Festa di San Giovanni Bosco

Tutti noi sperimentiamo tanta incertezza di fronte al mondo pericoloso, minaccioso, incomprensibile. Cosa fare? Pensiamo sempre che non dipenda da noi, che non possiamo fare molto e così rinunciamo a fare quello che è possibile. Spesso vogliamo essere sicuri prima di iniziare e abbiamo quasi più paura di sbagliare che di fare qualcosa che serva comunque a rendere migliore il mondo. Facilmente pensiamo che il vero problema sia “salva te stesso”, “pensa a te”. Non “prima le donne e poi i bambini”, come vedevamo nei film, cioè prima i più deboli, ma rozzamente o in maniera raffinata “prima io”. Ma non stiamo bene da soli e non salviamo noi stessi se la barca affonda per tutti! Dio ci aiuta a vivere bene sulla terra e chi prende sul serio il Signore prende sul serio se stesso perché capisce che è quello che gli serve e non fa di sé il centro di tutto.

Chi prende sul serio Dio si accorge del prossimo e lo ama, non lo usa, non pensa che non abbia niente a che vedere con la sua vita. Dio ci rende davvero sapienti nel senso che ci fa capire quello che conta nella vita e non la fa perdere. Dio rende sapiente chi non ha studiato, chi ha sbagliato, chi non capisce proprio tutto, chi dimentica presto, chi è incerto! Sapiente è chi sente il suo amore e non ha paura di amare, perché Gesù non possiamo ridurlo ad un’etica, non è un codice di comportamenti da seguire ma amore da ricevere e regalare.

Noi, spesso, invidiamo le persone forti, di successo, quelli che sembra la sappiano sempre lunga, che danno lezioni e giudizi, gli influencer, che molte volte per convenienza economica fanno e mostrano come si fa. Viene il sospetto che tutto quello che fanno serva piuttosto a loro. Dio, il più forte, è un amico tenero, vero, che ascolta e capisce perché non si stanca di noi. Quello che è stolto per il mondo, cioè insignificante, senza valore, senza importanza perché senza apparenza, tanto che pensiamo non valga nulla, le parti che nascondiamo anche a noi stessi, la nostra debolezza: ecco, Dio ha scelto proprio questo per confondere chi si crede sapiente. Non dobbiamo fare finta di essere forti, ma deboli come siamo cerchiamo la vera forza, l’unica che rende bella e piena la nostra vita e che non finisce: l’amore.

Gesù parla di felicità e ci indica come essere felici, deboli come siamo, San Giovanni Bosco indica sempre una via di gioia. Ci aiuta lui, che è stato beato, ha trovato vita, era gioioso e ha donato tanta vita e gioia. Non si comunica gioia se non la viviamo! E gioia piena, felicità, non uno stato d’animo che finisce cambiando la situazione. La gioia è anche più forte della sofferenza. Chi vive la sofferenza sentendo l’amore di Dio e delle persone intorno a lui spesso dice “mi ha aiutato”, “mi ha fatto bene perché mi ha liberato da tante cose inutili”.

Ad una generazione come la nostra, ossessionata dalla ricerca del benessere e che scambia questo per gioia, contrapponendo così gioia a fatica, sacrificio, sofferenza, Don Bosco continua a regalare felicità vera a tanti ragazzi ai quali dona consapevolezza, fiducia in sé, conoscenza, capacità di esprimere quello che ognuno è. La sua festa, e di questa famiglia, cade a pochi mesi di distanza da una ricorrenza importante per la Famiglia Salesiana: cinquant’anni dalla beatificazione di don Michele Rua, che fu il primo successore di Don Bosco. Era un grande educatore. Oggi sembra così difficile educare, perché richiede di essere se stessi e di amare il giovane come un figlio. A volte pensiamo: «mi educo da solo», «trovo quello che serve nella grande navigazione di internet». L’educazione non è una risposta o una lezione, ma esperienza con qualcuno che mi aiuta ad essere me stesso. Sono poche le persone che oggi vogliono educare e pagare il prezzo per farlo. Sembra una cosa in più! Gli adulti pensano di poter restare sempre quelli di sempre, sfuggire la responsabilità scaricandola su qualche professionista – come se fosse la stessa cosa – sentendosi fragili e quindi in diritto di essere curati.

Don Bosco dava a tutti una medaglietta. In uno di quei giorni, arrivato il turno di Michele, il sacerdote fece un gesto strano: gli allungò la mano destra, fece finta di tagliarla con la sinistra, e intanto gli disse: «Prendi, Michelino, prendi». Il ragazzo non capì subito, ma Don Bosco gli spiegò: «Noi due faremo tutto a metà». Ma fare a metà di che cosa, dato che il sacerdote non aveva nulla?

Ecco che arriva la risposta di don Bosco: «Dolori, cure, responsabilità, gioie e tutto il resto saranno per noi in comune». Ecco la beatitudine, la gioia che si condivide sempre non è mai un fatto privato come la gioia del mondo. Fare a metà vuol dire non dare quello che avanza ma tutto quello che ho, ed è possibile se lo faccio solo per amore. Condividere significa aprirsi agli altri senza timori, sentendosi coinvolti nelle gioie e nelle fatiche dell’altro, ed è uno dei modi migliori per far sentire importante la persona con cui entro in relazione pensandola così speciale da poter fare qualcosa insieme a me. L’educazione salesiana è proprio far sentire il giovane protagonista a scuola, nel cortile, nel centro di formazione professionale o in oratorio, affrontando le sfide possibili e pensandole sempre secondo le potenzialità di ciascuno. E ognuno ha le sue perché a tutti dobbiamo riconoscere il merito perché l’educazione deve scoprirlo in tutti. Merito non è questione di classifiche ma di riconoscere il dono di ciascuno e il proprio! La vera educazione del cristiano è l’opposto dell’individualismo che prende per sé ma non divide con gli altri, difende l’individuo ma non il noi. Nel mondo di oggi, fatto di marketing e di slogan, verrebbe da dire che, grazie alla condivisione, il “noi siamo” diventa sempre il doppio di “io sono”. E chi riceve regala, in una circolarità che aiuta tutti a pensarsi per gli altri. Solo così si sta davvero bene.

Grazie don Bosco per aver avuto fiducia in quel bambino timido e impacciato che pur non capendo si è comunque fidato e si è lasciato guidare. Grazie don Rua per aver fatto veramente a metà, e per aver continuato a portare l’esperienza salesiana in giro per il modo. Con la vostra opera avete portato la speranza in una vita migliore e piena di senso ai giovani più disperati. Questo è il vostro testamento ed è la missione che non solo la famiglia salesiana ma tutta la Chiesa deve portare avanti seguendo il vostro esempio.

Bologna, Cattedrale
28/01/2023
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