San Petronio

Cristianesimo, faro d’Occidente

Un ciclo di incontri promosso dall'Arcidiocesi, dalla Basilica di S. Petronio e dal Centro studi "Permanenza del classico", dell'Università di Bologna

Senza il cristianesimo non si comprende il volto dell’Europa.

Ne è convinto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, che ha guidato il 17 aprile scorso il primo incontro, nella Basilica di San Petronio, della rassegna «Destino dell’Occidente» promossa da Arcidiocesi, Basilica di San Petronio e Centro studi «La permanenza del classico» dell’Università di Bologna.

L’integrale dell’incontro è disponibile sul sito www.chiesadibolgona.it e sul canale YouTube di 12Porte.

Prima del suo intervento gli abbiamo rivolto alcune domande.

Eminenza, stasera lei parlerà di cristianità ed Europa. Come può il «Vecchio Continente» ritrovare la sua identità spirituale e politica ed essere fedele alla propria vocazione?

Il cristianesimo è stato la «lingua materna», si suol dire, dell’Europa: la strada che io percorrerò riguarda strettamente la cultura alta, cioè l’ambito di tutte le discipline artistiche. Anche quando si rifiutava il messaggio cristiano o lo si stravolgeva, era pur sempre una sorta di stella polare, e lo era a maggior ragione tutte le volte che lo si attualizzava nell’interno della vita quotidiana del popolo e dei popoli d’Europa.

Il ciclo di incontri è dedicato al destino dell’Occidente, di cui l’Europa è parte ma non è l’unica dimensione. Dovrebbe, però, esserne il traino…

L’Europa per secoli è stata la realtà per eccellenza. Si arrivava al punto di considerare la sua cultura come «la cultura», tant’è vero che quando si inventa la parola «cultura», su base Latina, nel 1700 in Germania, la si usa al singolare perché si intendeva la cultura europea, l’unica riconosciuta. Successivamente si creerà il plurale, «culture», perché si comincia a considerare (Goethe stesso lo farà) la cultura dell’Asia, la cultura ebraica, la cultura musulmana, la cultura giapponese. Bisogna dire però che l’asse portante per secoli è stata lei, la cultura europea, ed era una cultura di taglio profondamente cristiano.

Papa Francesco sta guidando la Chiesa in un cammino sinodale: anche questo potrebbe essere un esempio per il mondo, che vive un momento a dir poco turbolento.

L’Europa oggi non è più, dobbiamo riconoscerlo, quel grande punto di riferimento, quella sorta di stella polare che guidava anche le altre Chiese. È diventata ormai un un’area nella quale il cristianesimo sta diventando, anzi è già diventato, minoritario. Ed è proprio questa, secondo me, la grande occasione che ha: di essere «spina nel fianco» all’interno di un mondo secolarizzato o peggio ancora del tutto indifferente, superficiale, banale. In questa luce possiamo dire che l’Europa cristiana, anche se di minoranza, con tutto il suo patrimonio culturale e religioso, può essere veramente questa sorta di «seme» che ancora ha significato, anche di fronte all’affollarsi delle nuove Chiese che vengono dall’Africa, dall’Asia, dall’America Latina.

Nel suo ultimo libro, «L’alfabeto di Dio» (San Paolo), lei con un centinaio di parole ci guida all’interno della Bibbia. Qual è oggi l’attualità della Sacra Scrittura?

La Scrittura, le Sacre Scritture, l’integralità della Bibbia in tutte le sue dimensioni, come è stata accolta dal cristianesimo, che ha inglobato anche le Scritture ebraiche, è certamente per il credente prima di tutto «lampada per i passi» nel cammino della vita, come dice Salmo 119. D’altra parte, non dobbiamo mai dimenticare che la Bibbia è il «grande codice» della cultura occidentale e ogni analisi che si può fare, come quella che io farò questa sera, qualsiasi tipo di analisi per poter approfondire il modello culturale europeo deve necessariamente avere come referente il testo sacro. È per questo che anche le parole che si propongono sono delle parole che non rappresentano soltanto il messaggio biblico, ma alla fine rappresentano anche una sorta di «carta d’identità» della nostra storia.

Bologna, dove lei ha ricevuto qualche anno fa anche una Laurea ad honorem, è celebre appunto per la sua Università: lo scambio di saperi può essere un metodo per l’Europa?

L’Università, soprattutto quella di Bologna, che è l’Alma Mater per eccellenza, l’Università più antica, quella che sicuramente è stato un faro di cultura, ha la caratteristica di essere proprio «università», come dice la parola stessa, cioè che abbraccia tutti i saperi. Ora noi viviamo purtroppo in un periodo nel quale domina la specializzazione e c’è perciò un eccesso di competenza e di conoscenza settoriale e non c’è mai lo sguardo d’insieme. Un filosofo del secolo scorso, Paul Ricoeur, diceva giustamente: «Viviamo in un’epoca in cui alla bulimia dei mezzi (ne abbiamo tanti pensiamo alla tecnologia) corrisponde un’anoressia dei fini». Non abbiamo più delle mete ed è per questo che l’Università deve ritornare, con la molteplicità delle sue conoscenze, ad essere ancora questa sorta di stimolo e di luce non soltanto per la cultura, ma anche per l’esistenza sociale. La riflessione che verrà sviluppata nella triade di interventi che compongono questa iniziativa è volta a cercare di ritrovare alcune anime, in questo caso un’anima specifica dell’Europa. Un’anima che purtroppo un po’ si sta isterilendo, ma è un’anima cristiana, affidata soprattutto alle Scritture che hanno offerto alla cultura occidentale personaggi, simboli, temi, proposte etiche. Per questo allora è

importante ancora adesso ritrovare il modo con cui questi valori sono stati accolti per poterli attualizzare e ritrascrivere nell’oggi ormai secolarizzato o spesse volte smemorato.

Quindi si può dire che la cultura cristiana è ancora oggi «faro» dell’Occidente?

Certamente dal punto di vista culturale per venti secoli possiamo dire che senza la cultura cristiana non si comprende il volto europeo. Pensiamo soltanto che cosa significhi, per esempio, una persona che entra nell’interno di una qualsiasi Pinacoteca e non conosce nulla dei Vangeli o della Bibbia, non comprende il 70% delle opere esposte. Ed è per questo che è importante allora ricordare che l’identità cristiana non è un elemento marginale, ma è una componente strutturale della nostra cultura, un grande valore ancora oggi fecondo.

 

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