Gruppo Timoteo

Pastorale, carne e sinodalità

Le riflessioni dopo l'esperienza di condivisione in montagna dal 20 al 23 luglio

Francesco De Gregori nel suo brano «Sempre per sempre» canta: «Ho visto gente andare, perdersi e tornare / Pioggia e sole cambiano la faccia alle persone / Abbaiano e mordono / Ma il vero Amore può nascondersi, confondersi, ma non può perdersi mai».

Sono tempi nei quali «la pioggia e il sole» della pastorale «abbaiano e mordono» ed è alto il rischio dell’esaurimento emotivo e della confusione, derivanti dal pressante carico del ruolo istituzionale che i preti e le suore devono sostenere in «questo cambiamento d’epoca», come dice papa Francesco. La «carne» è al centro della fede cristiana, dalla «incarnazione» alla «resurrezione dei corpi»: tuttavia percepiamo una realtà ecclesiale che tende a separare spiritualità e corporeità.

Forse la formazione religiosa, sia di base che permanente, favorisce tuttora l’aspetto cognitivo e intellettuale, senza integrarlo sufficientemente con le dimensioni affettive, emotive e neurobiologiche. Occorre aver cura di sé, regalarsi un tempo e uno spazio per ascoltarsi e confrontarsi, per vivere esercizi di «sinodalità» anche in una pausa estiva, per condividere ancora una volta, la bellezza del camminare con fermezza e dolcezza nella comune-unione. E’ proprio quello che è accaduto dal 20 al 23 luglio, presso il Santuario di Maria Immacolata Nostra Signora di Lourdes a Nevegal (Bl), un luogo che ha favorito l’intimità con se stessi e con i membri del gruppo Timoteo per parlare/si con chiarezza e per ascoltare/si con umiltà.

Si tratta di un gruppo di supervisione per consacrati, dal nome del giovane presbitero «ordinato» da San Paolo e da lui accompagnato e sostenuto nel suo ministero. Per saperne di più è possibile consultare l’articolo «Timoteo e l’Arte della Manutenzione del Presbiterato», in Il Margine, Trento, Anno 38 (2018) n.7 (a cura di Bellini G., Davalli G., Mattarelli M., Passaniti F., Pirini G., Ricci L.). Per rendere possibile la presa di contatto con la propria e altrui dimensione corporea e relazionale, abbiamo creato un contesto attento, vitale, curioso, calmo, compassionevole e libero. Abbiamo sperimentato, attraverso il «bibliodrama» e altri strumenti tipici della formazione attiva, come il corpo sia lo spazio della dimensione di servizio.

Si è, dunque, a servizio della Chiesa nel corpo e con il corpo, non nonostante il corpo: difatti «Il corpo è compreso come Dio è compreso» (C.Bruaire, Philosophie du corps, Seuil, Paris 1968, pag. 153). E’ possibile cambiare alcune decisioni che ci fanno soffrire attraverso un approccio creativo alla storia personale, a partire dalla cura del proprio corpo fisico e relazionale poichè l’esperienza spirituale è carnale. Difatti, nella tradizione rabbinica si gioca sull’assonanza fra basar (corpo) e bisser (dare una buona notizia): il corpo mio e dell’Altro è una buona notizia! (cfr: L. Manicardi, Il corpo, Qiqaion 2005). Siamo, quindi, un corpo significante in quanto parlato dalla parola, dai gesti, dai movimenti nel nostro incessante riposizionarci nell’esperienza relazionale.

Don Maurizio Mattarelli e Laura Ricci del Gruppo Timoteo

condividi su