Messa a Pistoia per il patrono San Giacomo

Proprio dieci anni or sono, in occasione del 50 anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, Papa Benedetto XVI ne ricordò lo scopo, citando le parole di Papa Giovanni XXIII: “La dottrina certa ed immutabile deve essere fedelmente rispettata e sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo”. In fondo è quello che ci è chiesto oggi nel nostro cammino sinodale, perché altrimenti finiamo anche noi per valutare “i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio”, ad esempio polarizzando, cercando solo ossessivamente il negativo e diventandone zelanti e divisivi complici, a volte per interesse e presunzione personale altre volte per zelo mal riposto. Finiamo anche noi per vedere solo rovine e guai! Certo. Ci sono tante rovine. Ma nella visione cristiana queste devono rappresentare un’opportunità per alzare lo sguardo, per convertirsi, per comunicare il Vangelo che é luce proprio perché c’é ancora più bisogno quando si é nelle tenebre! La lotta tra luce e tenebre ci accompagnerà sempre ma sappiamo che le tenebre non spengono la luce. Siamo discepoli di un Signore che non si ritira dal mondo, pensando così di proteggere la luce, che ci chiede di non nasconderla sotto il moggio ma ci manda ad amare gli uomini e combattere il male, ad annunciare il suo amore vivendolo, non comunicando dei principi. Insomma, non siamo chiamati ad essere semplicemente cristiani e non condottieri di un mondo cristiano immaginario e comunque sempre in salotto o in sacrestia?

Papa Benedetto osservò che per annunciare Cristo all’uomo contemporaneo era necessario aprirsi con fiducia al dialogo con il mondo e affrontare la “desertificazione“ spirituale, il vuoto che si è diffuso, proprio perché serenamente forti della nostra fede, trasmettendo la gioia di credere. “Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita”. Proprio nel deserto c’è bisogno di persone di fede che con la loro vita trasmettono la speranza e mostrano, vivendolo, il di più dell’amore cristiano, gratuito, verso tutti, senza alcuna altra ragione che l’amore per Dio e per il prossimo. L’amore cristiano é allergico alle grandi enunciazioni perchè non é un principio di cui pensiamo avere l’esclusiva, ma servizio umile verso tutti. Da come ci amiamo e amiamo saremo riconosciuti. “Il viaggio è metafora della vita, e il sapiente viaggiatore è colui che ha appreso l’arte di vivere e la può condividere con i fratelli – come avviene ai pellegrini lungo il Cammino di Santiago, o sulle altre Vie che non a caso sono tornate in auge in questi anni. Come mai tante persone oggi sentono il bisogno di fare questi cammini? Non è forse perché qui trovano, o almeno intuiscono, il senso del nostro essere al mondo?”. Ecco la chiave: il senso di essere al mondo! Così non guardiamo i pellegrini passare come fossero estranei e noi spettatori, ma ci mettiamo in cammino con loro per aiutare a trovare il senso loro e nostro, perché anche noi dobbiamo ritrovarlo per capire la verità che Gesù ci ha affidato. Via, verità e vita si aiutano sempre. Non c’é verità senza vita e vita vera, non da laboratorio, ma via, strada, quindi cammino accidentato e duro come quello di tutti. Mi sembra che sia proprio quello che ci è chiesto e che avete scoperto voi che a San Giacomo e al suo cammino siete così legati. Mettersi in viaggio é sempre un’avventura, un rischio ma non lo facciamo per dovere (saremmo svogliati o presuntuosi!) ma perché é un bisogno scritto nel profondo del nostro cuore.

Certo, possiamo anche pensare follemente di restare dove siamo, bloccando il presente, cercando di renderlo eterno per poi trovarsi solo consumatori o illusi proprietari della vita. Si muore restando fermi non camminando! E per di più in viaggio ci siamo lo stesso, pellegrini che seguono il pellegrino e che incontrano con Lui tanti compagni di strada insospettabili, diversi, feriti. Solo per strada si vive l’avventura di parlare senza difese e solo per strada i ruoli si verificano per davvero, si riscoprono poco alla volta, non condizionano il dialogo. Per strada capiamo chi siamo e perché lo siamo. Senza maschere. La pandemia stessa ci ha fatto capire il pericolo di briganti, sempre in agguato, come il virus o le armi che uccidono. Ma nel cammino relativizziamo il nostro io – finalmente – a noi stessi, a Dio e al prossimo. Per strada capiamo di più la fatica di chi percorre cammini pericolosi in cerca di futuro. Il cammino di San Giacomo porta a Finis Terrae, perché Compostela era la parte estrema della terra. È anche il Campus stellae, come fu trovata con il bagliore celeste. Le “stelle non le vediamo più“ perché siamo chiusi a casa e c’é tanto inquinamento dentro il nostro cuore e nella stanza del mondo. Ma all’aperto, seguendo Gesù, aiutiamo come possiamo. Le strade del cammino passavano per buona parte dell’Europa, per certi versi la univano. Allora era divisa da quelle frontiere che il secolo scorso hanno causato la morte di milioni di persone. Ecco cosa ci chiede oggi il cammino di Santiago! Quando non ci ricordiamo che siamo tutti poveri pellegrini, che l’altro non é un nemico o un estraneo, ma un pellegrino come me, viandante della vita. Il nostro cammino cerca la strada del cielo, altrimenti se tutto finisce sulla terra diventiamo pieni di idoli e schiavi di dipendenze! San Giacomo ci aiuta a ritrovarci pellegrini e mendicanti di vita, a ricostruire la comunità tra di noi, per superare le tante frontiere, le più pericolose, quelle che portiamo nel cuore.

Siamo sempre dei vasi di creta. Non dobbiamo invidiare vasi di metalli preziosi, credendo così di imporci, di essere presi sul serio o di piegare l’altro alle nostre ragioni. Il prossimo non dobbiamo vincerlo, ma amarlo! Quanti guasti ha creato (e crea) un atteggiamento forte, paternalistico o supponente! Anche perché il cristiano é perfetto solo nell’amore e se ama, e la sua forza é la debolezza! Siamo e restiamo deboli, creta! “Noi abbiamo il tesoro in vasi di creta”! Proprio per questo appare chiaro come “questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi” (2Cor 4,7). Funziona anche al contrario! Non é grande chi si impone, chi deve sempre dimostrare chi é lui, chi ha il potere (o pensa di averlo), chi possiede, chi non deve chiedere niente, ma solo  chi, ed é questa la differenza del cristianesimo, ama, serve il prossimo, serve al prossimo. Così diventa davvero importante. Tutti possiamo servire, e direi anche che tutti dobbiamo servire. Ci può essere un cristiano che non faccia un servizio? E quando non possiamo “fare” più niente, se amiamo serviamo lo stesso! La nostra generazione ha rinunciato tanto al gratuito. Tutto é interesse, calcolo, e volere bene e basta sembra di poco conto! Non é solo la gratuità nel senso di regalo, senza alcuna ricompensa, ma anche il farlo gratuitamente e senza farselo chiedere; continuare a farlo per farlo meglio, quando serve all’altro, non a me;  fare quello che serve a lui e non quello che penso io; farlo a tutti e a tutte le ore, non a quelli che penso io e quando voglio. Perché é amore, non prestazione di opera.

Siamo tutti in viaggio, cercatori di senso, di infinito, di futuro. Abbiamo tanto bisogno di verità e di bellezza, di vedere il Campus stellae, perché se guardiamo il cielo sappiamo camminare sulla terra. E se abbiamo un cuore acceso di amore e di fede saremo noi come stelle di consolazione e di luce per tanti che son avvolti nel buio, terribile, angosciante, della guerra, della solitudine, della disperazione, della depressione, dell’incertezza, precipitati nel proprio abisso. Non troviamo quello che cerchiamo, come chiede la Madre di Zebedeo, pensando a sé senza il noi, cercando una felicità individuale senza quella degli altri, insomma banalmente salvando se stessi. Il primo tra voi, sarà vostro schiavo! Lo crediamo poco. L’amore é gratuito e libero da condizionamenti, per tutti, come gli ospedali del cammino. Il servo vuole che l’altro stia bene. È un perdente? No. È il più grande!

Nelle difficoltà di questi tempi duri che chiedono cristiani veri e che rivelano anche il tono della nostra fede, nella necessità di tornare a guardare le stelle nell’oscurità San Giacomo, e il suo cammino, ci aiuta a pensarci insieme, a non lasciare indietro nessuno, a cercare chi si perde senza interrogarci perché gli é successo, ad aspettare con pazienza e impazienza come il Padre della parabola che non vede l’ora di abbracciare il figlio, ad aiutare a camminare chi non ce la fa più, a ricodarci che non camminiamo verso il nulla ma verso la pienezza della vita, seguendo Gesù, pellegrino, via, verità e vita che si é fatto servo perché anche noi troviamo la nostra gioia donando per amore. Solo per amore.

 

Pistoia, Cattedrale
25/07/2022
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