La Chiesa ortodossa, con una settimana di ritardo, quest’anno, rispetto al calendario gregoriano seguito dalla Chiesa cattolica latina, celebra la Settimana Santa, con i riti lunghi e suggestivi nei quali si rivive nel mistero la passione del Signore e la sua risurrezione.
Abbiamo seguito, presso la Chiesa greco-ortodossa di San Demetrio, il lungo Ufficio della Passione e della Morte di Cristo che si celebra nella notte tra giovedì e venerdì santo e che contempla la lettura di dodici lunghi brani del vangelo alternati ai canti che amplificano e riattualizzano il dramma dei patimenti del Signore.
Al culmine del rito, secondo l’usa greca, il sacerdote esce dal santuario portando con sé la croce e l’icona del Corpo del Signore e compie un lento cammino all’interno del tempio avvolto nelle tenebre interrotte sole da alcune candele.
«Sia crocifisso!, gridavano coloro che avevano sempre goduto dei tuoi doni, – ricorda il canto liturgico – e richiedevano un malfattore in luogo del benefattore, quegli uccisori di giusti. Ma tu, o Cristo, tacevi e sopportavi la loro arroganza, volendo patire e salvarci, perché sei amico degli uomini».
Il sacerdote canta mestamente l’annuncio della crocifissione, mentre i lancianti suoni di un martello che ricordano la trafittura di Gesù rompono il silenzio. È l’ora delle tenebre.
«Oggi è appeso al legno colui che ha appeso la terra sulle acque; oggi il Re degli angeli è coronato di una corona di spine; oggi è avvolto di una finta porpora colui che avvolge il cielo di nubi; riceve uno schiaffo, colui che nel Giordano ha liberato Adamo; è inchiodato con chiodi lo Sposo della Chiesa; è trafitto da una lancia il Figlio della Vergine. Adoriamo, o Cristo, i tuoi patimenti! Mostraci anche la tua gloriosa risurrezione».
I canti struggenti del rito sono una esortazione ad entrare nel mistero con la vita: «Cerchiamo di acquisire l’amore fraterno, e non la durezza verso il prossimo, perché in Cristo siamo fratelli: così non saremo condannati insieme a quel servo reso spietato dal denaro, e non ci accadrà, come a Giuda, di pentirci invano».