Venerdì 9 aprile, Venerdì Santo
lungo via dell’Osservanza

1. «Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché colla tua santa Croce hai redento il mondo».

Alla fine del cammino della Croce, la Via Crucis, noi ci poniamo in adorazione del “mistero della pietà” che rifulge nella Croce, del mistero della redenzione dell’uomo.

Abbiamo percorso la Via Crucis, col peso del nostro quotidiano soffrire che almeno in questo percorso abbiamo sentito condiviso e portato dal Figlio di Dio fattosi uomo per questo. Sofferenze che ciascuno porta nel suo cuore; sofferenze dell’umanità “sfinita dalla sua debolezza mortale”: gli innocenti uccisi dalla pazzia terroristica, i bambini violati nella loro dignità, popoli interi tormentati dalle guerre. Noi ti adoriamo, o Cristo, perché nella tua passione hai portato tutto il peso del peccato che genera il male: non degli angeli ti prendi cura, ma dell’uomo, e quindi ti sei reso in tutto simile ai fratelli [cfr. Eb 2,16-17].

2. Il peso del peccato – pondus peccati, dice un maestro di vita cristiana – ha fatto cadere tre volte il Figlio di Dio, fino a terra. è questo forse il “cuore” della sofferenza umana: la caduta, il pensare che ormai non c’è più via di uscita. Si chiama disperazione. è la disperazione del giovane che ingannato dai tristi mercanti di morte, si sente morire distrutto dalla droga e non ce la fa più ad uscirne. è la disperazione dell’ammalato terminale consapevole che per lui ormai non c’è più nessuna possibilità di guarigione. è la disperazione di chi ha perso il lavoro e non ne trova più, e si sente inutile. è la disperazione dell’anziano al quale viene detto che è solo un peso che gli altri non riescono più a sopportare.

Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo perché hai voluto anche cadere nel suo dolore, perché colla tua caduta tu puoi, tu vuoi liberarci dalla disperazione.

3. «Colla tua santa Croce hai redento il mondo». La Croce di Cristo ormai è piantata per sempre al centro dell’universo: stat Crux, dum volvitur orbis. Non c’è più direzione che non sia indicata dalla Croce. La linea verticale traghetta l’uomo fino a Dio; la linea orizzontale raggiunge nel suo abbraccio ogni uomo. L’una e l’altra disegnano la Croce: togline una e distruggi la Croce di Cristo e togli la redenzione dalla storia. Ecco il legno della Croce, al quale fu appeso il Salvatore del mondo.

Si compie la parola di Cristo: «quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me».

“Signore Gesù Cristo! Quante cose ci distolgono da Te: vuoti passatempi, futili gioie, preoccupazioni indegne: ci sono troppe cose che ci scoraggiano dal venire. Un’ambizione troppo vile per accettare di essere aiutata, una timidezza codarda che si schernisce per la sua perdizione, un’angoscia del peccato che fugge la purificazione della santità come il malato fugge la medicina. Ma Tu sei tuttavia il più forte: allora attiraci ancora più fortemente a Te. Poiché Tu lo hai detto, e quindi lo farai: «sollevato da terra, attirerò tutti a me»” (S. Kierkegaard).

O Pastore immolato, prendi sulle tue spalle la pecora che hai trovato nell’abisso della disperazione ed in quello ancora più profondo dell’indifferenza e portala nell’ovile della S. Trinità: che il disperato più tormentato, che l’indifferente divorato dalla sua superficialità trovi infine risposta.

Noi ci lasciamo questa sera davanti ad un sepolcro sigillato.

La morte dell’Unigenito non è stata apparente. Egli è morto realmente, come muoiono tutti gli uomini. E quindi come ognuno di noi lo sarà, anch’Egli viene sepolto. La grossa pietra rotolata contro l’entrata del sepolcro indica la definitività: è veramente finito tutto.

Tuttavia questa notte è unica; questo sepolcro è unico. Morte unica: essa è stata l’espressione dell’amore divino ed umano, il dono di Sé fatto dall’Unigenito. E l’Amore non può rimanere sconfitto dalla morte.

Sepolcro unico: in esso, più precisamente nel corpo immolato arde lo Spirito che dona la vita. Il sepolcro è il terreno in cui il grano di frumento è stato seminato perché, morto, germogli nella spiga santa che è la S. Chiesa.

“Tutto tace, ma nella speranza. L’ultimo Adamo tende la mano al primo Adamo. La Madre di Dio asciuga le lacrime di Eva. Attorno alla roccia mortale, fiorisce il Giardino” (S.S. Bartolomeo I).

09/04/2004
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