1. «Donaci, o Dio, la
sapienza del cuore». La Chiesa pone oggi sulle nostre labbra questa preghiera
che abbiamo or ora ripetutamente rivolto a Dio, in risposta ad una sua parola
profonda e sconvolgente sulla condizione umana.
Chi è l’uomo
secondo la prima lettura? Un viandante incapace di orientarsi nella vita. Infatti «i
ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un
corpo incorruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla
grava la mente di molti pensieri». Nella traversata del mare della vita
la zattera della nostra ragione rischia continuamente il naufragio, se non è il
Signore a donargli un ben più sicuro naviglio, e a concedergli la sapienza
inviandogli dall’alto il suo santo Spirito. Solo così possono
essere «raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra», e
gli uomini ammaestrati in ciò che è il loro vero bene.
«Donaci, o Dio, la
sapienza del cuore». Alla preghiera dell’uomo Dio ha risposta in
modo sorprendente: Egli stesso si è fatto uomo perché l’uomo
potesse avere il Lui la via da seguire per giungere alla vita vera. La sequela
di Cristo è l’unica risposta interamente vera alla nostra domanda
di verità e di senso.
La pagina evangelica appena
ascoltata mette in risalto però la condizione fondamentale perché possiamo
veramente porci alla sequela di Cristo. Richiamo la vostra attenzione su ciò che
ha dato occasione all’insegnamento di Cristo: «siccome molta gente
andava con Lui, Gesù si voltò e disse: …». Non è la
quantità dei discepoli, ma la loro qualità che interessa Cristo.
Non è possibile essere cristiani, suoi discepoli, senza avere mai deciso
di diventarlo. è sul prezzo, sul costo di questa decisione che
oggi il Signore vuole farci riflettere.
Quale è il prezzo?
Ascoltate bene: «chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non
può essere mio discepolo». La parola è chiara: rinuncia
a tutti i propri averi. è la spogliazione materiale di ciò che
si possiede? Non necessariamente. è la rinuncia a quella “proprietà ” che
ci spinge poi a possedere le altre cose: la proprietà di se stessi.
La sequela di Cristo esige dall’uomo l’espropriazione di se stesso
che lo porta ad affermarsi a spese degli altri; a ritenere di poter raggiungere
il proprio bene prescindendo dal bene degli altri o contro il bene degli altri.
Dalla scelta di seguire Cristo
viene generata una nuova umanità , come viene attestato dalla seconda
lettura. Uno schiavo, redento dal sangue di Cristo, viene rimandato al suo
padrone pure cristiano, «non più … come schiavo, ma molto
di più che schiavo, come un fratello carissimo … sia come uomo,
sia come fratello nel Signore». In queste parole è descritta l’unica,
vera rivoluzione accaduta nella storia: la possibilità offerta in Cristo
ad ogni uomo di istituire con l’altro uomo una relazione non di dominio
dell’uno sull’altro, ma di vera comunione fra le persone.
Espropriato di se stesso,
nella sequela di Cristo, l’uomo cessa di essere estraneo all’uomo
ed è reso capace di amare.
2. Carissimi fedeli, noi stiamo
celebrando i divini Miseri per ricordare il 35° anniversario del pio transito
del servo di Dio p. Marella: ricordo reso quest’anno particolarmente
solenne ricorrendo anche il centenario della sua ordinazione sacerdotale.
La parola di Dio che abbiamo
meditato si rispecchia fedelmente nella vita di p. Marella.
Egli ricevette dal Signore
in grado eminente la sapienza, l’unica sapienza di cui l’uomo ha
bisogno: la sapienza del cuore.
Postosi alla sequela di Cristo,
egli si espropriò di se stesso per essere suo fedele discepolo. Questa
radicale auto-espropriazione si mostra nel totale distacco dalle cose e dalle
ricchezze, come aveva appreso alla scuola di Francesco, da vero terziario francescano.
Si mostrò in un fedeltà alla Chiesa anche quando questa fedeltà gli
costò sofferenza e sacrificio.
Ma soprattutto, postosi alla
sequela di Cristo, divenne partecipe della passione dell’uomo-Dio per
la sorte di ogni uomo, della “cura che Dio si prende di ogni uomo”.
Come p. Marella si prese cura di ogni uomo? fu una cura concreta, attenta cioè ai
diversi bisogni delle persone; fu una cura materna-paterna perché mirava
a rigenerare ogni uomo che incontrava nella sua intera umanità : una
cura dell’uomo abitata da una grande passione educativa. Quanti ragazzi
da lui incontrati, con una umanità devastata in ogni dimensione, vennero
da lui portati alla piena integrità della loro persona.
Nella nostra città c’è «l’angolo
di p. Marella». Luogo prezioso, perché esso tenendo vivo il suo
ricordo, impedisce che si oscuri nel nostro spirito la percezione della dignità di
ogni persona umana, specialmente la più povera: dentro a una cultura
che ha largamente smarrito il senso di questa dignità , riducendo l’uomo
al prodotto casuale dell’evoluzione. Esisto finale e prevedibile del
nichilismo contemporaneo.
La memoria di P.Marella tiene
viva in ciascuno di noi la percezione dell’incommensurabile preziosità di
ogni persona umana, di cui Dio stesso si è preso cura.