Messa nella Cattedrale di Pennabilli

Il popolo del Signore è umile e povero perché solo così trova riparo, quella protezione di cui tutti abbiamo bisogno, esposti come siamo alla tempesta del male alla quale non possiamo mai abituarci. Spesso cerchiamo sicurezza nella forza del mondo, che è il contrario dell’umiltà e della povertà. La forza del mondo seduce, perché il male, il diavolo, è un seduttore. Il grande seduttore accarezza l’orgoglio e induce a mettere il cuore nei beni. Ci affanniamo per quello che non serve, che ci tradisce, che promette e non mantiene. La forza fisica, il potere del ruolo o dei soldi, la prestazione non ci donano quello che cerchiamo e di cui tutti abbiamo bisogno: l’amore. Riempiono di io, ma noi abbiamo bisogno del tu. La forza del mondo moltiplica le preoccupazioni, i confronti, le classifiche, con l’esaltazione e le inevitabili conseguenti depressioni.

La forza del mondo fa sentire e vivi coinvolgendo in tante emozioni, produce passioni, spesso digitali e senza anima, ma noi abbiamo bisogno di relazioni vere non di incontri occasionali. Ecco perché Dio ha scelto quello che nel mondo è debole. E dovremmo essere felici, perché ci libera dall’ossessione della forza e dai suoi inganni. Gesù ha amato fino alla fine, non finché gli conveniva. Ha lavato i piedi, non si è imposto con il suo potere sugli altri. È andato a cercare peccatori, non li ha condannati da lontano con disprezzo. Non ha ascoltato l’ultima tentazione, così simile alla prima, “salva te stesso”, perché ha amato di più il Padre e i suoi.

I forti erano i discepoli con la spada che poi scappano, i farisei che sanno distinguere la pagliuzza ma non la persona, prigionieri e ossessionati dal male, che lo condannano. Forti sono i soldati che lo scherniscono come un oggetto e la folla che grida: “Se sei re scendi dalla croce”. Facci vedere chi sei! Sii forte! Siamo tutti drammaticamente simili a quel ladrone che alla fine della sua vita continua a credere possibile solo la forza, che pure lo aveva condannato alla croce, mentre l’altro si affida ad uno sconfitto come lui ma di cui intuiva che la vera forza che aveva era l’amore, che era vero re per questo.

Capiamo l’inganno della forza del mondo quando ci scopriamo deboli, costretti a fare i conti per davvero con noi stessi e con il nostro corpo, con il limite di questo e della vita. Allora come l’epulone ci accorgiamo del povero Lazzaro, come il ricco capiamo che senza usare le ricchezze per qualcuno, ma solo per sé, queste si perdono. Ci accorgiamo di quante cose importanti avevamo ma, poiché erano umili, le disprezzavamo tanto che venivano sempre dopo le altre. Gesù non vuole che aspettiamo di capire solo quando non possiamo fare più nulla! Come non possiamo capire il bene della pace solo quando siamo minacciati dalla guerra! Per questo parla di gioia, di felicità, ma anche di avere fame e sete di giustizia, di piangere, di mitezza. Il nostro Dio è gioia, ne vuole una piena, bella, non limitata e che non cancelli la debolezza per farci credere di star bene. Vuole una gioia che non finisca, più forte dei problemi, che resista alle avversità non perché le evita, che vinca la sofferenza affrontandola. Anche il mondo indica e persuade con le sue beatitudini.

Beati i ricchi, beati quelli che pensano loro di decidere tutto, di comprare quello che gli serve, anche le persone (e quando si accorgono che sono persone e non oggetti le trattano da oggetti, tanto da maltrattare fino ad uccidere. La nostra regione ha il drammatico primato dei femminicidi, mentre i maltrattamenti hanno superato i reati per droga!).

Beati quelli che ridono, che possono non pensare a niente o che i problemi possono scrollarseli di dosso cambiando canale o cancellando un’amicizia, che non soffrono per qualcuno perché in realtà prendono sul serio solo se stessi, non si legano per davvero a nessuno, si accompagnano non si uniscono, restano sempre un io, non un noi. Sta bene chi salva se stesso, chi non deve rendere conto a nessuno e quando vuole manda via tutti. Sta bene chi asseconda se stesso, le sue inclinazioni, anche se non le capisce perché lui stesso è la regola. Felice è chi non perde tempo con il prossimo o lo fa solo se gli conviene e lo riguarda, altrimenti lo ignora.

Gesù ci indica un’altra felicità. All’inizio le beatitudini sembrano impossibili, più che felicità umane rassomigliano ad una disciplina necessaria ma limitante, utile solo per raggiungere un premio finale mentre a noi interessa stare bene adesso, subito e soprattutto “io”! Gesù ci vuole felici adesso e ciascuno! Lui proclama beati e aiuta a renderci conto che questa è gioia vera, umana, molto più umana di quella forte che il mondo fa credere la più vera.

Facciamo una grande fatica a svelare l’inganno! Felice chi ha un cuore povero, non presuntuoso, piccolo di orgoglio e grande nell’amore per cui ha sempre posto per l’altro, non è ostruito dai torti e dalle ragioni, dai giudizi e dai rancori, ma è umile, tenero, senza supponenza, capace di guardare con amore e simpatia chiunque perché non ha malizia e sa vedere quello che c’è di bello e di prezioso in ognuno, tanto che dà valore ad ogni incontro ed è contento perché trova tanti tesori. E li fa trovare, perché aiuta l’altro ad essere migliore, a scoprire il merito che ha! Felice non è chi scappa dal male, anche dentro di sé, ma chi lo affronta e lo cambia. Felice chi piange perché ama qualcuno e non può accettare la sofferenza, chi resta vicino a chi soffre, non lo evita perché “ho da fare” o “mi fa impressione”.

Felice chi pratica la giustizia facendo qualcosa per chi sta peggio di noi, spendendo quello che ha, fosse poco, la goccia nel mare. La gioia non è uno stato d’animo di oggi ma qualcosa che si rivelerà, per cui cerchiamo la giustizia quando ancora non c’è, come la pace, e piangiamo perché non accettiamo la guerra, fabbrica di morte. La gioia viene ma dobbiamo sceglierla oggi, amando, vincendo il male a cominciare da noi, pregando per non rassegnarci, organizzando la solidarietà, spingendo perché si aprano cammini di pace. Felice chi non è diffidente, calcolatore, complottista, che pensa di azzeccarci perché pensa sempre male, ma lo è chi guarda l’altro con umanità per la sua umanità, anche se l’altro l’ha perduta o la nasconde.

Ci aiuta la beata Maria Bolognesi. Voleva fare il bene delle anime, lavorare per i poveri, riparare quello che è rotto. Ciascuno di noi può essere riparatore, con la preghiera e con l’amore. Era davvero debole, ha confuso la nostra forza e ha aiutato tanti a trovare quello che conta. Era sfortunata, piena di sofferenze fisiche e morali, perseguitata da persone le quali o non seppero o non vollero capire la sua levatura spirituale ed il suo ardore caritativo. Spese tutte le sue energie per il bene del prossimo, in particolare per la santificazione dei sacerdoti, come nell’assistenza ai bambini, ai poveri, agli ammalati.

Non si arrendeva e dimostrava che non si è mai così poveri da non poter aiutare il prossimo. «Dammi retta, non preoccuparti mai del bene che dovrebbero fare gli altri; pensa sempre che il Signore chiama invece a essere personalmente giusti…». Maria capì che la pace vera non poteva derivare da trattati diplomatici, ma dalla conversione dei cuori. La responsabilità personale la tradusse in una più intensa preghiera. Vedeva Gesù triste e rispondeva con ogni condotta possibile per rallegrare i suoi familiari, i bambini e tutti gli afflitti che incontrò sul suo cammino, accettando le sue tante malattie, con l’assistenza ai malati fino a fare sue le loro pene, a cominciare dai suoi familiari fino ad arrivare a persone anche molto lontane, che raggiungeva con ogni mezzo possibile.

Dialogava con intimità con Gesù e ci insegna ad avere un legame affettivo con Lui. «Mentre ti parlo, mi accorgo che sono una piccola ombra senza studi e incapace di tutto. Se Tu Gesù non mi sostenessi mi perderei pure io, ma con il Tuo aiuto vorrò sempre amarTi tanto tanto. Gesù, i miei occhi siano Tuoi e non rimanga ombra di peccato. Pure le mie orecchie non odano altre cose, ma sappiano sempre ascoltare le miserie dei fratelli per dire loro che Tu desideri amore e penitenza. La mia bocca non parli d’altre cose, ma solo dell’amore Tuo per noi.

Le mie mani sappiano lavorare per i poveri e accarezzare tanti ammalati di anima e di corpo. I miei piedi sappiano camminare per cercare anime e portarle al Tuo cuore tanto addolorato. La mia mente non rimanga mai confusa ascoltando tante miserie, fa’ che tutto passi come nulla ascoltassi sapendo amare e perdonare. Il mio corpo sia Tuo e usalo come a Te piace. La mia anima non devo macchiarla per piacerTi sempre più, affinché un giorno io possa riposare per sempre con Te in paradiso».

Pennabilli, Cattedrale
29/01/2023
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