XXIII DOMENICA PER ANNUM (C)
Cattedrale: 04-09-04 – 35° anniversario morte P. Marella

1.         «Donaci, o Dio, la

sapienza del cuore». La Chiesa pone oggi sulle nostre labbra questa preghiera

che abbiamo or ora ripetutamente rivolto a Dio, in risposta ad una sua parola

profonda e sconvolgente sulla condizione umana.

         Chi è l’uomo

secondo la prima lettura? Un viandante incapace di orientarsi nella vita. Infatti «i

ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un

corpo incorruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla

grava la mente di molti pensieri». Nella traversata del mare della vita

la zattera della nostra ragione rischia continuamente il naufragio, se non è il

Signore a donargli un ben più sicuro naviglio, e a concedergli la sapienza

inviandogli dall’alto il suo santo Spirito. Solo così possono

essere «raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra», e

gli uomini ammaestrati in ciò che è il loro vero bene.

         «Donaci, o Dio, la

sapienza del cuore». Alla preghiera dell’uomo Dio ha risposta in

modo sorprendente: Egli stesso si è fatto uomo perché l’uomo

potesse avere il Lui la via da seguire per giungere alla vita vera. La sequela

di Cristo è l’unica risposta interamente vera alla nostra domanda

di verità e di senso.

         La pagina evangelica appena

ascoltata mette in risalto però la condizione fondamentale perché possiamo

veramente porci alla sequela di Cristo. Richiamo la vostra attenzione su ciò che

ha dato occasione all’insegnamento di Cristo: «siccome molta gente

andava con Lui, Gesù si voltò e disse: …». Non è la

quantità dei discepoli, ma la loro qualità che interessa Cristo.

Non è possibile essere cristiani, suoi discepoli, senza avere mai deciso

di diventarlo. è  sul prezzo, sul costo di questa decisione che

oggi il Signore vuole farci riflettere.

         Quale è il prezzo?

Ascoltate bene: «chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non

può essere mio discepolo». La parola è chiara: rinuncia

a tutti i propri averi. è la spogliazione materiale di ciò che

si possiede? Non necessariamente. è la rinuncia a quella “proprietà” che

ci spinge poi a possedere le altre cose: la proprietà di se stessi.

La sequela di Cristo esige dall’uomo l’espropriazione di se stesso

che lo porta ad affermarsi a spese degli altri; a ritenere di poter raggiungere

il proprio bene prescindendo dal bene degli altri o contro il bene degli altri.

         Dalla scelta di seguire Cristo

viene generata  una nuova umanità, come viene attestato dalla seconda

lettura. Uno schiavo, redento dal sangue di Cristo, viene rimandato al suo

padrone pure cristiano, «non più … come schiavo, ma molto

di più che schiavo, come un fratello carissimo … sia come uomo,

sia come fratello nel Signore». In queste parole è descritta l’unica,

vera rivoluzione accaduta nella storia: la possibilità offerta in Cristo

ad ogni uomo di istituire con l’altro uomo una relazione non di dominio

dell’uno sull’altro, ma di vera comunione fra le persone.

         Espropriato di se stesso,

nella sequela di Cristo, l’uomo cessa di essere estraneo all’uomo

ed è  reso capace di amare.

2.         Carissimi fedeli, noi stiamo

celebrando i divini Miseri per ricordare il 35° anniversario del pio transito

del servo di Dio p. Marella: ricordo reso quest’anno particolarmente

solenne ricorrendo anche il centenario della sua ordinazione sacerdotale.

         La parola di Dio che abbiamo

meditato si rispecchia fedelmente nella vita di p. Marella.

         Egli ricevette dal Signore

in grado eminente la sapienza, l’unica sapienza di cui l’uomo ha

bisogno: la sapienza del cuore.

         Postosi alla sequela di Cristo,

egli si espropriò di se stesso per essere suo fedele discepolo. Questa

radicale auto-espropriazione si mostra nel totale distacco dalle cose e dalle

ricchezze, come aveva appreso alla scuola di Francesco, da vero terziario francescano.

Si mostrò in un fedeltà alla Chiesa anche quando questa fedeltà gli

costò sofferenza e sacrificio.

         Ma soprattutto, postosi alla

sequela di Cristo, divenne partecipe della passione dell’uomo-Dio per

la sorte di ogni uomo, della “cura che Dio si prende di ogni uomo”.

Come p. Marella si prese cura di ogni uomo? fu una cura concreta, attenta cioè ai

diversi bisogni delle persone; fu una cura materna-paterna perché mirava

a rigenerare ogni uomo che incontrava nella sua intera umanità: una

cura dell’uomo abitata da una grande passione educativa. Quanti ragazzi

da lui incontrati, con una umanità devastata in ogni dimensione, vennero

da lui portati alla piena integrità della loro persona.

         Nella nostra città c’è «l’angolo

di p. Marella». Luogo prezioso, perché esso tenendo vivo il suo

ricordo, impedisce che si oscuri nel nostro spirito la percezione della dignità di

ogni persona umana, specialmente la più povera: dentro a una cultura

che ha largamente smarrito il senso di questa dignità, riducendo l’uomo

al prodotto casuale dell’evoluzione. Esisto finale e prevedibile del

nichilismo contemporaneo.

         La memoria di P.Marella tiene

viva in ciascuno di noi la percezione dell’incommensurabile preziosità di

ogni persona umana, di cui Dio stesso si è preso cura.

04/09/2004
condividi su