Solennità del Corpo e Sangue del Signore

Siamo nel pieno del Congresso Eucaristico e questa celebrazione è un ulteriore
e grande rendimento di grazie per il mistero di amore che siamo chiamati a
contemplare, ad amare, a gustare, a scoprire, a condividere. Ne abbiamo bisogno
per rimettere al centro Lui e capire, anche fisicamente, dove è il centro della
nostra vita, chi seguiamo per davvero. Sperimenteremo come mano a mano che ci
avviciniamo a Lui diventiamo, come i raggi del cerchio, più vicini anche tra
noi. Solo il suo Corpo ci trasforma nella comunità dei discepoli, senza perdere
la concretezza tutta umana delle nostre persone. L’apostolo Paolo ricorda ai
Corinti come “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo:
tutti infatti partecipiamo all’unico pane”. Sperimentiamo ed amiamo questa
unità che rende i nostri cuori una cosa sola? Essere “un solo corpo” non è un
momento pur importante di incontro, un ideale condiviso, ma comunione, dono del
Corpus Domini che diventa fraternità, servizio reciproco, lavarsi i piedi l’uno
all’altro. Quanto c’è bisogno di essere uniti! Non uguali: uniti! Non isole, ma
fratelli, amici, che si riuniscono, chiamano altri perché insieme spezzano il
pane del Signore. La comunione tra i fratelli manifesta la presenza di Gesù,
genera “benché molti un solo corpo”. La divisione più temibile tra noi non è
solo quella – sempre pericolosa e occasione di scandalo –  dell’aperta
contrapposizione, delle chiacchiere che seminano ostilità, dei giudizi temerari
o senza amore che rischiano di condannare le persone, del protagonismo che
cerca il proprio ruolo e considerazione, l’imposizione dei propri punti di
vista. La divisione che limita e svuota l’unità e che la rende un simulacro è
quella, più indolore e invisibile, della distanza, dell’indifferenza pratica,
dell’autonomia che diventa individualismo. Il Corpus Domini ci ricorda quanto è
santa l’unità, generata dal partecipare all’unico pane, paga a caro prezzo. Non
è forse la nostra forza? Non ci indeboliamo quando rimaniamo distanti? Potremmo
anche parafrasare con Lercaro la Didachè e dirci che se mangiamo assieme il
pane del cielo condividiamo tutto tra noi e come possiamo non essere fratelli?
La comunione non è una somma di persone, un patteggiamento tra caratteri e
individualismi, una rete virtuale, ma il concreto pensarci gli uni per gli
altri, sempre secondo la strana matematica di Dio per la quale solo così si
diventa uno e solo così non si perde l’originalità del personale carisma. Il
Corpus Domini genera questo Corpus Domini che è la chiesa, la comunità dei
fratelli e delle sorelle. Chi si nutre del Corpo e Sangue di Cristo non può
nello stesso tempo offendere quel medesimo Corpo tra le sue membra. Se Gesù non
si vergogna di noi, se ci cerca e si fa nutrimento nonostante il nostro
peccato, abbiamo cura di onorare e venerare il Corpus Domini non soltanto nella
bellezza e nel rispetto della celebrazione, ma anche in quella carità tra
fratelli e verso i nostri fratelli più piccoli che sono i poveri.
Oggi mettiamo al centro di tutto, della nostra vita e del nostro cuore Gesù e
Gesù solo. Facciamolo anche nelle nostre giornate, sgombrandole dal superfluo
che ci sembra indispensabile e ci fa perdere tanto tempo. Scegliamo la
preghiera e l’ascolto. Se lui non è al centro facilmente ci dimentichiamo
mandiamo via la folla; smettendo di ascoltarlo diamo retta solo alla
convinzione che non abbiamo niente da dare o che abbiamo già fatto abbastanza.
Senza ascoltare e mettere in pratica la sua Parola, voce del Corpus Domini,
finiamo per tenerci i cinque pani, scettici, svuotati di fiducia che la storia
possa cambiare o tristemente calcolatori del possesso, credendo che donarli
significhi privarcene, mancarne, perderli. Senza di Lui penseremmo che siamo
stati noi a fare tutto, con quell’istintivo e banale protagonismo che ci porta
sempre a farci un’idea alta di noi stessi, a crederci da amministratori di
essere padroni, mettendo noi al centro, scambiando il fatto che Gesù usa noi e
i nostri cinque pani con la convinzione orgogliosa del nostro.
Il Signore “rimane con noi”. E’ la sua promessa, la sua volontà ed anche la
nostra invocazione più sincera e personale, “resta con noi”. L’Eucarestia è il
Signore che rimane con noi e ci rende una cosa sola con Lui e tra noi.  
Troviamo così la forza per andare incontro agli altri, che altro non è che il
fuoco del suo amore con il quale ci fa ardere il cuore nel petto. Questa
esperienza che viviamo sia assieme sia singolarmente, richiede, però, silenzio,
tempo, attenzione perché il Signore riesca a trovare la strada del nostro cuore
e non sia ridotto ad una mediocre emozione passeggera. “Occorre sempre
coltivare uno spazio interiore che conferisca senso cristiano all’impegno e all’
attività. Senza momenti prolungati di adorazione, di incontro orante con la
Parola, di dialogo sincero con il Signore, facilmente i compiti si svuotano di
significato, ci indeboliamo per la stanchezza e le difficoltà, e il fervore si
spegne” (EG205). Quando sentiamo la dolcezza e la forza del suo amore nel
profondo del nostro cuore, senza filtri e diaframmi, finalmente senza
giustificazioni e difese, comunichiamo a tutti il suo amore. Se Gesù è al
centro della nostra vita e del nostro cuore, andiamo incontro agli altri. Le
nostre paure e limiti non li vinciamo con un coraggio o capacità che non
troveremo mai e non ci sono chieste, con l’organizzazione con cui pensiamo
sostituire la carità sempre imprevedibile e “di più”, con l’intimismo per cui
ci basta provare noi le sensazioni, ma solo perché pieni del concreto,
personale, esigente amore di Gesù. Questo cibo è povero per farci trovare l’
essenziale e liberarci dalla sciocca avidità verso le cose o verso il
possedere. E’ un pane personale, che ci aiuta a trovare noi stessi; è nostro,
perché genera comunione; è per tutti, perché ci fa sentire ed essere parte di
una famiglia di fratelli. Il Signore non ci dona una legge da applicare, ma se
stesso, perché non ci perdiamo; perché non dubitiamo del suo amore. L’unità si
crea e si ricrea. Questa è la gioia. Rendiamo grazie.
Ecco, tra poco usciremo assieme dietro a Lui, per portare Lui, per guardare
con i suoi occhi la folla, per vedere la profondità del reale, come dice la
Lumen Fidei e non abituarci mai alla sofferenza del prossimo; per essere con
Lui una cosa sola anche quando siamo lontani, per conoscere i tutti per i quali
è spezzato il pane e versato il vino e che Gesù ci indica.
Cantiamo con Giovanni Crisostomo: “Il Signore è generoso ed accoglie l’ultimo
come il primo. Accoglie nella sua pace l’operaio dell’undicesima ora come colui
che all’alba ha iniziato il lavoro. Entrate tutti nella gioia del nostro
Signore, primi e ultimi ricevete il salario. Non guarda soltanto l’opera,
penetra nell’intenzione del cuore. La tavola è imbandita, venite tutti senza
riserva. Il vitello grasso è servito, tutti si sazino. Partecipate al
banchetto, al banchetto della fede, attingete tutti alle ricchezze della
misericordia”.

15/06/2017
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