Veglia per la Giornata missionaria mondiale

La conversione missionaria cambia le persone e le comunità. In realtà significa diventare davvero cristiani, perché il cristiano è un peccatore chiamato ma anche, sempre, un peccatore inviato. Oggi riceviamo tutti il mandato, la benedizione che le nostre due sorelle (come le prime testimoni del risorto speriamo sveglino anche gli uomini!) piene di coraggio e speranza riceveranno in maniera piena e ufficiale.

Le ringraziamo per la loro scelta, che ci incoraggia e ci spinge a non restare fermi, che ci indica che è possibile, che tutti possono dare la vita perché il Vangelo raggiunga i confini della terra, cioè non abbia confini. A tutti è chiesta questa rivoluzione copernicana, il vero relativismo cristiano: pensarci in relazione al Signore e al prossimo, per loro e con tutta l’anima, la mente, il cuore.

Al centro del missionario, cioè dell’uomo che ha trovato se stesso e sente la sua vita come una missione (altrimenti che ci facciamo?), c’è il prossimo. È il contrario di quello che abitualmente avviene, per cui tutto è piegato all’io, vero tiranno delle nostre scelte, che impone i suoi limiti, i suoi tempi, le sue dipendenze, facendole passare – e questa è forse la cosa peggiore – come realizzazione personale, addirittura come libertà.

Non siamo liberi da soli e nemmeno senza sapere per chi esserlo. Sappiamo che spesso in realtà non scegliamo (aprirsi, andare è una scelta, perché così banalmente senza fare nulla ci si chiude!) e banalmente viviamo per noi stessi. Il criterio frequentemente è fare qualcosa solo se serve al proprio io, al personale benessere, al realizzarsi individualmente.

La missione è, al contrario, realizzarsi preoccupandosi del noi, dell’altro che ancora non si conosce perché solo così l’io sta bene. L’individualismo addormenta, persuadendo che bisogna prima trovare tutte le sicurezze necessarie, le interpretazioni giuste e definitive, gli strumenti per capirsi e capire.

Non basteranno mai! La pandemia ci ha fatto sentire tutti perduti nella grandezza del male, trascinati nel rischio di diventare uno tra tanti portati via dalla sua perfidia, a volte presuntuosi per cui pensiamo di potere vivere sani in un mondo di malati. La pandemia ci ha mostrato quanto il mondo è vulnerabile, pieno di tante difficoltà: cosa vogliamo fare?

Cosa ci chiede di vivere oggi la nostra personale missione di testimoniare Fratelli Tutti, la grande prospettiva missionaria che Papa Francesco ci indica e vuole realizzare, perché la pandemia non passi invano, per iniziare a curare il mondo malato, per fare conoscere a tutti l’amore di Cristo?

Ricordando tanta sofferenza sentiamo la passione per rendere migliore questo mondo. Abbiamo visto la forza del male. La pandemia pone a tutti la domanda su qual è la missione della vita. Che facciamo davanti alla terra ridotta a ospedale da campo? Sì, abbiamo davanti agli occhi il mondo pieno di tante domande e sofferenze che aspettano non analisi intelligenti o distinzioni accademiche, ma risposte perché nessuno è estraneo, nessuno può sentirsi estraneo o lontano rispetto a questa esigenza di compassione.

Nella pandemia abbiamo capito che la scelta di ognuno non è indifferente, anzi decisiva, nel bene o nel male! Cambia tutto se io sono dissennato e dissipo tutte le mie risorse, metto in pericolo il prossimo oppure, al contrario, mi prendo cura di me e dell’altro e sento verso questo una missione, cioè mi pongo il problema di cosa fare e di cosa faccio io, di cosa posso fare per combattere il virus e i virus.

E ognuno può fare molto, e se ognuno fa qualcosa tutto cambia! C’è un’enorme sofferenza nascosta che aspetta di essere guarita. Gesù, che ama, che ha compassione, ci chiama e ci manda per questo: perché noi troviamo la nostra missione e tanti vedano attraverso di noi la presenza di Dio.

La missione non inizia solo dopo avere trovato tutte le risposte, ma perché abbiamo visto e ascoltato, e non possiamo restare in silenzio o fermi! Cosa? L’amore di Gesù, che ci ha fatto ardere il cuore nel petto, che ci ha aperto gli occhi e ci ha fatto accorgere di qualcosa cui non prestavamo alcuna attenzione, ci spinge ad annunciare Cristo con la vita. La missione inizia con il dialogo. Non è un monologo, un’esercitazione verbale. Non si tratta di ammonire, di giudicare, pensando che così abbiamo detto la verità e offerto gli elementi per scegliere, senza ascoltare e farsi carico!

La verità di Gesù è il suo amore e questo ci lega al prossimo! La missione inizia se, pieni del suo amore, sentiamo lo scandalo di tante sofferenze e ingiustizie e mostriamo l’amore di Gesù vivendolo e parlando di Lui. Il cristiano è l’uomo del dialogo, che non lascia cadere nessun incontro perché tutto può avere significato se è pieno di amore. Il dialogo nasce dall’interesse per l’altro, dalla compassione e dall’avere trovato la risposta di Gesù.

Il dialogo inizia sempre dall’ascolto, dall’interesse per il prossimo che non è un estraneo e non resta tale ma, appunto, diventa il mio vicino, anzi il più vicino. Dialogo è chiedere come al cieco Bartimeo: cosa vuoi che io faccia per te? Chiedere a lui perché l’amore risponda alle sue domande più profonde e non abbia vergogna della sua sofferenza. Non vogliamo un mondo e tanti cuori isolati, distanziati, sospettosi, concorrenti e alla fine pieni di rabbia e di paure. Non vogliamo che le finestre del nostro cuore siano riempite dei famosi sacchi di sabbia! Gesù ha bisogno di cuori che siano capaci di vivere una vera storia d’amore che li faccia andare alle periferie del mondo e diventare messaggeri e strumenti di compassione. Tutto è nostro se noi siamo pieni del suo amore, amati da Lui.

Preghiamo con Papa Francesco: Signore e Padre dell’umanità, che hai creato tutti gli esseri umani con la stessa dignità, infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno. Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia e di pace. Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno, senza fame, senza povertà, senza violenza, senza guerre. Il nostro cuore si apra a tutti i popoli e le nazioni della terra, per riconoscere il bene e la bellezza che hai seminato in ciascuno di essi, per stringere legami di unità, di progetti comuni, di speranze condivise. Amen.

Bologna, Cattedrale
23/10/2021
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