Veglia per le vocazioni

Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

Chi sono i chiamati? Quelli che hanno capito tutto, che non hanno finito il corso, che non hanno più niente da chiedere e da cambiare, che dopo una selezione dimostrano coerenza nella vita tanto da meritare la chiamata? Proprio oggi ricordiamo Giacomo e Filippo, quello che “da tanto tempo” sta con Gesù (come noi!) e ancora non ha capito che chi vede Lui vede il Padre, rivelando che porta nel cuore il dubbio di tanti giudei, degli abitanti di Nazareth, di quelli che non Lo conoscono perché non Gli aprono il cuore. Si può stare accanto a Gesù e non conoscerlo! Lui non ci convince, non risolve tutti i dubbi, non si impone sulla nostra volontà. Che fede sarebbe? Che amore è?

Non si conosce senz’amore, perché Gesù è amore, non una lezione da interpretare ma un amore da corrispondere, che si conosce solo vivendolo, non interpretandolo. La vocazione non è un ordine ma non è neppure uno dei tanti contatti che accendiamo e spegniamo con facilità, spesso anche con tanta intensità e partecipazione istantanea, ma sempre in superficie, rapida, che deve offrire risposte adeguate a poco prezzo, come se la facilità significasse profondità e istinto il proprio io.

La vocazione, invece, ha bisogno di tempo, arriva al cuore ma poi deve scendere dentro e noi non vi siamo abituati! Arriva al profondo di noi e parte da lì. È libera e ci libera dalla schiavitù dell’apparenza, che tante energie assorbe perché sempre in cerca di considerazione, di conferma, di affermazione di sé. La vocazione è rigorosamente libera ma proprio per questo ci lega, ci rende una cosa sola con l’amato. Seguiamo un amore che chiede amore e la vocazione è avere trovato l’amore per il quale vale la pena perdere tutto, superare il limite, la mediocrità, la bulimia di esperienze come quelle infinite della navigazione e di una vita ridotta a navigazione e non a relazione.

La vocazione richiede un coraggio particolare? No, richiede solo amore, non scappare davanti alle difficoltà, perdere l’io, che poi è l’unico modo per trovarlo. La vocazione è aprire il cuore all’amore e come sempre l’amore cresce, si trasforma, si rinnova, diventa più profondo, riesce a coprire le inevitabili debolezze. L’amore che ci unisce al Signore e tra di noi dona anche il perdono – a dire il vero è il perdono – che non è fare finta o accontentarsi dell’altro ma curare il legame perché sia più forte del male che vuole rovinarlo.

La vocazione spaventa perché siamo disabituati a farci amare, curiosamente ne abbiamo paura, la riduciamo a giudizio, mentre è proposta di amore, che per questo supera le regole, le misure, le modestie. Ma non è una regola: è l’intelligenza dell’amore, con i suoi riti, le sue modalità, che diventa sensibilità, speranza, che vuole tutto ma lascia anche, regala tutto, che lega ma libera, che fa uscire da sé per trovarsi, che dona gioia per avere trovato quello che cercavamo che spesso non sappiamo comprendere. La vocazione è di ognuno, ognuno la sua, che troviamo tutti per edificare la Chiesa, provando compassione come Gesù per le folle di questo mondo, spendendo i talenti, lasciando tutto e poi trovando tutto, ad iniziare dal proprio dono. E la Comunità ha bisogno di vocazioni, nessuno è spettatore e tutti possiamo servire.

C’è sempre un inizio e poi il magis, che non è diventare super, ma noi stessi per amore, cercando di superarci perché l’amore vuole crescere, magari facendo meno cose ma in profondità.

Oggi accompagniamo, giustamente e con tanta gioia, quella di Samuele. Che ha conosciuto il Signore servendolo sull’altare della Parola e del Pane e in una comunità. Continua a cercare l’alto, contempla la bellezza di Dio intorno a quell’altare che ci accoglie peccatori come siamo e nella grandezza del creato. E aiutaci a cercare il cielo per essere davvero uomini della terra. La vocazione è per sempre? L’amore è per sempre. Questa è la risposta e sappiamo che ci aiuterà a ritrovarci anche quando inevitabilmente ci smarriamo. Capiamo la nostra vocazione guardando la folla con nel nostro cuore il cuore di Gesù, quell’esperienza che Santa Caterina descrive, ma che chi sente la sua chiamata comprende e soprattutto vive.

L’amore è sempre avanti a sé, quello dell’inizio che non smette di aprire un cammino. Apriamo il nostro cuore a Gesù, i nostri dubbi, anche le nostre incomprensioni, come Filippo che pensava sempre ci fosse qualcosa d’altro e non sapeva riconoscere Gesù proprio in quello che già viveva. Pietro non cercava la ricompensa ma era preso dal dubbio, dalle misure, dai calcoli. Spesso pensiamo che la vita con il Signore sia giusta ma povera di gioia, di vita, di cose. In realtà troviamo molto di più di quello che lasciamo!

Chi segue il Signore ha una vita bella, molto più bella di quella che avremmo avuto. Se non lo è vuol dire che siamo rimasti soli o che abbiamo cercato la nostra gioia senza lasciare nulla! Cento volte tanto. La Chiesa è quel cento volte tanto e ci aiuta ad essere noi il cento volte tanto per il fratello. Si aggiungono le persecuzioni, perché seguire il Signore è amore, non benessere individuale, e poi alla fine la vita eterna nel tempo che verrà. Ecco il problema della vita.

Non un’illusione a poco prezzo, una vita garantita e senza soffrire, ma la vita vera, che non nega i fratelli e che per loro amore sfida la persecuzione che è il male che combatte, e poi la vita eterna. Vuoi perdere la vita per combattere il male, le cui manifestazioni così evidenti in questi tempi di pandemie ci chiedono da che parte stare. Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? Siamo preziosi ai suoi occhi e possiamo con la nostra vita aiutare tanti ad avere una vita abbondante, sovrabbondante rispetto al poco che abbiamo messo. Ma dobbiamo metterlo noi prima di ottenerlo. Si trova ma solo dopo avere perso il poco che abbiamo.

Parco del Seminario Arcivescovile di Bologna
03/05/2022
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