Bologna

«L’Aliante», da 25 anni genitori impegnati per i propri figli diversamente abili

Un'Associazione voluta dai genitori dei ragazzi

Era il 1999,  esattamente 25 anni fa, eppure sembra ieri quando nasceva l’associazione «L’Aliante».

Con l’entusiasmo di chi vuole migliorare il mondo, alcune famiglie di ragazzi portatori di disabilità volevano cambiare perlomeno la vita dei propri figli. Genitori volitivi e testardi che non si arrendevano ad un destino già segnato: i ragazzi frequentavano lo stesso Centro diurno, che allora si chiamava Coopas, e già si pensava come renderli più autonomi, capaci di integrarsi in una società, dove spesso la disabilità mentale viene stigmatizzata. C’era Andrea, affetto da sindrome dello spettro autistico, che non era mai uscito da solo, con mamma e papà, che temevano potesse disturbare. Poi Alessandro, un ragazzo che parlava a voce troppo alta e non stava mai fermo, Federico che amava il canto, ma se le cose non seguivano un ordine preciso, aveva manifestazioni di collera, Silvia che era affetta da gravi crisi epilettiche, poi Gianni con la sua dolcezza disarmante, Tommaso che non stava mai fermo, e a poco a poco si aggiunsero tanti altri ragazzi speciali: Simone, Maria Federica, Rosanna, Silvia, etc.

Oggi, due volte al mese organizziamo una giornata nella casa colonica del Providone, che il Dipartimento di Salute Mentale ci ha concesso in uso, e lì organizziamo tante attività dall’arteterapia al teatro. Abbiamo operatori professionali che amano i ragazzi e ci mettono tanta passione. Alessandro ha acquisito tante autonomie e adesso anche a casa, visto che siamo rimasti soli, mi aiuta. Paola, madre di Maria Federica, racconta: «Mia figlia è sulla sedia a rotelle, ha un deficit cognitivo e anche la vista è compromessa. Tutta la mia vita è dedicata a Lei, i medici all’inizio le davano pochi mesi e nell’Aliante ho trovato una famiglia dove non solo i nostri figli trascorrono momenti felici, ma noi genitori ci possiamo confrontare ed uscire dall’isolamento».

Oggi un problema che sentiamo molto è l’assenza di un punto di riferimento sanitario, uno specialista che cono- sca la storia dei nostri figli e possa intervenire con le dovute competenze. Paola spiega: «A chi devo rivolgermi se mia figlia sta male ma non riesce ad esprimersi? Il medico di base può col- laborare, ma non sempre ha le compe- tenze necessarie. Allora inizia la ricerca dello specialista, ma non è sempre il medesimo. Tutto questo per anni, ma poi quando il disabile resta solo chi sa raccogliere tutti i pezzi della sua storia? Sarebbe necessario un ambulatorio che raccolga insieme tutti i dati. Federica e i tanti ragazzi con disabilità attendono».

Mercedes Ferretti, «L’Aliante»

 

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