Epifania – Messa dei popoli

   E’ venuto il Signore nostro re. E’ la gioia dell’Epifania, del Signore che non si nasconde, ma si fa trovare a chi lo cerca con cuore sincero. La condizione degli uomini è spesso avvolta dalle tenebre e dalla nebbia. Il buio spegne la vita, brutalmente, come la guerra e la violenza, che uccidono bambini, i tanti santi innocenti vittime di un mostro che non rispetta la fragilità e rivela come l’uomo non conta nulla. Il buio oscura e cancella l’umanità tanto che ci interroghiamo dov’è finito l’uomo, cosa abbiamo fatto e facciamo dei tanti doni affidatici, delle possibilità e dei mezzi che abbiamo e perché queste sono usate per distruggere e non per difendere, per alzare muri invece che costruire ponti, per fabbricare le lance invece che per le falci. Sono le tenebre improvvise e inquietanti del terrorismo, epifanie del male, diffuso, nascosto, brutale e definitivo com’è, aiutato da una violenza ordinaria alla quale non possiamo e vogliamo mai abituarci. Poi c’è la nebbia, che tutto attutisce, dove si finisce per vagare, dove la luce c’è ma non illumina, dove manca la speranza ridotta a grigiore, dove non si crede ad un cammino largo, perché non si vede lontano. E’ la nebbia della disillusione, amara, convincente, per la ci si accontenta del poco che si vede e si ha vicino.
   Epifania è la luce che si rivela a noi che viviamo in questa condizione. Non è una delle tante luci cangianti, attraenti offerte dalle felicità a poco prezzo, che illudono, rassicurano e poi si spengono quando la vita diventa vera, quando non convieni più, quando ti trovi solo con te stesso a fare i conti, quando devi “sopravvivere alla solitudine”, come mi hanno scritto due sorelle anziane sotto Natale. La luce dell’Epifania si rivela nelle difficoltà della vita, così com’è.  Quando la incontri “sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore”. L’epifania è luce e gioia, che ci rende luminosi come quando siamo amati e sentiamo che il Signore non ci lascia soli, che Dio ci ha dato il suo unico Figlio, un amore così grande da rivelare la sua grandezza proprio nella nostra debolezza. Gesù è entrato nell’oscurità e nella nebbia del mondo, nella fatica di capire, nelle domande sui tanti perché che non trovano risposta, nel dolore e nelle lacrime degli uomini. Epifania è quello spiraglio di luce che anche nelle avversità più grandi ci fa sentire infintamente amati da Dio e per questo più forti del male.
Chi trova l’Epifania di Dio? I magi. Non sanno, ma cercano. Non trovano alla fine del loro camino una verità convincente, che si impone, perché la verità è quel bambino, la sua presenza, il suo amore e basta. Vengono da lontano. Davanti a Gesù non esiste più divisione alcuna di razza, di lingua e di cultura, ma c’è l’uomo così com’è. E’ la gioia di oggi, anticipo del mondo di domani, dove saremo tutti diversi e tutti assieme. Sono i magi che ci aiutano a capire quello che conta e come si trovano le risposte che in realtà tutti cerchiamo. Essi hanno cercato una speranza e l’hanno trovata perché si sono messi in cammino. Non si accontentano perché hanno bisogno di luce. Non si sono fatti rubare la speranza dal cuore, non si sono arresi alle prime difficoltà, non sono rimasti a fare piani senza alzarsi dalle abitudini e sicurezze, non chattano comodamente per trovare tutte le emozioni a domicilio, da dove tutto appare possibile e dove poi si finisce isolati ancora di più. Camminano, escono da se, si mettono in movimento, vanno verso gli altri ancora quando sono al buio, pieni di incertezza. Hanno bisogno di trovare la luce vera, quella che illumina davvero e non delude, non una consolazione per andare un po’ avanti. Cercano il logos, che significa anche il senso, per trovare la risposta alle domande della vita, come essere uomini e cosa significa il mio essere uomo. Ogni persona, in tanti modi, è sempre un cercatore di Dio. Essi forse all’inizio pensavano la risposta fosse a Gerusalemme, nei palazzi dei potenti, del successo, dove si può ottenere la considerazione e il ruolo, quello che Erode offre a tutti, anche a loro proponendo di diventare suoi complici, irretendoli nella sua rete. I magi hanno la stella. Per noi è la Parola di Dio, vera lampada per i nostri passi, che ci guida sempre nelle difficoltà e ci porta nelle tante Betlemme dove incontriamo la presenza di Gesù. Ma la stella dobbiamo seguirla, altrimenti la perdiamo. “Le difficoltà sono in agguato? Affrontale in piedi? Nel benessere siate fratelli. Nella sofferenza siate uomini. E guardate in alto, sempre più in alto. Per asciugare le lacrime nulla è meglio che fissare una stella”, diceva Raul Follereau. Scrutare in alto ci fa vedere in basso, ci fa cercare le cose umili e essere umili perché soli così possiamo vedere quello che conta per davvero.
Davanti al re che viene ci sono tre risposte. Quella di Erode, che vede immediatamente nell’atro un rivale, un nemico, si sente minacciato perché è egocentrico. Egli prende e non dona, giudica tutto secondo il potere, la convenienza. C’è quella degli abitanti di Gerusalemme, che non si muovono, hanno la verità, perché posseggono la risposta, ma si accontentano di saperla, senza metterci in cammino, chiudendosi, aspettando senza fare nulla; non rischiano e alla fine sono indifferenti. Si pensano al centro e non escono per andare in periferia perché non vogliono misurarsi con il rischio e la fatica della ricerca, del cammino. E poi ci sono i magi, che vanno a Betlemme, in una casa dove la stella li guida. Sì, perché la Parola di Dio, se la teniamo in alto, ci porta a riconoscere la presenza di Cristo, il Verbo che si è fatto e continua a farsi carne. E’ la Betlemme dell’Eucarestia, dono, centro di tutto, punto di arrivo, che realizza la speranza e allo stesso tempo apre sempre il cammino davanti a noi. I magi donano quello che hanno. Lui è il vero re, per il quale abbiamo gioia a regalare quello che abbiamo di più prezioso. Offrono l’oro, la capacità e la fedeltà di amare; l’incenso, la capacità di desiderare, di cercare quello che ancora non c’è, di onorare l’altro; la mirra, che cura le ferite e protegge la debolezza e la fragilità dell’uomo, la capacità di aiutarsi deboli come siamo. I magi hanno capito il segreto di Dio, cioè che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Anche per questo non ripasseranno più da Erode. Chi trova Dio è libero dalla logica persuasiva del potere, del pensare a sé che rende violenti o indifferenti. Ma essi cosa hanno trovato, una prova definitiva e evidente? Un bambino. Si, in lui hanno visto la speranza.  Dio non fa vedere la sua forza per schiacciarci e costringerci a credere, ma ce la mostra e ci insegna a riconoscerla nell’amore di Gesù per scoprire la sua presenza anche in ogni uomo amato da Lui e nei suoi fratelli più piccoli. Quella luce, quella della stella e quella del re bambino, i magi la portarono con sé e diventarono essi stessi raggianti, come delle stelle che rivelano con la loro bontà e generosità la bellezza del Regno di Dio. I cristiani sono come i magi: dei pellegrini che hanno trovato la luce, che hanno visto la verità e che continuano a camminare perché con la loro gioia e il loro amore possono aiutano i cercatori di vita e di speranza a vedere. Essi diventeranno Epifania. A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen.

06/01/2017
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