ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE

1. Carissimi diaconi, vogliamo ringraziare il Signore perché venticinque anni orsono sua Ecc.za Mons. Zarri, che saluto riconoscente, ordinava i primi diaconi permanenti della Chiesa bolognese. Il nostro ringraziamento avviene sulla tomba dell’apostolo Pietro, nella solennità della Annunciazione del Signore. Considero queste circostanze un segno della dolce provvidenza del Padre.

Noi oggi celebriamo l’insondabile mistero del concepimento del Verbo nella nostra natura umana, il mistero della Incarnazione. In essa noi vediamo l’inizio e la sintesi di ogni dono di grazia: da essa nell’economia della salvezza tutto proviene. Anche il vostro ministero diaconale.

Nella seconda lettura abbiamo ascoltato la stupenda interpretazione che l’autore della lettera agli Ebrei fa del Salmo 34,8, e reciprocamente la comprensione divinamente ispirata che egli ha del mistero che oggi celebriamo. «Entrando nel mondo, Cristo dice: tu non hai voluto né sacrificio né offerta … Allora io ho detto: ecco io vengo … per fare, o Dio la tua volontà». Il concepimento del Verbo si inscrive nella volontà salvifica del Padre. Il Verbo fattosi carne pronuncia il suo «eccomi» perché il disegno del Padre – disegno di grazia e di misericordia – si compia.

Non a caso in molte città, durante il Medioevo, questo giorno era il primo giorno dell’anno, l’inizio dei giorni. Come la settimana della creazione ebbe inizio colla divina Parola che fa risplendere la luce, così la settimana della redenzione ha il suo inizio col “fiat” detto dal Verbo «entrando nel mondo»: «veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo».

Ma la Chiesa oggi ama considerare come il «fiat», l’«eccomi» del Verbo che si fa carne risuoni dentro al «fiat», all’«eccomi» di Maria, la sua Madre beata. Dalla congiunzione mirabile e misteriosa di questi due «eccomi» venne a noi «la grazia e la verità». Di fronte a questo intersecarsi dei due «fiat» restiamo stupiti, e pieni di gratitudine adoriamo l’insondabile mistero di Dio.

Mi sia consentita una considerazione, ispirata dal grande Origene nelle sue omelie al Vangelo di Luca. Il sommo esegeta riflettendo sul modo con cui l’angelo Gabriele si rivolge a Maria, la chiama «piena di grazia», ed aggiunge che mai nessuno venne chiamato così: non si ha alcun parallelo nella Scrittura [cfr. Homilies sur S. Luc VI,7; S Ch 87,149]

«Piena di grazia», cioè “pienamente amata”, amata in modo unico e assolutamente singolare. Scopriamo la sorgente da cui scaturisce tutta la vita di Maria: dal consenso a questo Amore divino. è il consenso che diventa sorgente di fecondità, perché “permette” allo Spirito Santo di compiere le sue opere.

2. Il Signore ci dona di celebrare questi grandi misteri sulla tomba di Pietro: di celebrarli nella luce del ministero apostolico.

Cari fratelli diaconi, il Concilio Vaticano II ci ha donato un profondo insegnamento su Maria. La “chiave di volta” di questo insegnamento è il rapporto fra Maria e la Chiesa. Maria, ci insegna il Concilio, è Ecclesiae typus. In Ella cioè si concretizza in grado eminente e si esprime con inequivocabile chiarezza qual è il mistero della Chiesa nella sua più profonda natura. La Chiesa nasce immediatamente dall’obbedienza della fede, ed è già come racchiusa nella radice del consenso mariano. Tutto nella Chiesa ha questa radicazione: il ministero petrino, il ministero episcopale, il vostro ministero diaconale. Sì, perché Pietro, il Vescovo, il diacono hanno detto «eccomi»: perché il Verbo fattosi carne diventi redentore di ogni uomo.

E così, carissimi, Pietro e Maria / ministero apostolico e dignità dei fedeli si incontrano nel “carisma più grande”, il carisma della carità che si dona: l’unica realtà che alla fine rimane in eterno.

Sia questo alla fine la scelta fondamentale della vostra vita: amare, donarsi, servire. Maria viene prima di Pietro nella Chiesa. L’unica gerarchia che resterà per sempre è la gerarchia della carità.

25/03/2009
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