Giornata dei poveri

Celebriamo oggi la V Giornata Mondiale dei Poveri, voluta da Papa Francesco per aiutarci a “riflettere su come la povertà stia al cuore del Vangelo” e che “fino a quando Lazzaro giace alla porta della nostra casa, non potrà esserci giustizia né pace sociale”. Quindi, se non incontriamo i poveri, non capiamo il cuore del Vangelo. Se Lazzaro giace alla porta delle nostre case senza suscitare misericordia, anzi se violentemente e consapevolmente lo allontaniamo abbandonandolo al freddo e alla disperazione (come sta accadendo alle frontiere dell’Europa), mancano pace e giustizia.

E se mancano per qualcuno in realtà mancano a tutti! I poveri non sono degli estranei da cui difendersi, anzi sono quelli che nel Vangelo sono definiti: sono i fratelli più piccoli di Gesù! Essi con il loro freddo, con la fame fisica e quella di speranza, chiusi nelle prigioni della condanna, spogliati di tutto dalla solitudine, resi stranieri dalla diffidenza e dalla paura, giudicano, come sarà alla fine di tutto, già oggi la nostra fede e la nostra vita.

Ecco, questa giornata dei poveri ci aiuta a scoprire tutti i giorni la loro presenza e a trovare chi siamo amando loro. È curioso come conosciamo la voce dei ricchi, tante informazioni della loro vita spesso vuota, fuori dalla realtà, povera di vita, condizionata da influencer che traggono vantaggi sempre per i ricchi, mentre la vita dei poveri, così umana, vera, piena di tanta e vera umanità, rimane sconosciuta. Senza ascoltarli non li capiamo, non ci rendiamo conto dei problemi e finiamo per non scandalizzarci più della solitudine di tanti anziani o dello sfruttamento dei bambini. Se non li ascoltiamo crederemo al pregiudizio e i poveri diventano colpevoli. Allora capiamo come ogni domenica è dei poveri perché Gesù identifica il suo corpo con quello dei suoi fratelli più piccoli.

Il messaggio della giornata odierna riprende l’affermazione di Gesù “I poveri li avete sempre con voi” (Mc 14,7). Sono nostri. Ma noi siamo loro, siamo sempre con loro e possono essi contare su di noi? Li sentiamo nostri? È una questione di amore. Per i cristiani i poveri non sono solo una questione di filantropia che sappiamo come si esaurisce presto ed è limitata. Per i cristiani si tratta di amore, perché sono il mio prossimo e il loro corpo è quello di Gesù.

Non possono essere una categoria astratta, perché sono delle persone concrete, con la loro sofferenza, evidente o nascosta che sia. I poveri non riguardano gli esperti, gli addetti ai lavori, chi ha delle possibilità, ma tutti noi, perché la misericordia è sempre artigianale. Non c’è nessuno che non possa donare qualcosa a chi è più povero di lui. Bisogna conoscerli da vicino, prenderli per mano, visitarli, guardarli negli occhi e soprattutto scoprire che sono come noi, che sono i nostri fratelli e amando loro riconosciamo noi stessi, come tra i fratelli, la nostra stessa umanità. In essi risplende il volto di Cristo in tutta la sua intensità, verità, umanità, sentimenti. Guai a credere che ci interessa solo un Cristo spirituale mentre disprezziamo quello concreto! Cosa diventeremmo?

Il mondo è attraversato da tanta sofferenza, alla quale non potremo mai abituarci: spetta alla Chiesa, madre premurosa di tutti ma specialmente dei poveri, proteggerli e sostenerli. Non dobbiamo aspettare che ce lo chiedano e non dobbiamo trattarli con sufficienza e paternalismo. Diamo noi quello di cui hanno bisogno. Tutti possiamo fare tanto ma solo se è amore gratuito! Altrimenti non basterà mai! Regaliamo anche solo il tempo e diamo in elemosina il nostro cuore, cioè volendo bene, a cominciare dalla gentilezza e dal sorriso. I poveri li abbiamo sempre con noi nel senso che essi aspettano una risposta ed anche con urgenza perché la sofferenza è sempre insostenibile. Chi sta male ha fretta di trovare risposte!

Chi ama vuole arrivare subito, non “farà a lungo aspettare” perché chi non ce la fa più cerca solo qualcuno che lo aiuti, non in maniera simbolica, dimostrativa, ma concreta, tanto da potere contare su di lui. Qualcuno può pensare che in realtà anche noi non stiamo tanto meglio! I cristiani sono sempre dei poveri che rendono ricchi gli altri e la solidarietà non è questione di mezzi, ma di amore.

E questo troverà i mezzi! La forza della Chiesa è solo la gratuità: fare tutto senza alcun interesse che non sia fare stare bene e trovare le risposte di cui ha bisogno il nostro prossimo, le risposte cui anela, senza niente in contraccambio come solo l’amore può fare. Essi ci aiutano a vivere il Vangelo e in realtà ci fanno trovare noi stessi, l’amore senza prezzo, il gusto di una gioia da regalare e di trovarla perché rendiamo il prossimo felice. Serve amore, forte e tenero, per tutti e per tutti personale, che non si arrende, e non accontentarsi di qualche attività e trattandoli come oggetti o problemi. La condivisione genera fratellanza ed essi sono “sacramento di Cristo, rappresentano la sua persona e rinviano a Lui”.

Oggi capiamo che in realtà siamo tutti poveri, tutti sulla stessa barca, e quando lo capiamo ci diventa insopportabile la distanza. Non li facciamo passare da “birboni” accusandoli (e ci vuole davvero poco perché non possono difendersi!) non giudichiamoli, ma aiutiamoli. Il Vangelo ci ha descritto tanta sofferenza, quella che abbiamo drammaticamente compreso nella pandemia, quando il sole della speranza e della vita “si è oscurato”, quando tante stelle che regalavano sicurezza e orientamento sono cadute e il cielo è rimasto buio, impenetrabile, misterioso, minaccioso, la notte cupa e senza luce. Siamo diventati tutti isolati.

Questa descrizione sembrava lontana, impossibile, anzi dava fastidio, irritava i pigri e gli incoscienti perché pensavamo accadesse solo ad altri e noi potevamo vivere “sani in un mondo malato”. Con la pandemia abbiamo capito che solo insieme se ne esce, che conviene ai sani aiutare i malati perché tutti siamo in realtà nella stessa condizione. È stato proprio come il tempo di angoscia di cui parla il Libro di Daniele, angoscia che non finisce in un momento, perché tanti sono sprofondati nell’abisso della disperazione e della povertà. Quante pandemie causano tanta povertà, compresa quella della psiche che a un certo punto diventa un abisso di sconforto e delusione!

L’invito di Gesù non è “salva te stesso”, che davvero ci porta a “tutti contro tutti” perché alla fine si scappa dalla fragilità e non si vede più il prossimo. Gesù non ci invita a scappare ma ad affrontare le avversità e in queste vedere “il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con potenza e gloria grande” e capire che “Egli è vicino”. Le sue parole non passeranno, cioè il suo amore non verrà meno, non tradisce, non delude, si compie: siamo e saremo amati.

Non facciamo noi mancare ai nostri fratelli poveri le parole che non passano: “Mi ricordo di te”, “Sei importante per me”, “Torno a visitarti”, “Cerco di trovare la soluzione”. Siamo sulla stessa barca e noi siamo fratelli tutti e la tua diventa anche la mia. “Alcuni Paesi stanno subendo per la pandemia gravissime conseguenze, così che le persone più vulnerabili si trovano prive dei beni di prima necessità. Le lunghe file davanti alle mense per i poveri sono il segno tangibile di questo peggioramento. Uno sguardo attento richiede che si trovino le soluzioni più idonee per combattere il virus a livello mondiale, senza mirare a interessi di parte. In particolare, è urgente dare risposte concrete a quanti patiscono la disoccupazione, che colpisce in maniera drammatica tanti padri di famiglia, donne e giovani”.

Alziamo noi lo sguardo, vediamo il Signore che viene: significa riconoscere il suo fratello più piccolo! E che i poveri nella notte della pandemia della povertà possano vedere attraverso il nostro amore il Signore che viene. Tutti noi possiamo essere, ad iniziare dalla preghiera che non ci farà mai abituare alla sofferenza dei piccoli, un porto, anche solo donando la sicurezza di sentirsi voluti bene da noi. E con poco si può fare tantissimo! “Anche tu, dunque, quando vedi in terra un uomo che ha sofferto il naufragio della povertà, non giudicare, non chiedere conto della sua condotta, ma liberalo dalla sventura” (Discorsi sul povero Lazzaro, II, 5).

Bologna, cattedrale
14/11/2021
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