Apertura Anno giubilare mariano a Caltagirone

L’incontro con Maria è sempre una grazia, cioè un dono. Con Lei ritroviamo noi stessi. Ritrovarci? Ci siamo perduti? Sì, ci perdiamo facilmente, navigando condotti dalle correnti digitali ben studiate da qualche algoritmo. Ci perdiamo gonfiando il nostro io e confondendo felicità con il benessere individuale, senza il prossimo.

Per trovare noi stessi dobbiamo cercare il collegamento più importante, quello con l’anima e con Dio, con quel motore di ricerca di cui siamo dotati e che usiamo così poco che è la nostra coscienza e questa madre. Non dimentichiamo che la Chiesa è per prima cosa una comunità e quindi non viviamo a casa come fossimo degli estranei! Maria è una madre e la Chiesa è la casa di questa madre, la nostra casa, non un albergo o un’azienda. Qui ci ritroviamo figli e fratelli.

È maestra, perché ci aiuta a vivere, ma è prima di tutto madre e proprio per questo ci aiuta a vivere. Quando ritroviamo nostra madre capiamo da dove veniamo, il tanto che ci unisce ai fratelli. Qui siamo aiutati a mettere da parte i litigi e le divisioni, anche quelle silenziose, mute e sorde che sono le peggiori.

Infatti l’unica cosa che le nostre mamme vogliono, e quella celeste non fa eccezione, è che i figli non litighino tra di loro, si vogliano bene, si aiutino nelle necessità, si preoccupino se il loro fratello più piccolo manca di qualcosa o ha bisogno di essere visitato. E ci coinvolge nel fare qualcosa per lui, perché è una madre e non lascia mai nessuno solo, specialmente il più debole. Non abbiamo Dio per Padre se non amiamo la Chiesa come nostra madre.

Così capiamo che siamo dei figli e finalmente scopriremo di avere tanti fratelli, financo quelli che erano i nostri nemici! Sappiamo che Maria, come ogni madre, soffre quando questo non avviene. Ricordare le lacrime di una madre che piange per i suoi figli ammonisce tante resistenze del cuore, la dissennatezza del vivere e ci aiuta a convertirci che più di una disciplina è seguire l’amore.

Qui siamo aiutati a cercare la riconciliazione, a non vivere interpretando tutto “politicamente” o “economicamente” cioè se mi conviene o no. Siamo a casa, che non significa certo pensare tutti la stessa cosa o diventare uguali, ma ricordarci che siamo fratelli e che l’unico interesse è amare questa nostra casa comune.

La Madonna del Ponte è un titolo bellissimo. Qui incontriamo una sorgente di acqua. San Giovanni XXIII diceva che la Chiesa è la fontana del villaggio dove chiunque può andare a bere. E ci vanno soprattutto quelli che hanno sete. Maria genera nel mondo il Signore Gesù, l’acqua che toglie la sete.

Gesù ha sete di noi e fa sua la nostra sete di vita, di futuro, di amore vero. Ma come disse alla donna samaritana l’acqua che Lui ci dona diventerà in noi “una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14). Etty Hillesum, vissuta durante la pandemia della seconda guerra mondiale, manifestazione ultima del virus di ogni nazismo e razzismo, poco prima di essere deportata ad Auschwitz dove verrà uccisa, scrisse: “Dentro di me c’è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente è coperta di pietre e di sabbia: in quel momento Dio è sepolto, bisogna allora dissotterrarlo di nuovo”.

Ecco, in questo luogo siamo aiutati a liberarla da quelle pietre e sabbia che la coprono, pietre di diffidenza, paura, peccato. Solo con la riconciliazione si vede bene. Altrimenti restiamo come quelli a cui parlava Gesù, che hanno occhi e non vedono oppure come i discepoli di Emmaus che vedono il pellegrino che si affianca a loro nel cammino ma non lo riconoscono, cioè non lo vedono. Puliamo gli occhi con questa acqua buona per poter vedere. E se il nostro cuore è limpido, non perché perfetto ma perché reso puro dall’amore e dalla misericordia di Dio, anche i nostri occhi saranno limpidi e sapranno contemplare il volto di Maria.

Quanti erano nella grazia di Dio si rendevano conto della visione miracolosa. Anche gli altri la cercavano, ma non cambiavano il cuore, per curiosità, restando sempre gli stessi: e non trovavano nulla. La grazia è come la vetrata di una chiesa che, raggiunta dalla luce, diventa splendente di colori e rivela tutti i tratti altrimenti invisibili. Anche gli altri vedono così la bellezza della nostra persona e noi, pieni di luce da donare, illuminiamo la vetrata del prossimo, i tratti impressi da Dio in quella persona, chiunque, il senso più vero del nostro io. È la gioia di rinascere, dell’uomo vecchio che diventa nuovo.

Questo è il vero miracolo: sentire nel cuore con chiarezza, con trasparenza, la luce bellissima di Dio che trasfigura la sua e nostra umanità. Non un’altra persona, non un fantasma o un super eroe. La sua luce è tutta umana e tutta divina, di amore pieno che è la sua e nostra gloria. Insomma quella fanciulla povera può essere ognuno di noi. Le cose di Dio non le capiamo da sapienti e intelligenti, ma da piccoli! Non è questione di titolo di studio ma di cuore!

Quando ci crediamo furbi e approfittiamo degli altri, quando ci facciamo arroganti per un po’ di ruolo, pesanti con i giudizi e la supponenza, quando imponiamo con violenza o astuzia i nostri personali interessi, quando inganniamo il prossimo e peggio la sua buona fede, in realtà ci costruiamo un inferno perché ci priviamo dell’amore.

A volte lo capiamo, amaramente, come quando abbiamo pensato: non avevo capito quanta bellezza avevo, quanta felicità mi circondava e non capivo, non davo importanza perché correvo alla ricerca di altro, ingannato da altro. Qui, in questo anno di gioia e di conversione alla gioia, mettiamoci davvero di fronte a noi stessi senza inganni, senza giustificazioni, senza navigazione digitale, scendendo per davvero nel nostro io per trovarci Dio e per sentirci il suo amore.

Quando siamo umili, cioè siamo quello che siamo perché siamo in realtà tutti dei mendicanti di amore e tutti dei poveretti, smettiamo di essere voraci predatori di amore, che posseggono perché pensano che c’è gioia nel ricevere e non nel dare. La grazia non è uno stato indipendente dalla nostra volontà o frutto di coincidenze astrali.

Oggi, festa della Trasfigurazione, capiamo cosa ci mostra Gesù: la bellezza della sua vita e quindi della nostra vita, la sua gloria, la luce che viene da dentro, che illumina gli occhi, che diventa accoglienza, empatia, consolazione. La grazia non è non sbagliare. Questo lo pensavano i farisei ed erano solo degli ipocriti, come noi che curiamo l’apparenza e non quello che abbiamo dentro.

La grazia non è una perfezione che non ci è chiesta che ci rende, anzi, curiosamente lontani dalla vera grazia perché ci amiamo da soli invece di abbandonarci all’amore di Dio. Il perdono ci restituisce ad una vita trasfigurata, che è la nostra più vera e bella. Per Maria non saremo mai il nostro peccato e lei intercederà per noi, conducendoci a Gesù per essere davvero suoi. Ascoltiamo Gesù e diventeremo anche noi luminosi.

Altrimenti sapremo riconoscere nel prossimo solo la sua pagliuzza e così tutto diventa brutto, respingente, e se tutto è così ci abbrutiamo e cerchiamo solo quello che serve a me. Abbiamo enorme bisogno di questa bellezza, tanto più dopo il grigio, il buio di tanti giorni che hanno spento i cuori, che ci hanno fatto sentire soli. Dopo la pandemia non si tratta di chiudere la parentesi ma di cambiare e metterci a lavorare, vivendo il vangelo in modo nuovo.

Non abbiamo paura a chiedere perdono: non è una tassa da pagare, un sacrificio, un’umiliazione inutile e che castiga il nostro io. È esattamente il contrario: il sacrificio vero è portarci appresso un cuore appesantito da tanti odi, giudizi, resistenze, violenze che fanno male a noi e agli altri! Che vita è quella dell’orgoglio che ci fa credere importanti, ci gonfia e poi non sappiamo amare e farci amare? Il perdono ci aiuta a non scappare più da noi stessi e a ritrovare l’immagine più vera che abbiamo impresso dentro di noi!

C’è bisogno di uomini nuovi, forti nel perdono (l’odio è in realtà debole e ci fa prigionieri, il perdono è forte e ci rende liberi) capaci di chiedere perdono e di perdonare! In questi mesi abbiamo faticosamente capito quanto il male esiste ed è temibile, indipendente da noi. Siamo vulnerabili e non invulnerabili – che inganno! – perché abbiamo il benessere! Il benessere ci fa credere che a noi non accadrà. Il virus ci ha fatto scoprire qual è la nostra forza e quello che serve.

Ci ha ricordato che io sono se sono unità con gli altri. Se io vivo male faccio del male agli altri e non mi faccio nemmeno gli affari miei, perché rovino anche la mia vita. Il vostro Vescovo ha scritto che c’è bisogno di fiducia. La fiducia in noi stessi non la troviamo con l‘affermazione a tutti i costi del nostro io, magari contro qualcuno per fare vedere finalmente chi sono, facendo a meno degli altri. No, non è questo trovare fiducia in sé.

La troviamo solo se qualcuno ha fiducia in noi, ci perdona, sa aspettare, fare crescere, addomesticare, correggere. È una luce che in realtà nessuno ci può portare via, perché la abbiamo nel cuore e ci permette di sconfiggere anche il buio e la disperazione più profonda.  Gesù la vita la vuole in abbondanza! È venuto per questo, non per intristirci. Molti si chiedono dopo la pandemia: saremo diversi o torneremo quelli di prima? Dipende da noi.

È la nostra scelta. Non perdiamo una sfida così importante per cambiare noi e rendere migliore il mondo, pensando soprattutto a chi viene dopo di noi e guardando con fiducia il nostro futuro. Sia davvero un anno giubilare, di cambiamento, di innocenza ritrovata, di fiducia in noi stessi e nel prossimo per vedere i tanti doni riflessi della gloria di Dio che è quella più vera dell’uomo, quella dell’amore.

Caltagirone, Madonna del Ponte
06/08/2021
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