La missione della famiglia

         Missione è parola e concetto fondamentale nel cristianesimo. Essa infatti è il risultato di un insieme di grandi verità della nostra fede.
         Una delle più alte espressioni del concetto di missione la troviamo nel b. J. H. Newman: «Ogni essere, per quanto insignificante, è pensato e creato da Te…Tu vedi, tu hai visto da tutta l’eternità ognuna delle tue creature».
         La creazione è stata pensata e voluta nel Verbo, il Logos del Padre. Ha dunque in se stessa una “ratio ordinis”, un ordine intrinseco radicato nella Sapienza del Verbo.
         Non posso ora prolungare questa riflessione ulteriormente. Quanto detto basta per comprendere che la famiglia, in quanto istituzione dell’ordine della creazione, ha una sua propria ragione d’essere. E’ stata pensata e voluta da Dio stesso in vista, per il raggiungimento di uno scopo.
         Quando dunque parliamo di “missione della famiglia” parliamo della sua ragione d’essere; dello scopo in vista del quale è stata pensata e voluta da Dio creatore.
        
1.      La missione della famiglia [MdF]
         Faccio una premessa. Parlando della MdF, possiamo analizzare i vari modi in cui la famiglia ha pensato la sua missione lungo la storia.
         Non farò questo, ma un lavoro più difficile: cercherò di verificare dentro ai cambiamenti ciò che è permanente. Usando il linguaggio della biologia: attraverso la morfogenesi cercherò di cogliere il genoma della famiglia, e quindi la sua permanente missione.
         Parto da un’osservazione molto semplice: la famiglia si costituisce nel momento in cui dall’unione fra un uomo e donna legittimamente sposati è concepita e nasce una nuova persona umana. Prima di questo evento la famiglia non esiste. Esiste solo il matrimonio.
         Già questa semplice osservazione ci fa scoprire due fatti.
         Il primo. La missione della famiglia è strettamente connessa colla venuta all’esistenza di una nuova persona umana. La missione della famiglia è la genealogia della persona.
         Il secondo. Esiste un legame strettissimo tra la famiglia e il matrimonio. E’ un legame non solo di fatto, ma di diritto. Cioè: è un legame che ha in sé una bontà, una preziosità etica. Ne parleremo più tardi.
         Riprendo il concetto espresso poc’anzi: la missione della famiglia è la genealogia della persona.
         Una delle regole seguite dalla divina Sapienza nel governo delle cose create, è di non sostituirsi all’agire delle sue creature, ma renderle partecipi del suo divino operare. Ciò è vero in modo unico ed eminente della persona umana. L’uomo e la donna uniti in matrimonio sono chiamati a partecipare al sorgere di una persona umana, all’ingresso nell’universo dell’essere di una nuova persona umana. La missione della famiglia è di cooperare all’azione creativa di Dio.
         Quale il contenuto di questa cooperazione? La costruzione di una nuova persona. Costruzione che ha due atti: generazione, educazione. Essi sono così strettamente connessi che l’educazione non è altro che una generazione continuata, e la generazione della persona è il contenuto dell’educazione, come vedremo fra poco.
         Missione generativa, missione educativa, dunque la missione della famiglia. Missione che si radica nell’agire stesso di Dio, «dal quale ogni paternità [e ogni maternità] nei cieli e sulla terra prende nome» [Ef 3, 15].
         Fermiamoci un momento a considerare questa partecipazione della missione divina all’agire creativo di Dio.
         Vorrei in questo momento rivolgermi ai genitori presenti, al momento davvero unico in cui avete visto per la prima volta il vostro bambino/a. Certamente, voi desideraste un bambino e forse arrivò….una bambina. O viceversa. Ma non era in vostro potere desiderare quel bambino/a. L’uomo e la donna possono desiderare un bambino, non quel bambino. Detto in altri termini: ogni bambino che viene al mondo è un unicum, irripetibile.; non semplicemente un membro della specie umana.
         La Chiesa insegna che è Dio che crea l’anima di ogni persona umana. Che cosa vuol dire? Che ogni persona umana in quanto è un unicum irripetibile, ed in ciò che la costituisce come tale, è voluta da Dio: è creata da Dio.
         Ma l’atto creativo di Dio è condizionato dall’atto sessuale dell’uomo e della donna che pone la condizione del concepimento della persona. Creazione, come atto di Dio e concezione, come atto dell’uomo e della donna sono strettamente connessi.
         Dio celebra la liturgia del suo amore redentivo mediante il ministero dei sacerdoti. Celebra la liturgia del suo amore creativo mediante il ministero degli sposi. Nella biologia della generazione è inserita la genealogia della persona. Nella paternità e maternità umana Dio stesso creatore è presente.
         La nuova creatura venuta all’esistenza è persona fin dal primo istante del suo concepimento, e nello stesso tempo è chiamata a diventare persona umana. In altre parole: ogni persona umana venuta all’esistenza è chiamata a sviluppare la sua umanità fino alla pienezza del suo essere. Fioritura della sua intelligenza, della sua volontà, della sua libertà, della sua capacità di amare, della sua socievolezza. E’ questo il compito, la missione educativa della famiglia.
         Non devo ora proporre una dottrina dell’educazione. Mi limito ad alcune riflessioni semplici, ma fondamentali.
         L’educazione è una vera comunicazione di umanità. Essa consiste nella trasmissione di quel progetto di vita che i genitori ritengono vero, buono, giusto. E’ un vero e proprio passaggio di umanità dalla generazione dei padri, alla generazione dei figli.
         E’ la trasmissione che crea le civiltà, perché costituisce la tradizione. Nel caso poi dei genitori cristiani, la cosa è ancora più grandiosa. Essi trasmettono il progetto cristiano della vita. E’ da questa trasmissione che nasce il popolo di Dio, che nasce la Chiesa.
         «Una generazione narra all’altra le tue meraviglie» dice un Salmo. La generazione dei padri narra alla generazione dei figli le grandi opere del Signore. E’ la narrazione da cui nasce nel bambino la fede, la quale poi forgia la sua vita. E’ sulla base di questa generazione che si edifica il popolo di Dio.
         In sintesi. La missione della famiglia è la generazione –educazione della nuova persona umana. E’ una missione che si radica nella Provvidenza di Dio.
         La missione della famiglia esige di essere compiuta da un uomo e una donna uniti in matrimonio. E’ dal grembo della relazione coniugale che nasce la famiglia, e sono gli sposi ad essere chiamati alla missione propria della famiglia. Fermiamoci un momento a riflettere su questo legame.
         Se leggiamo attentamente i testi sul matrimonio dei grandi Dottori della Chiesa e degli ultimi Sommi Pontefici, possiamo costatare come una sorta di rapporto circolare matrimonio-famiglia. Lo stato coniugale esige interiormente la famiglia, e la famiglia esige di essere impiantata nel matrimonio.
         Consideriamo la prima semicirconferenza del cerchio: matrimonio à famiglia.
         L’amore coniugale tende per sua intima natura al dono della vita. Fate bene attenzione sul senso esatto di questa affermazione. Essa non significa che l’amore coniugale sia strumentale in ordine alla procreazione. Uno strumento vale solo in quanto serve ad uno scopo. L’amore coniugale vale in sé per sé: ha una sua preziosità intrinseca. E’ un bene in sé e per sé.
         Da esso, come da una pianta, fiorisce il dono della vita. Faccio un esempio. Una scoperta scientifica è un valore in sé e per sé, a prescindere dal fatto che sia o non usata sul piano tecnico. Ma la scoperta è di una tale ricchezza che da essa deriva spesso anche una conseguenza tecnica. In una parola: il figlio è la pienezza dell’amore coniugale.
         Consideriamo ora la seconda semicirconferenza: famiglia à matrimonio, dal punto di vista della missione educativa.
         La base del rapporto educativo è la considerazione che il figlio è una persona che vale in sé e per sé. Dico lo stesso concetto colle parole di un grande educatore, S. Giovanni Bosco: “l’educazione è un affare del cuore”.
         E’ nel grembo dell’amore coniugale, dell’intima comunione di vita fra gli sposi che la persona del figlio cresce fino alla sua maturazione.
         La controprova tragica, sono le devastazioni prodotto dal divorzio nella crescita del figlio.
         C’è anche un secondo aspetto da considerare, quando si parla di famiglia-educazione. L’ humanum non è uni-forme. E’ bi-forme. Esso cioè si realizza e si esprime in due forme fondamentali: la mascolinità e la femminilità.
         La trasmissione dell’umanità in cui consiste l’atto educativo, richiede e la presenza del femminile e la presenza del maschile. Sono presenze non in contrasto, ma presenze complementari. In breve: il bambino per crescere in umanità ha bisogno dell’amore materno e dell’amore paterno.
         Ho concluso il primo punto della mia riflessione. Che cosa ho detto: a) la missione della famiglia è la missione generativa-educativa delle nuove persone che entrano nella vita; b) come ogni missione, anche quella della famiglia si inserisce nel progetto provvidenziale divino; c) l’inserimento della famiglia ha caratteristiche uniche: essa co-opera coll’atto creativo di Dio, e coll’azione della grazia divina che conduce la persona alla piena maturità.
2.      Le sfide alla famiglia
         Vorrei ora dire qualcosa per rispondere ad un grande interrogativo: a quali sfide oggi la famiglia deve fare fronte? Devo essere sintetico, poiché il tema è molto vasto. Formulerò dapprima in sintesi il mio pensiero, che poi riprenderò nei punti fondamentali.
         In sintesi. La grande sfida lanciata oggi alla famiglia consiste nel mostrarne l’inutilità. E’ un processo di decostruzione quello che stiamo osservando: l’istituto famigliare viene smontato pezzo per pezzo, fino alla sua scomparsa. La sfida quindi può essere formulata nel modo seguente: si può vivere anche senza famiglia. Questa la sintesi. Vorrei ora presentare in maniera più analitica il mio pensiero.
         Durante questi ultimi decenni è accaduto, e sta ancora accadendo, il tentativo di ridefinire il matrimonio e la famiglia a partire dagli orientamenti sessuali [=desideri], e non dalle due identità sessuali di uomo-donna. Anche questa mutazione del genoma del matrimonio-famiglia rientra in quel processo di disgregazione del legame sociale, che è all’origine di molti dei nostri gravi malesseri. Un grande psichiatra francese parla del «regno di Narciso» [T. Anatrella], dove si concepisce tutto a partire dalle esigenze soggettive di ciascuno.
         Tenendo presente questa chiave di lettura, si constata che su questa base anche la duplice missione della famiglia viene sfidata in modo radicale.
         A) In ordine alla missione procreativa della famiglia, si ha nelle varie legislazioni e giurisprudente dei vari Paesi dell’Occidente il cambiamento del rapporto fra la coppia ed il figlio che si desidera. Un cambiamento che solitamente ormai si esprime nell’affermazione del “diritto al figlio” o ” diritto alla genitorialità”. Affermazione che comporta la degradazione del bambino, fin dal momento del suo concepimento, da soggetto di diritti propri ad oggetto dei diritti degli adulti. Un vero ritorno al paganesimo, poiché uno dei più grandi apporti della proposta cristiana è stato di riconoscere al bambino piena dignità di persona. Orbene, si può avere diritto alle cose, mai ad una persona.
         Questa sfida rivolta alla famiglia – cambiamento del codice simbolico della procreazione – trova il suo fondamento in quella che potremmo chiamare la “de-biologizzazione” della genitorialità”: altro segno della riduzione del matrimonio all’orientamento sessuale.
         Mediante l’artificializzazione della procreazione, la filiazione non è essenzialmente un fatto relazionale tra il genitore e il figlio, ma un fatto tecnico-produttivo.
         In sintesi. La famiglia oggi è sfidata nella sua vocazione procreativa, in quanto si è introdotta nel codice simbolico una relazione tecnico-produttiva fra genitore e figlio.
         Prima di passare a trattare la sfida seguente, devo fare una chiarificazione. Quanto ho appena terminato di dire non va inteso nel senso che il figlio, ogni figlio sia ottenuto mediante procedimenti tecnici. In questo caso non avrei parlato di “sfida”, ma di “sostituzione”. I bambini continuano ad essere concepiti, nella grandissima maggioranza, dentro al matrimonio, da un rapporto di amore fra gli sposi.
         Tuttavia, il fatto che la legge [questo è assai importante], cioè una disposizione che ha per sua natura un carattere universale, riconosca una legittimazione de jure ad un modo diverso di concepire un bambino, costituisce una vera sfida alla famiglia: perché si pone un’alternativa; perché si mostra la non-necessità della famiglia.
         B) In ordine alla missione educativa della famiglia, la riflessione è più complessa. Essa infatti è sfidata da quel relativismo culturale che caratterizza la nostra condizione spirituale.
         Sono sempre più convinto che se si accetta la tesi centrale di ogni forma di relativismo, l’educazione diventa non più difficile: diventa semplicemente impossibile, perché diventa impensabile.
         Mi spiego. L’educazione è un rapporto che si istituisce tra due generazioni: quella dei genitori e quella dei figli. Il rapporto consiste nella trasmissione di un progetto di vita che il genitore ritiene, fra i vari progetti di vita, essere quello vero, giusto, buono.
         Una tale trasmissione implica la presenza nel genitore della certezza che il progetto trasmesso ha una sua bontà-verità intrinseca. Nessuno è talmente stolto da mostrare una via falsa a chi chiede, sapendo che è falsa. Un genitore che non possiede certezze sulle risposte alle grandi domande della vita, non è in grado di educare.
         Orbene, la famiglia oggi si trova di fronte a proposte educative che partono dal presupposto contrario, secondo il quale, solo la negazione che esista una verità, rende possibile l’educazione. Il confronto drammatico dell’educazione oggi consiste nella risposta che si dà alla seguente domanda: l’educazione è pensabile se si accetta una posizione relativista?
         Si può rispondere affermativamente, purché si concluda che l’educazione è l’educazione alla libertà priva di qualsiasi contenuto. Pascal chiamava “libertinismo” questa posizione; ne vide la presenza nell’essenza della modernità che stava nascendo; tutto il suo pensiero è teso a dimostrarne l’infondatezza. E’ questa una delle sfide più grandi oggi rivolte alla famiglia, alla famiglia cristiana in primo luogo. E’ una sfida che pone, non raramente, la famiglia cristiana in una sorta di “solitudine educativa”. E’ una sfida che se non presa sul serio, conduce alla distruzione della tradizione nel senso più alto del termine. F. Kafka descrive bene cosa significa per l’uomo l’assenza della Tradizione: «ho un’esperienza e non scherzo dicendo che è un mal di mare in terra ferma». Stiamo rischiando di educare un Ulisse senza Itaca: una navigazione senza approdo.
        
         In sintesi. La missione educativa della famiglia oggi è sfidata da una concezione di educazione, sostenuta non raramente anche dalle leggi civili, che non propone alcun progetto di vita. Questa sfida è la più grave, perché pone chiaramente “la” questione oggetto del confronto: la questione antropologica
3.      La risposta alle sfide
         Non c’è dubbio che entriamo in un ambito dove è largamente presente l’opinabile. Non pretendo dunque minimamente di presentare il mio punto di vita come l’unico condivisibile. Avremo il Sinodo colle sue conclusioni, le quali, nella misura in cui saranno fatte proprie dal S. Padre, costituiranno – quelle sì – le obbligate direzioni di prassi pastorale. Ciò premesso, mi permetto di sottoporvi alcune riflessioni pratiche.
         Il mio punto di partenza è il seguente. Poiché siamo posti ormai in una condizione nella quale è proposta – anche dalle leggi dello Stato –  un’alternativa alla famiglia, la nostra risposta si compone di due momenti fondamentali: proporre il Vangelo del matrimonio, sine glossa; rispondere a sfida. Questa attitudine di fondo respinge da sé quattro scelte operative. a) La scelta tradizionalista. E’ la scelta di coloro che ritengono ormai insuperabile la distanza fra il Vangelo alla famiglia e le proposte alternative. E chiedono l’intervento dell’autorità politica per la salvaguardia almeno dei cardini della famiglia tradizionale. b) La scelta delle catacombe. Consiste nel ridurre la fede ad un fatto privato, incapace di elaborare giudizi sulla situazione odierna. Ritengono che bastino le virtù private degli sposi. c) La separazione netta del piano temporale dal piano spirituale. La famiglia è presa in considerazione solo in quanto missione che nasce dalla fede.  Il cristiano non deve interessarsi alla rilevanza temporale, civile e politica, della famiglia. Non deve entrare nella configurazione civile del matrimonio e della famiglia, che gli stati vanno facendo. d) La scelta del progressivismo cattolico: ritenendo che l’orientamento alternativo sia ormai un dato di fatto, intendono cercare una riconciliazione tra proposta cristiana e quanto di bene – si dice – esiste nelle libere convivenze, nel duo omosessuale…
         C’è qualcosa, mi sembra, che accomuna le quattro posizioni: il non percepire la radicalità dell’alternativa. Li accomuna un grave errore diagnostico, che impedisce di vedere l’oscurarsi delle evidenze originarie.
         Ritorniamo dunque alle due scelte fondamentali: proporre il Vangelo del matrimonio, sine glossa; rispondere a sfida.
         Vorrei fermarmi ora sulla seconda. Che cosa significa «risposta a sfida»? Mostrare la bellezza, la verità del vivere la famiglia evangelica, in alternativa alle famiglie negatrici di essa. In altre parole. Si deve vivere con fedeltà il Vangelo del matrimonio, mostrandone, se richiesti, l’intima ragionevolezza, e chiedere semplicemente: quale delle due possibilità è la più umana, fa fiorire la propria umanità?
         Da ciò deriva l’individuazione dei responsabili della risposta alla sfida: i Vescovi; gli sposi cristiani.
         I Vescovi. E’ ad essi che è affidata la predicazione del Vangelo; del Vangelo del matrimonio. «Sono duemila anni che in Europa il vescovo costituisce uno dei gangli vitali, non soltanto della vita eterna, ma delle civiltà; non soltanto della civiltà nel senso storico e solenne, ma anche nella povera – eppure così grande – vita quotidiana» [G. De Luca].
         Gli sposi cristiani. Già la sapienza pagana aveva percepito una verità molto importante. Cicerone scrivendo al figlio Marco, gli dice che «se si potesse vedere con gli occhi [l’onestà], susciterebbe un ardente amore» [De officiis I, 15]. E Gesù dice qualcosa di più grande: «vedano le vostre opere buone, e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli». Nelle opere buone risplende la Gloria di Dio, e chi le vede glorifica Dio medesimo.
         Gli sposi cristiani mostrano la bellezza del Vangelo del matrimonio. La rendono visibile, e quindi attraente.
         La proposta cristiana è un evento storico. Esso deve essere narrato: è la missione dei Vescovi. Esso deve essere rappresentato: è la missione degli sposi. Una narrazione senza rappresentazione sarebbe come se la musica di Mozart non fosse mai eseguita, ma solo letta e studiata. Una rappresentazione senza narrazione non avrebbe senso.

18/09/2015
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