Assunzione di Maria

Abbiamo negli occhi le immagini terribili del disastro di Genova e sentiamo l’orrore per il dolore che questo ha provocato. Davanti alla distruzione e alla morte siamo interrogati tutti sulla nostra fragilità, sul mistero del male e delle sue complicità con l’interesse personale, l’ignavia, degli uomini. Avvertiamo evidente la nostra vulnerabilità e istintivamente ci affaccia l’interrogativo su dove sta il cielo, dov’è finito  e anche da che parte sta e come fare ad arrivarci. Abbiamo bisogno di quel segno di amore di cui parla l’Apocalisse, di quella donna vestita di sole e con la luna sotto i piedi. Il drago terribile che spegne la vita viene a trascinare giù le stelle della speranza. Da Gesù in poi sappiamo con chiarezza che Dio sta dalla parte dell’uomo, già nella scelta di farsi uomo, perché condivide in tutto la nostra debolezza. Nascendo sapeva che sarebbe morto. Gesù ci mostra come essere più forti del male, non scappando dalla debolezza illudendosi della forza della spada o delle apparenze. Dio sta dalla parte nostra e speriamo che l’uomo stia dalla parte di Dio, che poi alla fine è davvero quella dell’uomo stesso! Maria, assunta in cielo, ci aiuta a capire la strada del raggiungerlo e per sentire sempre, anche nelle avversità più grandi, la presenza misteriosa del suo amore.
Maria ci aiuta a capire la strada per il cielo. Infatti la strada è Gesù. Io sono la via, disse. Anche per lei non è una via facile, come la vita vera, così diversa da quella virtuale. Una spada, tante spade trafiggono il cuore. Seguiamo lui, il mite e umile di cuore, il servo, colui che ama e insegna ad amare e troviamo la via del cielo. Per prima ha creduto all’adempimento della Parola, cioè ha preso sul serio il Vangelo, lo ha messo in pratica mettendo da parte i dubbi, le incertezze. È stata umile, ma non mediocre. Non si è gonfiata di orgoglio ma si è fatta innalzare e non ha fatto della grazia un possesso per sé ma servizio per quel figlio promesso, interamente suo eppure per tutti, cui dava la vita e da cui la riceveva. Dire di sì è scoprire la nostra vocazione ad essere santi. Maria scelse di dire “sì” non perché aveva chiaro il programma e tutto gli era stato spiegato dell’incredibile annunzio dell’angelo, ma perché si è affidata. La nostra umiltà non è una condanna, bensì la via per essere davvero di Dio e come Dio. Non è il grande, l’intelligente, chi pensa di avere sempre ragione, chi non ascolta mai, il forte, a compiere le cose grandi. Solo gli umili, come Maria, si lasciano innalzare. E donano la speranza di un Dio che viene tra gli uomini proprio perché la morte non sia l’ultima parola sulla loro fragile vita.  
Uno dei titoli di Maria è la “tutta santa”. Le apparteniamo e la sua santità è quella che ci viene donata nella grazia nel battesimo, cioè nell’essere presi da Dio come suoi figli, generati anche noi da questa nostra madre che è la Chiesa, cui siamo affidati ma che, non dobbiamo mai dimenticarlo, ci è affidata. A tutti noi “discepoli amati”. Quando sentiamo poco l’amore di Dio trattiamo anche nostra madre in modo istituzionale o, peggio, come un’estranea. Questa nostra madre, da amare tanto e da cui farci amare, che vuole essere una famiglia, come Dio ha voluto i suoi e come si è pensato Lui chiamandoci a essere “fratelli e sorelle”, composta da peccatori, ci dona la grazia per crescere verso la santità. Essa ci aiuta a non avere paura della santità, anzi a desiderarla. La santità è migliorarsi, non accontentarsi di quello che siamo, perché l’amore non può accontentarsi e cerca altro amore, mentre dobbiamo imparare ad accontentarci di quello che abbiamo, perché la vita e la gioia non dipendono dai beni! La santità è aprire il cuore all’amore di Dio, sentire il suo amore personale. Essere santi vuol dire capire quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato, quindi perché siamo così, per essere fedeli al nostro stesso essere. Spesso abbiamo pensato, confondendo la santità con perfezione e questa con atteggiamenti esteriori di purezza senza perdono e senza misericordia, che la santità richiede un impegno e virtù a noi impossibili. Santo è chi riflette l’amore di Dio con la sua vita. Dicevano di San Francesco che solo la sua presenza o la fama sembrava “Splendeva come fulgida stella nel buio della notte e come luce mattutina diffusa sulle tenebre; così in breve l’aspetto dell’intera regione si cambiò e, perdendo il suo orrore, divenne più ridente. È finita la lunga siccità, e nel campo già squallido cresce rigogliosa la messe” perché “egli, come ricca sorgente di grazia celeste, dona a tutti le acque vivificanti che fanno sbocciare le virtù nel giardino del cuore”. Un cuore santo, una persona buona, in pace diventa una sorgente di amore e una luce che rallegra, consola, orienta, cambia la vita intorno a sé.
Maria assunta in cielo e tutta santa ci aiuta a comprendere l’invito di Papa Francesco nella Esortazione Gaudete et exultate (34): “Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia”. Il Signore ha messo dentro ognuno di noi una luce che dobbiamo scoprire e che spesso teniamo nascosta sotto il moggio della paura, della pigrizia, dell’orgoglio. Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui, e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. La vocazione avviene quando (GE 24) “Si riconosce qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita”.

Maria si mette in movimento. L’amore si comunica, fa correre verso l’altro. La Parola trasmette gioia e questa fa esultare quello che c’è e che è nascosto nel profondo. Il segreto è, nell’essere e nel sapere di essere “amato”, “amata” da Lui, Gesù, il Signore, ci ama! Allora, con questo amore, la vita diventa una corsa buona, senza ansia, senza paura che finisce altrimenti per distruggerci.  Maria è la donna della parola. La serba nel suo cuore. “Fate quello che vi dirà” chiede ai servitori di Cana, convinta che la parola del figlio avrebbe comunque trovato la soluzione alla fine della gioia di quella festa. Lei è beata non per la fortuna o perché ha allattato il figlio, condizioni non ripetibili. Maria è felice perché ha creduto alla parola di Dio. Il mondo innalza i potenti, i furbi, i ricchi; li celebra, li riverisce, li imbroglia, li lascia soli. L’innalzamento del mondo in realtà delude gli uomini. Dio innalza gli umili, tanto da portarli con sé in cielo. Impariamo anche noi a farci innalzare da Dio che ci rende santi e ad innalzare il prossimo, sollevando pesi che gravano su loro, a volte davvero insostenibili. San Francesco voleva che i suoi frati fossero dei giullari, che cioè donassero gioia perché Dio ama chi dona con gioia.
Diceva: «Che cosa sono infatti i servi di Dio, se non i suoi giullari, che devono sollevare il cuore degli uomini e condurlo alla gioia spirituale?».
Maria ci dia la fede nel Paradiso e la speranza di raggiungerlo. Maria ci aiuti a camminare per la via di Gesù e ad aspirare alla grandezza dell’amore, perché chi aspira cerca e non si rassegna. Maria ci insegni ad operare con bravura e con dedizione nella cura delle cose di questo mondo, in particolare a sollevare chi è debole. Maria ci indichi la via dell’umiltà per essere innalzati da Colui che scende dal cielo per portarci tutti nel suo Regno di pace.

15/08/2018
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