BOLOGNA – Sabato 2 agosto 1980, ore 10.25. La pagina più nera della storia bolognese del dopo guerra, la strage della stazione, vide fin dai primi istanti la presenza attiva e solidale della chiesa di Bologna. Un servizio di 12PORTE documenta la vicinanza della comunità cattolica alle vittime e alle loro famiglie. La voce del Cardinale Antonio Poma che celebrò i funerali.
Lo scoppio di una bomba deposta nella sala d’aspetto di seconda classe provocò la morte di 85 persone e il ferimento – in alcuni casi anche molto grave – di altre 200.
Immediatamente iniziò il soccorso alle vittime: anche il parroco della vicina San Carlo, mons. Leopoldo Bonetti, accorse sul luogo del disastro per dare conforto spirituale ai feriti e per benedire le salme, affiancato da altri sacerdoti che erano occasionalmente presenti in stazione.
Durante la mattinata giunse sul luogo anche il vescovo ausiliare mons. Vincenzo Zarri, mentre l’Arcivescovo Cardinale Antonio Poma che si trovava fuori città faceva ritorno immediatamente in sede.
Domenica mattina il Cardinale ha fatto visita alle decine di feriti che erano ricoverati al Maggiore e al Sant’Orsola, proseguendo poi le visite al Traumatologico che si trovava a pochi passi dalla stazione, al Bellaria e al Rizzoli, portando la commossa partecipazione della Chiesa bolognese e del papa Giovanni Paolo II che aveva indirizzato un messaggio, nel quale si diceva addolorato e sconvolto.
Nella notificazione inviata alla diocesi, che seguiva di pochi giorni il messaggio per quello che ancora si credeva essere l’incidente di Ustica, il Cardinal Poma rilevava come segno di conforto la grande manifestazione di solidarietà e di generoso soccorso sperimentato fin dai primi momenti.
Si può intravvedere, diceva il Cardinal Poma alla stampa, il mistero del dolore ma anche la capacità dello spirito umano di lottare contro il male. Bologna ha dato prova di prontezza, sensibilità, fortezza e collaborazione veramente eccezionale. Resta la domanda di come alcuni uomini, sconvolti nelle loro idee e chiusi nel loro cuore, possano dare luogo a simili stragi.
I funerali furono fissati per il pomeriggio di mercoledì 6 agosto. Nella basilica di san Petronio trovarono posto solo 8 bare perché la maggior parte dei familiari aveva optato per funerali privati.
Per questo motivo il Cardinale dispose che nelle Chiese della Certosa e degli Ospedali pressi i quali si trovavano le salme delle vittime, fossero celebrate contemporaneamente in mattinata le messe di suffragio.
Per il funerale di stato si optò per una Liturgia della Parola, che aveva al centro il vangelo della risurrezione di Lazzaro.
Erano presenti il Capo dello Stato Sandro Pertini, il presidente del governo Francesco Cossiga, le alte cariche dello stato e le autorità cittadine con il sindaco Zangheri. Sull’altare accanto al Cardinale Poma e a numerosi sacerdoti, quasi tutti i vescovi dell’Emilia-Romagna.
Abbiamo davanti agli occhi – disse il Cardinale – tutti questi morti: i bambini e i giovani, le madri e i padri che hanno lasciato la loro famiglia. Pensiamo ai fratelli di altre nazioni che, lontani da casa, avranno avvertito anche più struggenti gli attimi estremi.
Gesù piange sull’amico morto, rifletteva il Cardinale, ma pianse anche amaramente sulla città che lo aveva rifiutato. E se, come Gesù, anche noi piangiamo i fratelli e gli amici morti, sentiamo che ci riguarda anche il suo pianto sulla città: “Se tu avessi conosciuto quello che giova alla tua salvezza e alla pace!”.
La Chiesa, disse ancora, non può spiegare il dolore e la morte, ma può indicarne l’origine e la causa: il peccato; e può indicarne il superamento: Cristo: “chiunque vive e crede in lui non morirà in eterno”.