dovuta al fatto che siamo

partecipi della stessa natura umana; che siamo partecipi della stessa nazionalità e

quindi di una stessa lingua, di una stessa storia, di una stessa cultura. La

nostra unità è la partecipazione creata della stessa unità che

unisce le Persone divine della Trinità. L’unità delle Tre

Persone si è irradiata ed insediata dentro all’umanità,

rendendone partecipi le persone umane. La Chiesa è precisamente l’irradiazione,

l’insediamento dentro l’umanità della divina unità: Ecclesia

de Trinitate, dicevano i Padri della Chiesa ed i suoi grandi Dottori.

Da che cosa è costituita questa unità, quale è il suo

vincolo unitivo? Il vincolo unitivo della Chiesa è lo Spirito Santo  per

mezzo del quale l’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori

[cfr. Rom 5,5]. Ma dobbiamo analizzare meglio questo punto, anche se brevemente.

La conseguenza del peccato che separa l’uomo da Dio, è la disintegrazione

dell’unità fra gli uomini, la loro divisione: il primo Adamo è stato

causa di separazione. Ma partendo da Cristo il movimento “dall’uno

ai divisi” si rovescerà: il cuore dell’umanità non

pulsa più in sistole, ma in diastole. Tutta la moltitudine è reintegrata

nell’unità: Cristo, come dice il Vangelo, è venuto a «riunire

i figli di Dio dispersi»; a riunire l’intera umanità per

quale «uno solo» è morto. “Adamo aveva generato l’umanità nel

peccato con un frazionamento e una divisione senza fine. Il nuovo Adamo invece

deve rigenerare l’umanità alla vita nella santità riunendola

tutta in se stesso. è per questo che san Paolo lo chiama, non tanto

il secondo Adamo, ma «l’ultimo Adamo»: l’Uomo ultimo

nel quale tutta l’umanità salvata deve ritrovarsi, riconciliata

con se stessa e con Dio” [L. Bouyer, La Chiesa di Dio, Cittadella ed.,

Assisi 1971, pag. 281]. è l’ultimo Adamo nel quale tutta l’umanità è ricapitolata

[cfr. Ef 1,10].

Cristo compie la sua opera facendoci dono del suo stesso Spirito che ci unisce

al Cristo stesso, ci fa essere e vivere in Lui e come Lui. Ogni uomo nel dono

dello Spirito rinasce in Lui; l’umanità è reintegrata in

Lui. L’amore del Padre, che si è rivelato nella morte di Cristo

e come in Lui concentrato, si estende e si comunica ad ogni uomo mediante lo

Spirito Santo. L’unità della Chiesa, nella sua più profonda

realtà, è la Comunione dei fedeli nell’amore del Padre

rivelatoci in Cristo e donatoci dallo Spirito Santo. La Chiesa è questa

comunità umana nell’amore divino, nell’amore del Padre datoci

dal Figlio mediante lo Spirito Santo.

Voglio spiegarmi con un esempio. Se voi esponete un cristallo puro alla luce

del sole, esso si illumina fino a diventare tutto luminoso. Esiste una distinzione

ben chiara fra il sole ed il cristallo; anche se la luce di cui brilla il cristallo è ben

diversa da quella di cui brilla il sole, tuttavia quella dipende continuamente

da questa.

è una pallida metafora di ciò che accade ogni giorno nella Chiesa

ed in ogni fedele che sia in grazia. Infatti la carità che costituisce

l’essere della Chiesa è ben diversa dalla Carità che è lo

Spirito Santo: essa è una capacità umana posseduta dal discepolo

del Signore. è una capacità prodotta in noi dallo Spirito Santo.

Ho concluso questo primo punto della mia riflessione. In sintesi: l’esercizio

della carità ha la sua radice nel mistero della Chiesa; è dalla

vita più profonda della Chiesa che esso sgorga.

2.La vostra carità, la carità del discepolo del Signore, è la

stessa carità del Padre quale è apparsa in Cristo: «amatevi

come io vi ho amato». Chi ama rimane in Cristo e Cristo in lui.

Detto in altri termini. La ragione per cui amo il Padre in Cristo è la

stessa ragione per cui amo il prossimo. Non esistono due carità, la

carità che ha per “oggetto” il Signore e la carità che

ha per “oggetto” il prossimo. Ne esiste una sola: l’atto

con cui amo Dio ha la stessa natura dell’atto con cui amo il prossimo. è colla

stessa visione che vedo la luce e le cose illuminate dalla luce.

Per quale ragione amo il Padre in Cristo? Per rispondere al suo Amore che

lo ha spinto a donarmi Se stesso in Cristo. è la sua volontà di

rendermi partecipe della sua stessa vita la ragione per cui amo Dio. Per quale

ragione amo il prossimo? Perché lo vedo in questa luce della rivelazione

che il Padre fa di sé: «questo dobbiamo amare nel prossimo: che

sia in Dio» [2,2,q.25,a.5].

Da questo derivano alcune caratteristiche della carità; caratteristiche

che ne disegnano il suo inconfondibile volto. Mi limito ad accennarne tre.

– E’ una carità che tende alla persona come tale; non è un

amore generico, ma singolarmente determinato. La persona è amata “per

se stessa”. Oggi la dimenticanza del principio-persona è causa

di gravi violazioni all’uomo.

– E’ una carità che tende alla persona nella sua totalità,

nelle sue dimensioni fisiche e spirituali. Due gesti hanno caratterizzato l’amore

di Cristo verso l’uomo: guarire dalle malattie e perdonare i peccati.

Secondo un ordine intrinseco. Per cui amare la persona significa donarle la

possibilità di incontrare Cristo. Il bene più grande che possiamo

volere ad una persona è Gesù Cristo.

– E’ una carità preveniente i meriti della persona di essere

amata. è per questo che il perdono è l’espressione più alta

della carità cristiana.

3.Vorrei per concludere riflettere più analiticamente sul rapporto

carità-servizio al prossimo, e così avvicinarmi maggiormente

al tema della presente giornata.

In primo luogo, la carità non è pigra. «Mostrami, se riesci,

un amore pigro» scrive S. Agostino «Colui che non fa nulla per

colui che egli dice di amare, dimostra chiaramente che il suo amore non è vero» [En.

in ps 31,II].

Ma nello stesso tempo, se la carità non ha limiti, il servizio che

concretamente uno può svolgere è limitato. Nessuno è in

grado di servire in tuttoogni uomo. Il servizio è limitato quanto alle

persone e quanto ai servizi offerti. Un servizio preciso impedirà che

ci si impegni in un altro.

Il catechismo distingue le opere di misericordia spirituale e corporale, dandone

una precisa elencazione.

Da ciò deriva una conseguenza assai importante. è necessario

fare delle scelte, compiere delle opzioni preferenziali in base alle situazioni

oggettive in cui viviamo, in base alle nostre effettive capacità e possibilità,

in base alle urgenze dei bisogni.

Queste scelte per chi ama sono spesso drammatiche per la carità che

abita nel suo cuore, e che non può fare tutto ciò che vede essere

necessario fare. La sofferenza è ancora più grande quando chi

ama vede il bisogno in chi non ha alcuna consapevolezza della sua reale situazione.

Tuttavia qui scopriamo un’altra dimensione ecclesiale della carità.

Ciò che fa l’uno, lo fanno tutti gli altri nella Chiesa.

4.Mi piace concludere con un testo mirabile di S. Tommaso. «E’ chiaro

che non tutti possono dedicarsi agli studi lunghi e severi; per questo Cristo

ci ha dato una legge che per la sua brevità è accessibile a tutti

e nessuno ha il diritto di ignorare: tale legge è la legge dell’amore

divino… Una simile legge, ammettiamolo, deve essere la regola di tutti

gli atti umani. L’opera d’arte obbedisce a dei canoni. Similmente

l’atto umano, giusto e virtuoso quando segue le norme della carità,

perde la sua rettitudine e la sua perfezione se si discosta dalle suddette

norme. Ecco allora il principio di ogni bene; la legge dell’amore… Tutti

i doni traggono origine dal Padre della luce, ma nessuno supera la carità» [De

decem praeceptis II, 1138 e IV,1154; ed. Marietti, pag.246.248].

18/12/2004
condividi su