Intervento alla manifestazione del 1º maggio in Piazza Maggiore

Oggi la festa del 1° maggio è legata alla memoria dei sette lavoratori che hanno perso la vita a Suviana. Rivolgo ai feriti anche i migliori auguri di rapida guarigione. Pensiamo ai loro familiari come nostri familiari. Questa si chiama solidarietà. Sappiamo che l’assenza di qualcuno si misura e diventa atroce distanza. La loro morte resta una ferita per tutti. Non ci interessa la retorica facile del dolore, che richiede, come la morte, sobrietà, rigore e tanta solidarietà. Non può diventare materia per rapidi e inutili interventismi digitali, per dichiarazioni facili e opportunistiche. Le morti bianche impongono anche di mettere da parte le polarizzazioni che non aiutano a capire e illudono di scegliere. Non serve aumentare il volume della retorica. Anzi, serve solo abbassarlo: servono determinazione, chiarezza, giustizia (senza rafforzativi, basta sia tale!), collaborazione di tutti per identificare con chiarezza le cause e le responsabilità perché non avvenga più. La sicurezza deve anticipare la fatalità e farne tesoro. In molti casi sono evidenti le responsabilità e le complicità. Il dolore ci fa accorgere di questa pandemia nascosta. La vita delle persone non deve essere affrontata con minimalismi, timidezze o miopi interessi di parte che finiscono per perdere l’interesse di tutti, l’unico che convenga anche ad ogni parte.

Ci interroghiamo sul perché si rivela impossibile ridurre la media di tre incidenti sul lavoro al giorno. Sono troppi! Sappiamo come non solo non si ottempera ancora alle normative sulla sicurezza, a volte obsolete o velleitarie, ma anche poi si evitano controlli. L’Inail ha registrato nei primi due mesi di quest’anno un aumento del 7,2% di denunce di infortunio sul lavoro. 119 infortuni mortali, con un incremento rispetto all’anno scorso del 19% (19 vittime in più). E sappiamo bene come c’è una parte che non è registrata nei dati Inail. Alle iniziative legislative devono corrispondere iniziative culturali che rimettano al centro la persona con la sua dignità. Non ci rassegniamo davanti ai numeri, questi richiedono un’unità del mondo del lavoro per difendersi dal nemico. L’insicurezza è sempre in agguato ed è il nemico di tutti.

Vorrei porre un secondo punto di riflessione: il lavoro povero. Nel messaggio per il primo maggio i Vescovi italiani ricordano come il lavoro sia partecipazione, in fedeltà all’art. 1 della Costituzione italiana. Scrivono: «Lavorare non è solo un “fare qualcosa”, ma è sempre agire “con” e “per” gli altri, nutriti da una radice di gratuità che libera il lavoro dall’alienazione ed edifica comunità». Il lavoro costruisce la qualità della democrazia e della cittadinanza, altrimenti genera schiavitù e sfruttamento. Per questo preoccupano alcune tendenze odierne. I dati Caritas ci dicono che una persona su quattro che si rivolge agli sportelli per chiedere aiuto ha un lavoro. Il lavoro povero sta ingrossando le fila di chi ha bisogno di essere sostenuto. Ciò significa che la dignità delle persone non è salvaguardata. Certo, i dati sull’occupazione sono positivi. L’orizzonte sembrerebbe non così buio. Nel 2023 quasi 500 mila posti fissi in più e il tasso di occupazione è salito al 61,9%, anche se siamo sempre sotto la media europea. Calano anche i Neet, ossia i giovani che non sono né in formazione né in attività, ma rimangono sempre sopra il 20% e in numero molto elevato rispetto alla media eurozona. Questi numeri positivi vanno letti con due elementi di preoccupazione. Arrancano l’occupazione femminile e quella giovanile. Esiste un problema di genere e di generazione nel nostro Paese che non riusciamo ad affrontare in modo adeguato. È un paradosso che l’occupazione cresca più del Pil. Ciò significa che si tratta con ogni probabilità di lavoro povero. Sono aumentati i lavori meno produttivi e con retribuzioni più basse. La crescita occupazionale sta avvenendo attraverso il lavoro povero. In Europa i salari tedeschi e francesi crescono di 15 mila e 12 mila euro, quelli italiani sono diminuiti, a parità di potere d’acquisto, di circa mille euro. Ciò significa che da noi il salario reale vale meno di 30 anni fa. Aumentano le disuguaglianze sempre più radicali e spiccate. Circa 6 milioni di lavoratori non arrivano a 12 mila euro l’anno, con una crescita forte del part-time involontario, che vede coinvolte soprattutto le donne con minimi contrattuali al di sotto dei 9 euro l’ora. Non si deve dimenticare che circa 3 milioni di lavoratori operano nel lavoro sommerso, in nero, non tutelati e senza il rispetto dei contratti di lavoro. L’Italia conserva il primato negativo europeo di oltre 90 miliardi di evasione fiscale. Il tema della legalità è quanto mai attuale. In questo contesto la lotta al lavoro povero deve diventare un imperativo morale e sociale. Ne va della dignità delle persone. Come suggerisce giustamente Papa Francesco, «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro» (FT 162). Occorre adattare i contratti all’inflazione reale e al costo della vita. Non di sola aria vive l’uomo! Inoltre, non si abbia paura di investire nella formazione e di farlo senza far aspettare per mesi la presente mano d’opera che aspetta solo di lavorare. Molte aziende italiane sono in difficoltà a reperire personale in alcuni settori particolarmente importanti. Il divario tra domanda e offerta nel mercato del lavoro esige che ai giovani sia data una qualificata formazione professionalizzante. Perché non pensare a un serio e sistemico progetto di inserimento al lavoro e di intelligente integrazione dei migranti che arrivano nel nostro Paese?

È questa la stagione giusta per potenziare competenze tecnologiche e nuovi sistemi di organizzazione del lavoro. Al centro ci sia sempre la persona con le sue domande fondamentali di riconoscimento familiare. Solo così possiamo uscire dall’inverno demografico, garantire a tutti l’accesso alle nuove tecnologie e salvaguardare la sostenibilità ambientale. Il futuro passa da qui. “Ricordare i morti per i diritti e il futuro dei vivi”. Dio ci benedica.

Piazza Maggiore - Bologna
01/05/2024
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