Il presbiterio ai piedi della Vergine

Una Madre che fa sentire tutti figli

Il ritiro con monsignor Libanori, i giubilei sacerdotali e il ricordo dei preti morti quest'anno

Giovedì 12 maggio la Chiesa di Bologna ha celebrato la festa della Beata Vergine di San Luca, patrona della Città e dell’Arcidiocesi.

In mattinata il presbiterio bolognese si è riunito nella cattedrale per un ritiro tenuto da monsignor Daniele Libanori, vescovo ausiliare di Roma. La sua meditazione aveva come argomento il prete nel periodo di pandemia. Monsignor Libanori ha evidenziano come, nella storia della salvezza, i momenti di crisi hanno sempre aperto scenari e prospettive nuove per il popolo fedele al Signore. Dalla deportazione in Babilonia, alla morte di Cristo, il trauma viene superato attraverso l’intervento di un profeta che annuncia la Parola di Dio in modo nuovo. La salvezza continua a visitare il popolo anche e soprattutto nel momento di massima crisi.

Il vescovo ausiliare di Roma si è particolarmente soffermato sul capitolo 13 di Marco, dove Gesù annuncia la distruzione del tempio e quindi la fine della vita cultuale e religiosa del popolo di Israele. Ma è proprio da quella distruzione che parte l’annuncio del Vangelo a tutte le genti. Gli apostoli e i successivi discepoli, pur nella persecuzione e nel pericolo, hanno l’unico compito di accompagnare la gente alla conversione e al perdono dei peccati, attraverso l’incontro con Gesù Cristo.

Dopo la meditazione di monsignor Libanori, l’arcivescovo ha presieduto l’Eucaristia col presbiterio della diocesi. Il Vicario generale per la sinodali, monsignor Stefano Ottani, all’inizio della celebrazione ha letto l’elenco dei sacerdoti e dei diaconi morti in quest’ultimo anno. Particolarmente lunga è stata anche la lista degli gli anniversari di ordinazione sacerdotale che si sono voluti celebrare: 25, 50, 60, 65, 70 e 75 anni.

Nella sua omelia il cardinale ha detto: «C’è sempre un’emozione particolare nel raccoglierci in questa casa intorno a Maria, che è nostra madre, che ci fa sentire in ogni stagione della nostra vita quello che siamo: figli. Contempliamo, intorno all’altare e sotto lo sguardo di Maria, quella comunione che ci unisce con le nostre comunità, con la Chiesa universale e con quella comunione verticale, legame con quanti vivono in cielo. Ricordiamo con dolore i tanti fratelli che ci hanno lasciato recentemente, quelli che hanno seminato dove noi oggi raccogliamo e che con la loro santità ci invitano a guardare le messi che già biondeggiano. Sentiamo la grazia di potere celebrare quest’anno la beatificazione di un figlio della Chiesa di Bologna. Don Giovanni Fornasini è uno dei tanti semi gettati a terra per dare frutto, testimoni fino al sangue in quella stagione terribile della pandemia della guerra. Egli superò tante difficoltà perché spinto da tanto entusiasmo interiore, tenace, semplice come deve essere l’anima evangelica, fino a non arrendersi con l’opportunismo o il nascondimento di fronte all’intimidazione dei violenti. Nella prova, pieno di Dio».

Alla fine della Messa i tre sacerdoti che festeggiavano i 75 anni di ordinazione hanno preso la parola. Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, ha sottolineato come la sua vita e la sua preghiera è sempre in atteggiamento di ringraziamento. Monsignor Giulio Malaguti, attraverso le parole di San Paolo ha detto: «Benedetto sia Dio che ci ha benedetto con ogni benedizione, che mi ha scelto come sacerdote, che mi ha fatto come suo figlio adottivo. Per me è bello avere molti anni perché sono più vicino alla pienezza della fede». Don Giulio Cossarini ha ricordato l’omelia di ordinazione pronunciata dal cardinal Nasalli Rocca. Nel 1945 erano stati uccisi nove preti diocesani. I nuovi ordinati, 1946 appunto nove, prendevano il loro posto, con l’aiuto di Dio.

Qui l’omelia completa dell’arcivescovo

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