Messa per festa San Tommaso d’Aquino per la Fter

La Sapienza. Ne abbiamo tutti bisogno. Come si vive senza? Sentiamo forte in questa casa la voce di San Domenico che ci ricorda come essa non si studia su un libro ma sulla carità, e non si smette mai di farlo, anzi più si impara più abbiamo desiderio di imparare. La carità illumina il libro della vita, quello che è nei cieli e dove dobbiamo preoccuparci siano scritti i nostri nomi, ma solo se la viviamo e la studiamo qui, sulla terra.

Gesù benedice il Padre perché nasconde il mistero dell’amore ai sapienti e ai dotti, perché solo i piccoli lo comprendono. Eppure, spesso noi ci affanniamo a diventare grandi, studiamo e copiamo la supponenza e l’alterigia dei forti di questo mondo e pensiamo sia importante raggiungere la sapienza del mondo! Solo i piccoli capiscono e sono pieni della sapienza di Dio perché questa si impara lasciandosi amare dal Padre e amando noi il prossimo. I sapienti e i dotti secondo il mondo disprezzano i piccoli, non li considerano, li giudicano, li guardano con paternalismo, li interpretano, ma non hanno la sapienza del Vangelo.

I sapienti secondo il mondo si fanno grandi da soli, ed è molto più facile diventarlo se non scambiamo le inevitabili difficoltà con l’essere piccoli, che è piuttosto un atteggiamento interiore, perché pensarsi per qualcuno, non è affatto mediocrità o timidezza. Assecondano l’antica tentazione, quella di sempre, di conoscere senz’amare, anzi escludono l’amore per Dio e affermano solo l’amore per se stessi. È l’orgoglio che rovina il cuore e la mente, che divide da Dio, e così di fatto allontana anche il prossimo tanto che le persone non sanno più conoscersi, amarsi pienamente e completarsi come doveva essere.

Ecco, la sapienza che cerchiamo, che illumina tutte le sapienze, è la stoltezza della croce, l’amore che resiste al male, che non salva se stesso, interamente donato perché non finisca. Non è sapiente chi non deve chiedere aiuto, chi piega tutto al proprio io, chi ama solo fino a un certo punto e solo se conviene. Paolo esorta chi si ritiene sapiente secondo i criteri del mondo a “farsi stolto” per diventare veramente sapiente davanti a Dio (1Cor 3,18). Non è contro la ragione, anzi! Senz’amore non ci accorgiamo di niente, tanti restano invisibili o “vediamo” solo quello che ci interessa o ci riguarda. Quando amiamo “vediamo” il mondo e le persone esistono per quello che sono. Paolo combatte la superbia che non fa chiedere e cambiare, e in realtà neanche capire. Secondo il mondo è sapiente chi possiede non chi regala, e questo avviene anche nello studio.

Amore e sapienza si aiutano a vicenda, come amore e verità hanno bisogno l’uno dell’altra e la verità di Dio è proprio la sapienza dell’amore. Quanto facilmente la vanagloria di qualche scettro o trono fa perdere la sapienza della vita, tanto che riempie il cuore di giudizi, ossessioni, tristezze, esaltazioni e fallimenti proprio perché senz’amore! Che senso ha possedere tanto, anche di conoscenza, e perdere il sapore? E se i giorni, i cuori, i sensi, gli incontri, le parole, le relazioni perdono il sapore, con che cosa li renderemo salati?

C’è un invito di Gesù: fate risplendere la vostra luce davanti agli uomini. È molto diverso dalla gloria esibita degli uomini, spesso – ma loro non lo sanno – volgare e ridicola, come chi si prende troppo sul serio e deve verificare continuamente la sua importanza! Papa Benedetto XVI, sapiente e umile lavoratore della vigna, disse: «Dobbiamo essere animati da una santa inquietudine: l’inquietudine di portare a tutti il dono della fede, dell’amicizia con Cristo. In verità, l’amore, l’amicizia di Dio ci è stata data perché arrivi anche agli altri. Tutti gli uomini vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il denaro no. Anche gli edifici non rimangono; i libri nemmeno.

Dopo un certo tempo, più o meno lungo, tutte queste cose scompaiono. L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità. Il frutto che rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle anime umane – l’amore, la conoscenza; il gesto capace di toccare il cuore; la parola che apre l’anima alla gioia del Signore. Solo così la terra viene cambiata da valle di lacrime in giardino di Dio». Ecco la sapienza che cerchiamo. Quanto c’è bisogno di sapienti, che non curano la propria immagine ma hanno cura dell’altro e lo amano per quello che è. Il mondo cerca persone piene di amore, capaci di guardare ognuno con l’intelligenza di questo, di non perdere la testa per il proprio potere o apparenza. Persone che non perdono il tempo dietro a quello che è vano e spesso rovina la vita, che sfuggono alla tentazione di piegare tutto alla soddisfazione di sé, perché siamo beati quando amiamo.

C’è bisogno di sapienti in un mondo sempre più folle, che costruisce la sua rovina, che si abitua alla guerra e osserva tutto come se non lo riguardasse, incapace di guardare il futuro, che sceglie la morte e non la vita, che pensa di difendere i diritti dell’individuo dimenticando il prossimo, e quindi distruggendo l’individuo stesso. Ci aiuta San Tommaso d’Aquino che si è lasciato “toccare” da Dio e che con la disciplina propria della ragione ha cercato le insondabili ricchezze del Mistero. È un vero “Doctor humanitatis” attento alla verità e all’amore per l’uomo, per questo anche attento a confutare gli errori ma sempre indicando l’amore di Dio. «Nella carità siamo amici di Dio. Non ci può essere amicizia, nel senso pieno della parola, eccetto tra uguali, ma Dio ci ha reso suoi uguali». Aveva sete di conoscenza e per questo si confrontava con il pensiero di altri: perché la sapienza non smette mai di cercare, di crescere e quindi anche di abbandonare le sicurezze che chiudono, la superficialità, le soluzioni facili, digitali, senza profondità e umanità. Non solo la fede non si oppone alla ragione, ma l’una aiuta l’altra. E anche la Chiesa ha tanto bisogno di questa sapienza, quella di un Vangelo vivo, non ridotto a passione superficiale, a elisir di benessere individuale, ma capace di illuminare il mistero e la vita tutta.

Con San Tommaso preghiamo: «Concedimi, Dio misericordioso, di desiderare ardentemente ciò che piace a te, di ricercarlo con saggezza, di riconoscerlo con verità e di compierlo con perfezione a lode e gloria del tuo nome. Metti ordine, mio Dio, nella mia vita: fa’ che sappia ciò che mi richiedi di fare e concedimi di eseguirlo come è necessario e come giova alla mia anima. Accordami, Signore mio Dio, di non venire meno nelle prosperità e nelle avversità, perché in quelle non mi esalti e in queste non mi abbatta.

Perda valore per me, Signore, tutto ciò che è effimero e mi sia caro tutto ciò che è tuo. Mi rincresca la gioia senza di te, né desideri altro fuori di te. Mi diletti, Signore, una fatica sostenuta per te e mi sia molesto ogni riposo senza di te. Rendimi, Signore mio Dio, obbediente senza contraddizione, povero senza avvilimento, casto senza corruzione, paziente senza mormorazione, umile senza finzione, lieto senza dissipazione, triste senza abbattimento, maturo senza pesantezza, pronto senza leggerezza, timorato senza disperazione, veritiero senza doppiezza, operatore di bene senza presunzione; concedimi di correggere il prossimo senza orgoglio e di edificarlo, con la parola e con l’esempio, senza simulazione.

Donami, Signore Dio mio, un intelletto che ti conosca, una diligenza che ti cerchi, una sapienza che ti trovi, uno stile di vita che ti piaccia, una perseveranza che ti attenda con fiducia e una fiducia che ti abbracci alla fine. Concedimi di essere afflitto in questo mondo dalle tue pene per la penitenza, di godere, durante il cammino, dei tuoi benefici per la grazia, di esultare nella patria celeste delle tue gioie per la gloria. Tu che vivi e regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. Amen».

Bologna, basilica di San Domenico
27/01/2023
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