Omelia nella preghiera per la pace in Congo nella Memoria di san Giovanni XXIII

Gesù si trovava in un luogo a pregare (Lc 11, 1-4). Questa casa, la più antica a Roma, aperta a tutti come casa di preghiera, ci vede ogni sera attorno a Gesù a pregare con Lui e ad imparare da Lui. Non siamo mai soli nella preghiera, anche quando lo siamo. Dove due o tre sono riuniti nel suo nome Lui è in mezzo a noi, e in realtà Gesù è insistente, ci insegna sempre a pregare, non smette di farlo, ci persuade ad essere insistenti, ci fa comprendere l’efficacia della preghiera perché sappiamo che il Padre nostro che è nei cieli non ci farà mancare quello di cui abbiamo bisogno.

Oggi abbiamo la gioia di pregare con il Cardinale Ambongo e la Conferenza Episcopale di un Paese caro alla Comunità, grande, pieno di sofferenza, continente nel grande continente africano, diaframma d’Africa, il Congo. Papa Francesco lo ha chiamato diamante del creato. La preghiera questa sera è in particolare per la pace dell’intero Paese e della vostra Chiesa, perché la violenza e l’odio non abbiano più posto nel cuore e sulle labbra di nessuno, perché non ci abituiamo al sangue che in questo Paese scorre ormai da decenni, mietendo milioni di morti. Possa tornare a splendere della bellezza della vita, della fede che la fa risplendere perché illuminata dall’amore di Dio e capace di esprimerlo pienamente.

Uno dei discepoli chiede di insegnare a pregare. In realtà è ognuno di noi, che non smettiamo di chiederlo perché non lo sappiamo fare, lo dimentichiamo, sperimentiamo la fatica ad affidarsi, così crescono gli affanni di Marta che conquistano il cuore. Lo chiediamo per imparare a farlo sia personalmente sia insieme, come comunità. La risposta di Gesù è nelle parole che ripetiamo, ripetiamo e non smettiamo di ripetere, che levigano il nostro cuore e assumono sempre nuovi infiniti significati, illuminando le nostre situazioni e facendoci sentire che c’è un Padre cui ci rivolgiamo e nel quale ricordiamo di essere fratelli tutti. Un Padre e non un estraneo da convincere. Un Padre che rende santo il suo nome riempiendo del suo amore la vita, insegnandoci una via così umana per essere fratelli, tanto che i pubblicani e i peccatori sono santi, figli di Dio, pienamente. Un Padre che inizia già il suo regno, perché Gesù è la nostra pace, abbatte il muro di divisione. Un Padre che non fa mancare il nostro pane quotidiano e ci insegna a non farlo mancare a nessuno perché condivide tutto con la grande folla. Un Padre che perdona e ci insegna a chiedere perdono, unico modo per interrompere la terribile e diabolica catena dell’odio e della violenza, dell’occhio per occhio che, è proprio vero, fa diventare tutti ciechi. È Gesù che non ci abbandona alla tentazione, che ci insegna a combattere il male e che ci viene a cercare quando non troviamo più la strada, ci siamo persi o ci aspetta per restituirci la dignità. C’è una tentazione nella prova della violenza e della guerra? Quella di lasciarci persuadere dalle ragioni del male, per cui ci sentiamo abbandonati e senza forze, incapaci di essere luce nel buio, accettiamo supinamente le ragioni dell’odio che inquinano le relazioni e sono camuffate da giustizia, pensiamo di combattere la violenza con la spada, l’odio con altro odio, e condanniamo invece di salvare. Gesù non ci abbandona e ci aiuta ad affrontare con forza, intelligenza, visione, restando luce nelle tenebre, le tempeste della violenza e della guerra. E la Chiesa in Congo rappresenta e fa sue le speranze di giustizia e di pace che sono nel cuore di tutti. Il Signore vi benedica in questa vostra scelta, coraggiosa e profetica, che con tanta passione Papa Francesco ha confermato nella sua visita e che vi permette di affrontare la tentazione, meglio diremmo le prove, con la forza dei cristiani, quella che prepara il futuro e sconfigge le pandemie.

Ci aiuti San Giovanni XXIII che indicava sempre la via del cercare quello che unisce mettendo da parte quello che divide. Chiedeva a tutti di essere buoni, perché diceva: “Non c’è scienza, non c’è ricchezza, non c’è forza umana che eguagli il valore della bontà: dolce, amabile, paziente. Può subire mortificazioni o contrasti l’esercizio della bontà, ma finisce sempre col vincere, perché la bontà è amore; e l’amore tutto vince. È un errore credere che la bontà, cioè l’affabilità, sia una piccola virtù. Essa è una grande virtù, perché è dominio di sé, è disinteresse personale, ricerca fervorosa di giustizia, espressione e splendore di fraterna carità; nella grazia di Gesù è il tocco dell’umana e divina perfezione”. La sua memoria è oggi perché l’11 ottobre, festa allora della Madre di Dio, iniziò il Concilio Vaticano II da lui voluto, quella pentecoste che possiamo vivere nella sobria ebrezza del nostro camminare assieme. Nella Pacem in Terris, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, chiese una pace non fondata sull’equilibrio delle forze, perché se una comunità politica si arma, le altre comunità politiche devono tenere il passo ed armarsi esse pure, e così vivremmo sempre sotto “l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile”. E “non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico”.  Chiedeva che si mettessero al bando le armi nucleari, e si pervenisse finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci, augurandosi che si smontassero anche gli spiriti perché la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Aveva “la persuasione che le eventuali controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi  ma attraverso il negoziato”, e disse che l’atto della più alta importanza compiuto dalle Nazioni Unite era la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo approvata in Assemblea Generale il 10 dicembre 1948, cioè 75 anni fa.

Venga il tuo regno, regno di giustizia e di pace. Ogni credente, in questo nostro mondo sia una scintilla di luce, un centro di amore, un fermento vivificatore.  Il Signore doni la pace al mondo, al Congo, ad ogni persona, così che possiamo essere operatori di pace. Niente è impossibile a chi crede.

Basilica di Santa Maria in Trastevere - Roma
11/10/2023
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