G20, memoria degli oranti uccisi nei luoghi di preghiera

“Dov’è Abele, tuo fratello?”. È la domanda di Dio a Caino. È la domanda di Dio a ognuno di noi. Siamo tutti fratelli di Caino e siamo tutti fratelli di Abele. Stasera i tanti nomi che ricordiamo – e il nome è la storia unica, irripetibile di ogni persona – sono tutti nomi di Abele uccisi mentre presentavano la loro offerta a Dio, l’atteggiamento della preghiera. Non vogliamo e non possiamo mai accettare la logica di Caino per cui non è custode di suo fratello e sappiamo come l’indifferenza è sempre complice della violenza. La violenza, dobbiamo ricordarlo, qualunque essa sia, è sempre tra fratelli. Questa sera in questa memoria comune vogliamo attestare solennemente che Abele, vittima innocente, è sempre nostro fratello. Essere fratelli di Abele ci aiuterà a esserlo di più tra noi, fraternità universale che vogliamo cresca oggi, unica via per contrastare la pandemia del male.

Perché Caino uccide? Nelle leggende ebraiche si racconta un particolare: Caino aveva consumato il pasto prima di presentarlo come offerta a Dio. Caino non è in realtà interessato a Dio, usa Dio ma non lo ascolta e non crede alla sua parola, come sempre il violento. Certo, ci sono differenze nella vita. Siamo fratelli ma non uguali, proprio perché figli, non automi, copie. Caino si sente giudicato peggiore di Abele. Il male colpisce sempre la fraternità. È il divisore. Non permette a Caino di vedere il legame che lo unisce ad Abele, per cui è fratello, un pezzo di lui. Certo: agricoltore e pastore, uno primo e l’altro secondo, ma le differenze rendono bellissima la fraternità, sono motivo di ricchezza. La preferenza di Dio, insondabile, scatena l’istinto di esclusione, di possesso tanto che mio fratello diventa un avversario. Ecco è il male, il diavolo, il vero nemico che tutti dobbiamo combattere, nel nostro cuore anzitutto e poi tra di noi.

Dio ricorderà sempre a tutti noi Caino di dominare l’istinto di male, di divisione. E il modo migliore è praticare l’esercizio della fraternità, essere insieme, mostrare che siamo una cosa sola. Nell’amicizia quello che è mio è tuo. Dio crede che Caino possa moderare il suo istinto. Questo si presenta, ci trascina, ma non è una condanna. Dobbiamo guardare a noi stessi, alla nostra coscienza, essere liberi, ricordando che la fraternità non significa affatto la sconfitta di qualcuno perché nell’amore vinciamo tutti e si vince solo assieme, non senza, contro o sopra l’altro. Non dobbiamo diventare uguali ma volerci bene.

L’impegno è stare sempre dalla parte di Abele, ed anche proteggere la vita di Caino, perché il sangue del peggiore non può essere sparso, come non deve essere sparso il sangue del mite Abele. Ci esercitiamo assieme a ricordare i tanti Abele, a salvare i tanti Abele perché così salviamo tutta l’umanità. Anche la nostra. Fratelli tutti perché di Dio.

Bologna, Basilica di Santo Stefano
11/09/2021
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