Esequie Mons. Brandani

L’angelo della morte ha bussato a questa comunità di Castel Maggiore, Bondanello. Forse è stata la prima parrocchia che ho visitato. Ricordo la gioia e l’accoglienza affettuosa di don Pierpaolo e di questa sua famiglia. Infatti questa casa era “la vita in abbondanza” che univa i suoi fratelli, Maria Pia e Giuseppe, i suoi familiari e i tanti, tantissimi che sono l’abbondanza di una vita piena donata dal Signore a chi lo segue.
Guardava queste mura e brillavano gli occhi, in quel modo tutto particolare con cui lo ricordate, quando parlava o vedeva qualcosa cui era particolarmente legato. Gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima e Pierpaolo non nascondeva la sua emozione. Guardava le forme della chiesa e si convinceva delle sue scelte e della bellezza della vita dietro al pastore buono che conosce le pecore una per una (come don Pier Paolo sempre così accogliente e familiare). E’ stato davvero un pastore buono. Ha riconosciuta la voce di questo pastore e l’ha seguito. Lo ha fatto in maniera originale, com’era Pier Paolo, come vocazione adulta, dopo avere lavorato. Ricordiamo il servizio prima a Castelfranco Emilia e poi a San lazzaro. Don Pierpaolo ci aveva abituato alle situazioni difficili e poi ad una ripresa sorprendente. Sembra quasi impossibile che questa volta non ce l’abbia fatta, riprendendo il suo tratto ironico, la battuta con cui stemperava le situazioni difficili e manifestava la ritrovata vitalità ed il suo interesse per l’altro.
Questi mesi di sofferenza e di incertezza sono stati sempre sostenuti dalla comunità, dall’affetto di tantissimi. Ed era per lui una enorme consolazione. Doveva decidere cosa fare. In realtà non voleva decidere perché legato a questa Parrocchia e trovava sempre la protezione di don Riccardo e don Luca, così come dei suoi amici. Quanto era orgoglioso quando mi parlò dei suoi “ragazzi” diventati ovviamente uomini, che gli avevano garantito di aiutarlo! Burbero, ma sincero, non si poteva non volergli bene, anche nelle sue convinzioni e impuntature, in quelle furbizie che però non sapeva nascondere anzi che manifestava apertamente. La costruzione di questa casa non è stata soltanto un fatto tecnico, ma manifestava tanto della sua visione di chiesa e di comunità, della sua libertà pastorale, della scelta della corresponsabilità. “Con più fate voi, con meno faccio io”. La comunione con i preti. La confessione.
Guardava avanti e cercava sempre di starci. Ma come posso servire la chiesa?, mi chiedeva pensando al suo futuro.
La morte rivela la debolezza di uomini e donne indifesi di fronte alla forza soverchiante del male che, come una belva, senza logica o rispetto delle età e della bontà, ghermisce la vita umana. La morte rivela il limite e questo ci aiuta a capire chi siamo e quale è la realtà in cui siamo immersi: siamo come in una guerra, dove casualmente l’uno viene colpito dopo l’altro. Il cristiano è un combattente. Dice Paolo: “Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di carne, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male… Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove” (Ef 6, 11-13). La morte ci ricorda che il tempo è poco. Si consuma velocemente il tesoro del tempo affidatoci. E va speso per l’amore di Dio e dei fratelli. Non nasconderlo sotto terra! Non possiamo vivere sotto il dominio dell’avarizia e della paura di spendere troppo di noi, paura di rischiare o di morire. Non si può vivere avendo paura di morire o di sprecare il tempo per gli altri. La nostra fede viene provata. Egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Gesù, ed è la nostra fede, ci cammina avanti anche nell’affrontare la sofferenza e il limite della vita stessa. Non ci lascia soli. Lui ha fatto suo il nostro dolore, quello di chi perde tutto; piange per lazzaro e non accetta che la pietra sul sepolcro sia l’atto finale sulla sua vicenda umana. Vieni fuori, ordina. Gesù cammina avanti nella difficile via dolorosa, perché la nostra vita non si perda, perché non ci smarriamo. Ci porta incontro agli altri, ci incoraggia nella tristezza, ci corregge nella dispersione. Nel suo amore, abbraccia, accoglie, quasi assorbe la vita di chi muore, tanto che si può dire che, se muore, vivrà. Sappiamo che non siamo separati da lui e che lui resta con noi e per noi intercede. Pensiamo allora Pier Paolo nella liturgia, nel profumo della santa cena, che presiedeva sempre con tanta passione e tanta fede. Nella liturgia, sono uniti i vivi e i defunti. Noi che restiamo quaggiù siamo consolati, aiutati da lui. Il Signore è il mio pastore. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Il astore buono vuole per noi la vita e la vita in abbondanza. Questa non si misura con quello che noi crederemmo darci vita. L’abbondanza è l’amore dato e ricevuto, sono i frutti nascosti eppure i più veri regalati agli atri, persi per noi, in reaaltà conservati nel vincolo di amore.
Ringraziamo con affetto don Pierpaolo perché ha donato e ha trovato tanto amore. Oggi lo celebra pienamente nella casa del Padre. Prega per noi, Pier Paolo.

09/06/2017
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