Marzabotto, Messa per i caduti dell’eccidio di Monte Sole

Questi luoghi ci aiutano a comprendere con chiarezza le nostre radici e la responsabilità che è affidata a noi, perché queste diano frutto per il futuro. Dipende da noi. Le radici sono indispensabili perché senza ci si perde facilmente in quello che è vano. Ma le radici devono nutrire scelte nuove, coraggiose, sogni per “l’uomo che verrà”. Qui sentiamo il peso del passato, con le sue domande sempre inquietanti  (“Saremo migliori?”; “Com’è stato possibile?”; “Sarà di nuovo possibile?”; “Come abbiamo fatto ad assistere a delle stragi come in Ruanda senza fare nulla?”; “Perché non si è fermata la mano di Caino contro Abele?”).

Qui, dove ci misuriamo con la storia vera dell’uomo, capiamo il senso della Parola di Dio. Il cristiano è un uomo del cielo perché è nella storia! Oggi abbiamo ascoltato: Non è buono che l’uomo sia solo. È la premura, tenera, di Dio verso l’uomo ed è la sua volontà. Dio lo dice perché non è buono per l’uomo, non per sé. Dio non parla per se stesso, come spesso gli uomini che dicono solo quello che conviene loro o interpretano tutto solo a partire dalla loro condizione. Dio parla per noi, perché ci ama e Dio non ha creato un oggetto, ma un soggetto.

Ogni volta che l’uomo – in questo caso dobbiamo dire maschio – riduce la donna a oggetto, la considera sua tanto da possederla, tradisce e bestemmia la volontà di Dio. Ogni volta che l’uomo si pensa da solo va contro Dio ma in realtà contro se stesso, quindi! No, non è buono, fa male vivere da soli, pensarsi da soli, anche quando la solitudine è perduta nella folla di un io esteso, che diventa etnia, razza, superiorità. Non è buono che l’uomo sia solo nella navigazione digitale, con le sue illusioni e con una vita verosimile ma non vera.

Non è buono, fa male alla persona, perché non siamo fatti per stare soli. Dio stesso non sta solo: non cerca automi, robot che obbediscono, algoritmi per trovare quelli uguali. L’altro, qualunque esso sia, è carne della mia carne. Capiamo così la risposta di Gesù nel Vangelo, disinteressato a entrare nelle discussioni e nelle interpretazioni degli uomini. Ricorda che è il divisore il problema, colui che spezza i legami, che impedisce di sentirsi uno parte dell’altro, tanto da non capirsi e amarsi, da non sapersi pensare assieme. Gesù è venuto a realizzare l’amore dell’inizio, da cui veniamo e che realizza il desiderio di ogni persona e che la porta a stare bene.

Tutti siamo figli di unione e stiamo bene quando la ritroviamo tra di noi e quindi con noi stessi. È quel “Fratelli tutti” che è il sogno di Dio per l’umanità e che in questi mesi Papa Francesco ha riproposto, offrendolo a tutti, tutti gli uomini. Non è buono che l’uomo si abitui a fare a meno dell’altro, che scarti il suo prossimo, perché scarta le sue radici e, in fondo, costruisce un mondo in cui lui stesso verrà scartato! Non è buono un mondo di tante felicità individuali, che gonfia l’io e piega tutto al suo benessere, ma senza il prossimo. Non è buono che l’io sia senza il noi: si perde, non sa più chi è. Non è buono il “me ne frego” sprezzante e violento o il paganesimo ateo e senza umanità che stabilisce la razza, per di più indicando quella vera e l’altra pericolosa e inferiore tanto da sopprimerla. E semi di questo male, perché è male, si moltiplicano e producono frutti. I cuori e le menti diventano così intossicati con l’enfasi del disprezzo, della supremazia nutrita dall’ideologia, dall’istinto brutale, da considerare l’altro un oggetto senza valore, anzi, un nemico che è giusto sopprimere. Ogni scelta che escluda qualcuno è pericolosa per tutti, perché c’è sempre qualcuno che verrà prima e giudicherà chi viene dopo, l’altro, inutile o pericoloso. Per questo costruiamo ponti e non muri: solo così si diventa fratelli tutti!
Da qui ci uniamo spiritualmente a tutte le stragi che continuano a versare il sangue di Abele, che grida verso Dio e verso l’uomo. Dio lo ascolta. Noi? Che cosa abbiamo fatto? Che cosa stiamo facendo? Dove avviene una strage è tutto il mondo che crolla! Non è un problema di numeri, di quantità, perché le stragi sono tanti nomi e storie. Ogni uomo ucciso è il mondo che viene ucciso. Chi uccide un uomo, uccide il mondo intero, dice Dio di Caino, che pure aveva ucciso se stesso uccidendo suo fratello.

Un poeta quando perse l’amato scrisse che «non servono più le stelle: spegnetele anche tutte; perché ormai più nulla può giovare». Quando muore qualcuno si spegne tutto. «Colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli». E provenendo tutti dalla stessa origine dovremmo imparare a chiamarci e ad esserlo “fratelli tutti”, l’opposto della logica delle stragi. Questa pandemia ha sgonfiato tante onnipotenze e ci ha mostrato come siamo piccoli, vulnerabili, bisognosi di protezione. Non perdiamo questa consapevolezza, perché solo insieme possiamo uscire da ogni pandemia. Piccolo significa, però, anche rendere il cuore umile e semplice, tanto da non avere paura dell’altro, da pensarsi in relazione con lui. «Il regno dei cieli appartiene a chi è come loro». Non è un’affermazione sentimentale, altrimenti impossibile, come rientrare nel seno di nostra madre.

È nascere finalmente da uomini, capendo quello che siamo. In termini laici e spirituali è scegliere di proteggere “l’uomo che verrà”, come la piccola bambina Martina nel film omonimo: salvarsi dal male salvando il piccolo, custodendolo dalla violenza di tanti uomini soli.
In questo giorno così solenne, aiutati dalla testimonianza della prima vittima di una strage che è Gesù, scegliamo di pensarci assieme, fratelli tutti e di essere artigiani di pace, che inizia con il parlarsi e aiutarsi nelle sofferenze. Da questo luogo dove il fratello ha brutalmente reciso la vita di suo fratello, si impone la scelta di ripudiare la guerra, la violenza e i pretesti, gli interessi economici – come se mai ce ne potesse essere uno – che portano a uccidere. E la divisione inizia nell’accettare di vivere separati, senza l’altro.

Forse fu proprio avendo negli occhi e nel cuore l’orrore di queste stragi che i costituenti scrissero quel solenne impegno di (Articolo 11) ripudiare la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli ma anche come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Quante conferme! Lo abbiamo visto recentemente: la guerra non è mai la soluzione! E non dobbiamo ancora, nella guerra mondiale a pezzi, in questo ospedale da campo cui è ridotto il mondo, immaginare e scegliere altre limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni? Non è vero, sia a livello personale come di ogni comunità e nazione, che dobbiamo perdere qualcosa del troppo gonfio io per rafforzare il debolissimo noi?

Non è forse indispensabile promuovere e favorire le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo con nuova determinazione? Gesù, la vittima, chiede che ogni croce sia trasformata in vita, le lance in falci, gli ordigni temibili e terribilmente pericolosi (sempre, anche se in giacenza) in nuovi impegni per lottare contro tutte le pandemie. La croce è sconfitta dall’amore di Dio che apre il sepolcro, ma deve essere trasformata dagli stessi uomini che follemente le croci le costruiscono per uccidersi. L’ideologia dell’indifferenza fa sempre crescere l’inimicizia e noi non vogliamo assistere in maniera fatalistica ai tanti conflitti, ai tanti pezzi di guerre mondiali! L’unica soluzione è lavorare per la pace, tessere il dialogo, aiutare a risolvere i conflitti che vanno riconosciuti e affrontati, perché sono sempre motivo di divisione e versano nei cuori aggressività e rabbia.

È irresponsabile fare finta di niente, ignorarli, cercare piccole convenienze individuali, non capire le cause dei conflitti e non lavorare perché al contrario diventino legami dell’unica famiglia umana. Quanto odio e quanta violenza restano nascosti, quante ingiustizie incattiviscono e rendono i cuori e l’ambiente elettrici e pericolosi. «Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”». Dipende da noi. È la volontà di Dio. «Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato» (FT 35). È l’impegno a superare ciò che ci divide capendo che siamo della stessa famiglia umana, per cui «vediamo l’avversario politico o il vicino di casa con gli stessi occhi con cui vediamo i bambini, le mogli, i mariti, i padri e le madri» (FT 230). «Non comunico effettivamente con me stesso se non nella misura in cui comunico con l’altro» (FT 87). Prendiamo la bicicletta di Fornasini e costruiamo il sogno di fratelli tutti, il sogno di Dio e dell’uomo, il sogno dei piccoli che finalmente fanno cose grandi.

Marzabotto, chiesa parrocchiale
03/10/2021
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