Celebrazione della Passione del Signore

L’amore di Gesù supera ogni limite. Vuole arrivare a tutti, è per tutti, anche per i suoi nemici ai quali dona il perdono perché tutti possano ricominciare. E’ un amore che si estende ad ogni tempo e ad ogni luogo, che ci coinvolge perché è sola misericordia. Facciamo nostro un amore così grande, sovrabbondante. Lasciamoci toccare per davvero il cuore perché diventi più umano, perché ritrovi se stesso. La croce è l’abbraccio del Padre misericordioso. Il vero volto di Dio è la misericordia. Solo per misericordia dona la vita, perdona i suoi crocifissori, apre le porte del paradiso al ladrone pentito e tocca il cuore del centurione. E’ affidata a noi. Noi in realtà abbiamo paura della misericordia, perché ci sembra troppo superare il limite rassicurante della giustizia, delle misure, in realtà così avare, perché facciamo tutti davvero poco: lasciamo poco agli altri, non regaliamo nemmeno il superfluo della nostra vita, per paura, per pigrizia, per banale e rozzo pensare a noi stessi. Che misericordia concreta abbiamo?  Gesù vuole che la nostra miseria incontri sempre il suo cuore, il suo perdono, la sua amicizia. E noi non possiamo avere misericordia? Perdiamo qualcosa? Non dobbiamo far conoscere la misericordia di Dio a tanti che la cercano e non la trovano, che non credono più a niente perché delusi, amareggiati, induriti? Abbiamo sempre tempo oppure la croce è il nostro oggi che ci chiama a fare qualcosa davanti a tante sofferenze? Una misericordia così non ci può lasciare uguali! I farisei non si lasciano toccare il cuore, restano freddi, distaccati, come noi quando restiamo spettatori e abbiamo paura di farci “prendere troppo”, di essere coinvolti. In questo mondo violento, che rivela una terribile capacità di morte in un mare di indifferenza, la misericordia di Gesù e dei suoi amici, dei martiri che come lui non salvano se stessi, ci viene affidata. Vediamo la bontà del Signore e facciamola vedere con la nostra vita a tutti. Restiamo accanto alla croce. Andiamo a trovare chi è malato. Con la preghiera insistente restiamo vicino a chi è colpito dalla violenza e dalla guerra. Tutti possiamo aiutare la sofferenza con le opere di misericordia. Non guardiamo il Signore “da lontano” come Pietro nel cortile del sommo sacerdote, protetti da molte scuse, difesi nelle abitudini.
Il mondo è troppo pieno di croci e noi non possiamo mai abituarci. Queste ci chiedono di non restare distaccati osservatori, chiusi nei giudizi, diffidenti, attendisti, timidi. La croce chiede misericordia e questa ci rende forti, perché ci dona la forza del cuore, quella che è capace di farci uscire dalle nostre paure. Regaliamo interesse, affetto, amicizia a tutti: scopriremo tante sofferenze. Spesso pensiamo di averne noi bisogno. Certo, ma il Signore ci dona tutta la sua misericordia e ci aiuta a capire che troviamo la risposta alle nostre ferite solo guarendo quelle degli altri. In un mondo difficile, minaccioso, pieno di angosce e di paure c’è bisogno di più amore. I giovani sono fragili per la difficoltà ad affrontare tante incertezze. Tanti adulti a furia di pensare al proprio benessere si sentono senza risposte; incapaci di costruire un futuro per gli altri non trovano più nemmeno per loro. Tanti anziani sperimentano l’amarezza del naufragio del proprio corpo e soprattutto della solitudine. Tanti profughi chiedono di essere adottati. Di fronte al nemico invisibile, vigliacco e temibile del terrorismo rifiutiamo di cadere nella trappola dell’odio e difendiamo l’umanesimo, cioè la sapienza umana della convivenza, delle regole del bene comune. Dobbiamo disarmare i cuori, e lo possiamo fare solo conoscendoli, con l’intelligenza e il coraggio che viene dalla misericordia. Tutte le nostre parrocchie e comunità debbono essere più aperte alla sofferenza e diventare luoghi dove questa trova aiuto, ascolto, risposta concreta, attenta e umana. Non dobbiamo essere più misericordiosi in una città con troppo cuori chiusi, aggressivi, che ha troppa indifferenza e poca solidarietà? Diceva don Mazzolari: “La giustizia non basta. La giustizia è nelle mani di pochi, la misericordia è nelle mani di tutti. Dove la giustizia si ferma, la misericordia continua”. Con Gesù vinciamo la tentazione più vera dell’uomo, il vero peccato: salva te stesso, pensa per te, lascia perdere, smetti di volere bene! E’ la tentazione di vincere il male con la forza, come le spade che i discepoli in fondo rivelano di avere sempre portato con loro oppure con l’indifferenza. L’onnipotenza di Dio, del nostro Dio, di questo mistero di amore che si fa conoscere in Gesù, è tutta nella croce. La sua sconfitta è la vittoria di Dio. La corona, com’è posta sul capo di Cristo è perché re è si abbandona al Padre e non si lascia irretire dal male. E’ la nostra vera forza.
Abbiamo di fronte solo questo povero uomo appeso alla croce. Oggi impariamo di nuovo a piangere. Il cristiano non è un operatore sociale o uno specialista di buone opere, ma un cuore che si dispera per la sofferenza dell’altro, la fa sua e cerca le risposte senza accontentarsi finché non le ha trovate. Perché un cristiano vive della misericordia. In Cristo rivediamo le tante sofferenze che incontriamo. Anche la nostra.
La vita nuova, un uomo nuovo, la resurrezione inizia con la misericordia: quella di Gesù che ci regala il suo amore fino alla fine, di più della giustizia; quella che ognuno di noi può avere verso il prossimo.

25/03/2016
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