Castel Maggiore-Tosamaganga, andata e ritorno. Dalla provincia di Bologna alla Tanzania avanti e indietro
per toccare con mano che «quando sei immerso nel nostro mondo ricco, non è detto che tu ti renda conto di tutte le tue fortune. Mentre da medico in Africa, si scopre molto bene e molto presto quanto siano precarie le parole diritto alla salute, alle cure e alla guarigione. Là non ci sono robot per la chirurgia, ma stivali di gomma per proteggersi dagli schizzi di sangue mentre si opera. Ma alla fine sono più le cose belle», tira le somme Noemi Bazzanini, infettivologa nata a Bologna e cresciuta a Castel Maggiore, di ritorno dalla Tanzania. È sua una delle trenta voci di «Africa andata e ritorno» (Laterza, 2024), libro che raccoglie lettere di volontari di «Medici con l’Africa Cuamm» alle prese con la difficile sanità africana e le sue limitate risorse. Libro presentato nei giorni scorsi da Bazzanini e da Alberto Battistini, pediatra e responsabile bolognese di Cuamm, prima organizzazione italiana impegnata per la promozione e la tutela della salute nel mondo: oltre 1.600 persone inviate in 41 paesi, so- prattutto in Africa, per portare cure e servizi anche a chi vive nei luoghi più poveri.
Un libro presentato non a caso a Castel Maggiore, per rafforzare il legame con il territorio che spesso sta dietro, aiuta, spinge e riaccoglie chi parte. E torna per raccontare l’esperienza di medici che «non vanno in Africa a fare una esperienza, ma come ‘missionari’ – dice Bazzanini – e come i missionari non da soli: hanno dietro una comu- nità. Medici che hanno un’esperienza professionale, ma anche molto di più». Come dice un’altra lettera del libro: «Ci sono povertà nascoste che puoi incontrare solo partendo, che solo quando le incontri iniziano a interrogarti. Perchè l’incontro con l’Africa e con la sanità di quei paesi è duro».
Provare per credere: «Non avevo preventivato di toccare con mano l’inefficienza e la noncuranza, la disperazione e le numerose morti per l’impossibilità di curare tempestivamente». In fretta si impara a far nascere un bambino e a fare un gesso, a curare una malaria e un diabete. E a fare i conti con mamme che si riportano a casa il figlio ammalato, sapendo che non sopravviverà, perché non ci sono soldi per curarlo. E questo fa arrabbiare», confer- ma Noemi. «lI trauma lo si supera, non lo sconcerto». E il libro alterna vita e morte, vittorie e sconfitte, gioie e delusioni in un contesto fatto di mamme e soprattutto tantissimi bambini. Una delle vittorie del Cuamm sono le casette per mamme vicine al parto presso gli ospedali, per ridurre le morti di bimbi nascenti o appena nati. «La scuola africana ci ha forgiati: impari a fare quello che puoi e ad accettare che non puoi fare altrimenti», riassume una pneumologa.
L’Africa capovolge approcci e modi di fare: e insegna a fare «con» culture, valori e sistemi diversi. «Salvare vite di persone povere con scarso accesso ai servizi mi ha reso migliore», confida un chirurgo. Poi però resta la seconda parte del lavoro: tornare e raccontare, per ricominciare e ripartire». Come ha fatto Noemi e come fanno altri. In un tempo che cerca la pace, «questi medici volontari sono un’umanità che esiste e dà speranza», sottolinea la sindaca di Castel Maggiore, Belinda Gottardi.