Veglia di Pentecoste

La città di Gerusalemme spaventava una comunità fragile, oggettivamente piccola, piena di dubbi che avevano accompagnato i discepoli fin sul monte dove Gesù aveva dato loro appuntamento dopo essere risorto e prima di salire al cielo. Li aveva riuniti per l’ultima volta e li mandava. Sono insieme e lo Spirito li spinge ad uscire. Sono i due movimenti del cuore di ogni cristiano e di tutte le comunità, uno che premette l’altro. Il primo è radunarsi, vivere quel comandamento di amarsi gli uni gli altri come Lui ha amato. Lo Spirito lo ricevono insieme, è personale ma non privato, unico per ciascuno eppure comune a tutti. Gli apostoli non diventano tutti uguali ma tutti insieme. Il secondo movimento del cuore cristiano è andare incontro al prossimo, fino agli estremi confini, come a dire senza frontiere, limiti, dogane che la paura, il pregiudizio, l’abitudine, la pigrizia e le convenienze tracciano. Una Chiesa senza vera e umana fraternità diventa un condominio di persone che condividono alcuni ideali, non la famiglia che Dio vuole per gli uomini. Una Chiesa che non comunica il Vangelo a tutti si impadronisce dell’amore ricevuto e lo nega a chi non lo conosce. Gesù ci dona il suo amore perché lo doniamo. Solo così siamo felici: l’amore rimane se lo doniamo. E tanti lo aspettano!
I discepoli stavano insieme ma avevano le porte chiuse. A volte avviene senza nemmeno accorgersene, come avviene con le abitudini. Forse avevano comprensibilmente paura, calcolavano le difficoltà e studiavano le possibilità; forse cercavano una sicurezza, una preparazione, una ricetta che non avevano per affrontare le tante domande del mondo senza Gesù. Forse avevano iniziato di nuovo la discussione su chi fosse il più grande, che cresce con i confronti e il protagonismo. Senza lo Spirito “la vita della Chiesa si trasforma in un pezzo da museo o in un possesso di pochi”. Maria, la Madre di Dio che continua a radunare i suoi figli, era con loro. Ella è affidata ai discepoli e lei li prende con sé perché sono tutti affidati a lei. Maria ci insegna a credere che la Parola di Dio si adempie. Ne abbiamo bisogno. Che tristezza il cristiano orfano, individualista, che invece di servire riduce la Comunità a palcoscenico per la propria considerazione! Quanti ancora non si sentono a casa propria e quanto facilmente non rispettiamo la Chiesa imponendo noi stessi! Il figlio, invece, circonda sempre di affetto sua madre, prova la dolce protezione di essere suo, impara con lei ad essere sensibile, attento. Amiamo sempre questa madre che è la Chiesa e che sono le nostre comunità. Circondiamola di venerazione e protezione, non accettiamo pensieri e discussioni divisive, non facciamo mancare il nostro entusiasmo. Papa Francesco ha voluto che il lunedì dopo Pentecoste venga celebrata la festa di Maria Madre della Chiesa, proprio per ringraziare di questa madre e perché Maria ci aiuti a contemplare e difendere sempre quello che unisce e non accettare mai tra noi quello che divide.
La città degli uomini è come Babele, dove si vive uno accanto all’altro eppure si rimane distanti, incapaci di parlarsi, di stare assieme e aiutarsi come si potrebbe. Non la giudichiamo dal chiuso, non ci perdiamo in essa ma iniziamo a parlare a tutti la lingua di Dio, quella che ogni uomo capisce. Solo l’amore permette di ascoltare e parlare. Oggi riceviamo lo Spirito di Dio, il suo amore che ci rende santi nonostante il peccato e le difficoltà della nostra vita. Cerchiamo di vivere questo amore nella nostra vita e così capiamo cosa stiamo a fare in questo mondo. Certo, siamo fragili, ma pieni del suo amore diventiamo proprio noi il contenitore di un tesoro che “ci rende grandi e che può rendere più buoni e felici quelli che lo accolgono”. Lo Spirito rende santi non perché diventiamo perfetti o dobbiamo fare finta di esserlo. Dio si fa conoscere al mondo con la nostra vita umile e fragile com’è e la riempie di senso. Sono gli amati non i coraggiosi che non hanno più paura di uscire, che superano le misure anguste del cuore, che diventano grandi nell’amore. Non hanno capito tutto: hanno Lui. “Il Signore porterà a compimento la tua missione sulla terra anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere”. Solo dopo avere iniziato a parlare si accorgono che tutti capiscono!
Anche questo anno vorrei chiedere per noi tutti due frutti dello Spirito. Questo anno vorrei chiedere il dono della mitezza e della amabilità. Il nostro mondo premia i forti, quelli che si impongono, che rispondono con rapidità, perché “ognuno crede di avere il diritto di innalzarsi al di sopra degli altri”. Quando invece di giudicare guardiamo il prossimo senza condannare, senza sentirci superiori, “possiamo dar loro una mano ed evitiamo di sprecare energie in lamenti inutili”. Qualcuno potrebbe obiettare: “Se sono troppo mite, penseranno che sono uno sciocco, che sono stupido o debole”. Forse sarà così, ma lasciamo che gli altri lo pensino. E’ meglio essere sempre miti, e si realizzeranno le nostre più grandi aspirazioni: i miti «avranno in eredità la terra», ovvero, vedranno compiute nella loro vita le promesse di Dio”. Il mite non crede importanti solo le cose che fa lui o nelle quali viene riconosciuto, non deve imporre il suo punto di vista ma cerca sempre quello che aiuta tutti. E poi chiedo per tutti noi l’amabilità, frutto di conversione perché solo chi si libera dal grigiore dell’amore per sé diventa amabile, luminoso e capace di trasmettere luce, fiducia. Amabilità è una parola dolce che rianima, solleva, consola, fortifica. E’ anche sorriso, grazia nelle maniere, leggerezza del tratto, benevolenza dello sguardo, sensibilità nelle parole. Una persona amabile rende tutto amabile e mostra concretamente i frutti del Vangelo. Come potrebbe non essere amabile un cristiano tanto amato da Gesù e dai fratelli? Come può parlare di amore o essere creduto un uomo che non è amabile? E dobbiamo esserlo verso tutti, specialmente verso i poveri e coloro che trattiamo con sufficienza e sbrigatività, togliendo loro diritto ad avere tempo e attenzione.
Con Papa Francesco chiedo anche io per me e per tutti noi: “(GE24). “Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi, purché tu non abbandoni la via dell’amore e rimanga sempre aperto alla sua azione soprannaturale che purifica e illumina”. Sia così.

19/05/2018
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