Via Crucis

Quanto ci fa bene la via crucis! A nessuno di noi piace la sofferenza, ma capiamo che non è vita vera quella che non la affronta. Chi vuole bene non aspetta, non perde tempo, non resta a guardare, si mette in cammino. Amiamo perché la croce è Dio che non si vergogna di noi, che si dona, che ha compassione, che condanna il peccato e ama il peccatore. Qui ci accoglie San Francesco, semplice, gioioso, umile che leggeva ininterrottamente, sfogliandolo e risfogliandolo, il “libro della croce di Cristo”, raccontano le sue biografie. E’ il libro della infinita umanità di Dio e dell’uomo. Nel libro della croce incontriamo i poveri, quelli per cui San Francesco rese dolce ciò che gli era amaro come avvenne quando abbracciò la croce del lebbroso. Lui si struggeva davanti ai poveri. “Si chinava, con meravigliosa tenerezza e compassione, verso chiunque fosse afflitto da qualche sofferenza fisica e quando notava in qualcuno indigenza o necessità nella dolce pietà del cuore, la considerava come una sofferenza di Cristo stesso. Aveva innato il sentimento della clemenza, che, la pietà di Cristo, infusa dall’alto, moltiplicava”. Diceva: “Il povero, è lo specchio del Signore e della sua Madre povera. Così pure negli infermi, sappi vedere le infermità di cui Gesù si è rivestito”. In tutti i poveri, egli, a sua volta povero e cristianissimo, vedeva l’immagine di Cristo. Perciò, quando li incontrava, dava loro generosamente tutto quanto avevano donato a lui, fosse pure il necessario per vivere; anzi era convinto che doveva restituirlo a loro, come se fosse loro proprietà. Questo libro della croce,- non palo dei romani, ma legno su cui Dio ha scritto il Vangelo, scriveva Alda Merini -, ci aiuta ad aprire gli occhi e riconoscere la vita vera. E’ un libro di solo amore, che ci fa sentire sempre infinitamente amati da Dio. Non siamo resi immuni dalla sofferenza ma in questa vediamo il suo sofferto spiraglio di luce, per cui anche le tenebre più fitte non sono l’ultima parola. E’ un libro che contiene tanti nomi, anche i nostri. Il primo è quello di un ladrone crocifisso che riesce a “rubarsi il cielo, chiamando Gesù per nome”. E’ un libro che contiene quello dei tanti poveri che non hanno nome, come le ultime vittime di quel cimitero che è il mediterraneo, che hanno tutte il nome come lo ebbe Lazzaro, che muore per strada, all’aperto, perché nessuno gli ha aperto. E’ un libro che ci parla e ci aiuta e riconoscere nella vita di tutti i giorni gli indifesi, i torturati, quelli derisi per il loro dolore, schiacciati sotto un peso insopportabile, come i tanti schiavi del lavoro; quelli che muoiono soli, senza tenerezza e protezione, come tanti anziani. E’ un libro di vittime, dai bambini vittime innocenti di una strage che Erode continua a organizzare approfittando anche della ignavia di tanti.  E’ un libro che ci insegna a credere, però, che il chicco di grano caduto in terra muore, ma per dare vita. E’ vero: tutto ciò che siamo, comprese le nostre carenze, omissioni e ferite, possono essere trasformate in dono e ricchezza per tutti. Questo è il mistero pasquale: passare dall’io al dono di sé. Non scappiamo da questa consapevolezza. “Bisogna aver toccato il fondo della morte che ci sta intorno in tutto quello che fa il nostro amore umano: devastazioni del tempo, della fragilità universale, dei lutti, decomposizione del tempo, di tutti i valori, dei gruppi umani, di noi stessi. Bisogna aver tastato, all’altro polo, l’universo impenetrabile della sicurezza di Dio per percepire un tale orrore del buio che la luce evangelica ci diventa più necessaria del pane. Solo allora ci aggrapperemo ad essa come a una corda tesa al di sopra di un duplice abisso. Bisogna sapersi perduti per voler essere salvati”, scriveva Delbrel.
Questa sera abbiamo letto il libro della croce, che ci insegna a entrare nella storia, per cambiarla e farla rinascere. Insieme a Gesù, ci accorgiamo che siamo perduti, ma proprio per questo capiamo la grandezza della croce che ci salva. L’onnipotenza di Dio è nella forza misteriosa della croce.
O Signore, forte come la morte è l’amore. Insegnaci a custodirti nei nostri cuori, ad essere amici tuoi. Insegnaci a sperare sempre. Insegnaci a non vivere per noi stessi. Forte come la morte è l’amore. Tu vinci il male con una more fino alla fine. Signore stendi la tua mano per sollevarmi e liberarmi. Tu mi porti al largo, mi liberi perché mi vuoi bene. Come quelle donne deboli che però non smettono di amare attendiamo la luce della tua Resurrezione, le lacrime asciugate, la sconfitta del male.  
“Sei stato deposto in un sepolcro e a me hai donato per soggiorno il paradiso; scendendo nell’abisso, mi hai esaltato; distruggendo le porte dell’Ade, hai aperto per me le porte del cielo. Prepara per lui un’anima pura, affinché abitandola, il tuo re ne faccia un cielo”. Il cielo di un amore che non finisce. Amen

14/04/2017
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