Veglia nel XX anniversario morte Annalena Tonelli

Ha ragione il Vescovo Livio: la memoria di San Francesco e quella di questa sera sono unite. Avviene sempre così in coloro che riflettono l’amore di Dio. È la comunione dei santi, legame di amore che ci aiuta a sostenerci a vicenda. La contempliamo piena, riuniti intorno alla Mensa Eucaristica, la viviamo nel nostro amore vicendevole e misteriosamente con coloro che la godono in cielo.

Oggi la sentiamo così, fisicamente, uniti ad Annalena, che non ha messo la sua luce sotto il moggio e oggi con il suo amore ce la fa gustare nel suo significato profondo. È quello che non finisce. San Francesco trovò ciò che cercava trasformando l’amaro in dolce, ascoltando Gesù e riconoscendolo nel lebbroso.

Senza aggiunte. In una generazione che passa il tempo a correre dietro alle aggiunte, enfatizzate dal digitale, anche queste infinite e che fanno perdere l’essenziale, incontriamo la semplicità radicale di San Francesco e di Annalena, così lontana dal grigio e sterile “vivi per te stesso” e “fa come ti viene o come ti pare”.

La semplicità è di chi, “non stimando un granché le glorie della Grecia, preferisce l’agire all’imparare o all’insegnare; lascia le tortuosità delle parole, gli ornamenti e gli orpelli, come pure le ostentazioni e le curiosità a chi vuole perdersi, e cerca non la scorza ma il midollo, non il guscio ma il nocciolo, non molte cose ma il molto, il sommo e stabile Bene”. È l’essenzialità di Annalena, diretta, solo midollo, che rende impossibile farne un santino, addomesticarla ad uso e consumo della nostra mediocrità.

Tutti e due hanno trovato se stessi, la gioia che cercavano, spogliandosi e vestendo gli abiti dei poveri, non cambiando guardaroba continuamente. Ama il prossimo e amerai te stesso. Se lo ami tanto ti amerai molto e sarai molto amato. Ma dobbiamo chiederci: l’amore si sceglie a pezzi escludendo la sofferenza? Ci si innamora “un po’”? Si segue qualcuno solo quando piace a noi? Si dona solo il superfluo? Si tratta il prossimo come una pratica da evadere o un oggetto da prendere sul serio quando ho tempo e non come un fratello più piccolo da amare, liberandolo dalla sofferenza della fame, della sete, del carcere, della malattia, dell’essere considerato uno straniero? Possiamo farli aspettare?

Possiamo restare indifferenti quando intorno a noi ci sono morte e ingiustizia che colpiscono tanti piccoli che gridano giorno e notte e che hanno bisogno che prontamente sia fatta loro giustizia? La tentazione di pensare che ci sono i santi e i “normali” giustifica la nostra mediocrità e tiepidezza. Il regno dei cieli è per i piccoli. Quindi per tutti. Se non lo siamo significa che ci crediamo grandi! Noi non siamo “normali”, siamo mediocri e Annalena non è “lei non sa chi sono io” ma “io non sono nessuno”. Questa lezione facciamo fatica ad impararla, perché ci mette in discussione per davvero.

Dobbiamo riconoscerlo: ci manca la sua determinazione, la sua radicalità, la sua tenerezza, la sua amicizia, la sua capacità di fare silenzio per trovare se stessi e Dio, per ascoltarlo e confidargli tutto. Santità è gioia, è vita bella! Ci manca Annalena e allo stesso tempo c’è. L’amore è quello che resta, sempre fertile, generativo, non finisce. L’amore è una stella luminosa nella notte, che ferisce il buio, suggerisce il cammino, rassicura nella paura, dona coraggio nello sconforto. Per questo c’è tanto di Annalena con noi, con tutta la Chiesa e in particolare con questa nostra Chiesa di Forlì-Bertinoro.

Vive nel Vivente, è con noi in Colui che è con noi. Ci sostiene con la sua fermezza e chiarezza, ci spinge a spendere la vita nel servizio, a cercare nuovi cammini, a riconoscere tanta sofferenza e a cercare le risposte per affrontarla. I due discepoli di Emmaus avevano gli occhi del cuore chiusi. Parlano di qualcuno che è lì davanti a loro eppure pensano sia atrocemente assente. L’amore è messo alla prova perché affronta le avversità, non le evita. Lo sanno gli amici del Comitato che corrono dalla mattina alla sera per continuare a sostenere, dopo anni e anni, tanti progetti di bene in giro per il mondo. Lo sanno i missionari e i giovani che ogni anno partono da qui per visitare le missioni. Annalena ci fa sentire a casa dappertutto e ci aiuta a rendere casa un mondo caotico e sofferente. Annalena ha vissuto la Fratelli Tutti e ci insegna a custodire la casa comune, partendo dai più piccoli.

Gesù continua ad avvicinarsi e ad ascoltare. All’inizio parlano i due. Dopo, e solo dopo avere ascoltato, Gesù parla ed essi comprendono la presenza del Signore che diventa piena nello spezzare il pane. Gesù non è una lezione ma un incontro di amore. Annalena è stata una donna contemplativa. Lasciamoci aiutare a sviluppare uno sguardo contemplativo del mondo. La contemplazione richiede di aprire gli occhi, non di chiuderli. Non restiamo a guardare noi stessi ma capiamo e scopriamo il prossimo, amiamo la bellezza tutta umana e divina che essi contengono e, quindi, troviamo noi stessi.

Nelle notti passate al lume di candela con la Bibbia aperta sulle ginocchia, in compagnia dell’Eucaristia custodita nel fazzoletto bianco, Annalena abituava gli occhi e il cuore all’incontro con il Mistero. Il Mistero di Dio e il Mistero del prossimo, ad iniziare dai piccoli. È Gesù, che trovava ovunque. Tutti noi pensiamo che lo spazio per Dio sia in qualche luogo particolare, in momenti definiti, e accettiamo una distanza tra lo spirituale e la vita, pensando così di proteggere lo spirituale e non immiserirlo con la nostra umanità. Dio si è incarnato e la sua presenza la vediamo e la misuriamo nella storia, non fuori da questa. La verità aiuta a vedere la bellezza dell’umanità e viceversa.

Annalena univa. Ha vissuto un’unica cosa nella sua vita: Quella dell‘ut unum sint. Voleva essere uno, voleva che tutti fossero uno. Era l’unica cosa che contava per lei. L’ha vissuta con creatività, con genialità, con la sua specificità, ma ha vissuto un’unica cosa facendone mille. Unità con i poveri suoi figli e fratelli, unità con gli amici, unità il sogno da cui muovevano progetti e studi, unità con Dio. Per lei era tutto “l’unico Mistero”. Ovunque scorgeva le tracce di un Dio fatto uomo e di uomini chiamati a divenire Dio: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare, ero forestiero e mi hai accolto”. Gesù era il suo orizzonte, la sua fonte, il Mistero incarnato, per una fede fatta carne, per una carne chiamata al Mistero.

Annalena ha camminato tanto e ci mette in cammino, facendoci sentire l’urgenza di farlo, senza negare occasioni a chi aspetta. Non è rimasta ferma, non ha guardato da remoto. È andata incontro per realizzare il suo sogno, perché i poveri potessero aggrapparsi al suo collo per essere sollevati. Non ha percorso cammini ordinari, quelli conosciuti o che potevano farla conoscere, ma quelli che la portavano accanto a chi soffre, dove incontrava l’umanità. Fin da giovane camminava avanti a tutti. Era una ragazza e una donna che correva perché l’amore mette in movimento e ci urge, come descrive l’apostolo Paolo.

Chi ama fa aspettare qualcuno che soffre? Non vede l’ora di aiutarlo, di fare in modo che non soffra o almeno che sappia dell’amore. Annalena correva perché l’amore di Dio spinge, fa correre, non lascia in pace. È amore, non surrogati che pensiamo servano a noi a poco prezzo, o fino a quando non ci chiede troppo! Mi fa pensare all’orologio nella canonica del Beato Pino Puglisi ucciso dalla mafia. Un orologio senza lancette perché ogni istante era il tempo dell’amore, o l’orologio di Don Oreste Benzi che tanti di voi hanno avuto la gioia di conoscere: un orologio sempre pronto agli imprevisti o alle occasioni di Dio.

Grazie Annalena, che hai sentito il tuo cuore ardere di amore e lo hai comunicato a tanti non moltiplicando parole ma con la tua sola vita, così come deve essere. Grazie, perché hai aperto gli occhi sui poveri con amore, non hai fatto tacere il loro grido e, come Gesù, ti sei fatta vicino a loro perché si alzassero dalla loro condizione, li hai amati e rispettati, sei entrata in loro per amarli fino in fondo, sei stata una madre perché con l’educazione e la salute ritrovassero se stessi. Grazie, perché non ti sei arresa alla legge dell’impossibile, non ti sei rassegnata, non ti sei nascosta in qualche Emmaus a recriminare ma, piccola, hai affrontato le cose grandi di Dio e, debole, ci hai mostrato la vera forza.

Grazie, perché hai reso il silenzio pieno della Parola di Dio e la tua parola è stata la scelta per gli ultimi, ci aiuta a liberarci di tanta zavorra e a creare una stanza nel cuore dove restare soli con Dio e con noi stessi, per imparare a stare con gli altri. Grazie, perché chi non era padrone di sé lo è diventato, tanti sordi hanno comunicato, tanti ciechi hanno visto la luce dell’amore attraverso i gesti che li rendevano belli e li facevano sentire amati, anche se con problemi e difficoltà.

Perché solo l’amore ha un senso e libera ogni persona, fa respirare, crescere, fiorire. Solo l’amore fa sì che non abbiamo più paura di nulla, che porgiamo la guancia ancora non ferita allo scherno e alla battitura di chi ci colpisce perché non sa quello che fa, che noi rischiamo la vita per i nostri amici, che tutto crediamo, tutto sopportiamo, tutto speriamo. Si, è proprio vero, hai ragione tu Annalena: c’è una sola tristezza al mondo, quella di non amare. Grazie, perché ci insegni ad essere con loro e per loro e a non dare importanza se la nostra azione è come una goccia d’acqua nell’oceano, perché è vero che Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati, ma solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre. Ecco cosa dobbiamo inventare perché ogni giorno della nostra vita sia pieno della grazia che non finisce.

Forlì, Cattedrale di Santa Croce
05/10/2023
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