Perché camminare insieme? Perché siamo un popolo e non delle isole, perché l’uomo non è un’isola; perché le distanze provocate dalla pandemia del COVID, e che ci hanno tenuto tanto fermi, ci spingono ora a contemplare la bellezza di essere insieme. Stasera camminano con noi i tantissimi che non hanno potuto farlo fisicamente, ma che sono uniti nello Spirito. Siamo insieme, perché in questa strada, specialmente quando si fa più difficile, non vogliamo che nessuno resti solo o indietro. Siamo insieme perché l’altro, chiunque egli sia, è sempre nostro fratello. Capiamo, infatti, che ogni compagno di viaggio, anche quello che sembra così distante da noi, è il nostro prossimo. Lo diventa, e noi per lui lo diventiamo, solo camminando e amando! Camminare ci fa capire il tanto che ci unisce e che a volte ci sembra perduto o messo in discussione e questo ci addolora. Qui, incerti e inquieti come siamo, troviamo certezza e forza. Siamo tanti, ma non siamo una massa. Lo diventiamo quando seguiamo i sentieri individuali, credendo così di essere noi stessi. Solo insieme troviamo il nostro io! Camminiamo perché non possiamo stare fermi, perché il Signore ci ha chiamato a camminare con Lui, a seguirlo per la sua strada, quando eravamo oziosi oppure stanchi a riassettare le reti o nascosti dietro un tavolo di imposte. Camminiamo perché la vita stessa è un cammino, un pellegrinaggio meraviglioso e drammatico che ci porta ad attraversare anche le valli oscure, inevitabili ma mai definitive, sempre scoprendo il pastore che è con noi, l’unica vera sicurezza nella notte del potere delle tenebre. La notte ci fa comprendere quelle terribili della guerra, come quella che inghiottì Gesù, notte di umanità perduta, di vittoria del male cui tutto sembra possibile, con la complicità degli indifferenti, di quanti invece di preparare gli strumenti che danno la vita costruiscono quelli sempre più terribili che procurano la morte. La paura ci vuole persuadere che è meglio stare fermi. Ci induce a pensare a noi stessi senza gli altri, a dare retta al “salva te stesso”, magari cercando rassicuranti ed esosi esperti che nutrono l’egocentrismo. Le risposte vere le troviamo solo camminando, aiutando a camminare, affidandoci allo Spirito che non farà mancare nulla. Camminare ci fa vivere l’esperienza concreta della fraternità, di questa “carovana solidale, santo pellegrinaggio” che è la vera risposta alla pandemia. Il male divide. L’amore unisce! Camminare relativizza l’io al noi, rivelando la bellezza del dono che siamo, che ognuno di noi è per l’altro, per tutti, specialmente per i poveri travolti dalla pandemia della guerra, della malattia, della fame. Non abbiamo paura degli imprevisti del cammino, ma abbiamo paura di non camminare, perché altrimenti perdiamo il futuro. Camminiamo verso la casa di Maria, di Colei che ha creduto che tutto è possibile a Dio, la prima dei credenti, l’umile che compie le cose grandi dei piccoli e permette a Dio di rovesciare i potenti dai troni e di disperdere i superbi nei pensieri del loro cuore. Camminando noi stessi diventiamo casa e impariamo ad essere casa di amore, perché la Chiesa è casa di tutti, dei “fratelli tutti”. Dio stesso è casa, è comunione, Trinità santa e benedetta, una cosa sola come chi vive per l’altro. Camminiamo perché spinti da un desiderio, che ci fa sentire il bisogno, che ci rende leggeri, che ci fa uscire dalle sicurezze che diventano in realtà prigioni. Il desiderio di trovare qualcosa lo abbiamo scritto dentro e l’amore di Gesù e dei fratelli lo hanno acceso. Sì, sentiamo ardere il nostro cuore ascoltando la sua parola, vedendo come per strada il pellegrino continua a spezzare il pane per noi perché anche noi lo facciamo con gli altri. Andiamo verso una casa di pace perché non possiamo sopportare la violenza e la guerra, non ci abitueremo mai ad esse. Per trovare la pace dobbiamo affrontare il buio! Maria ci attende perché ci mostra il principe della pace, che insegna a tutti a combattere perché vuole che il mondo intero sia una casa di pace. È la nostra speranza, perché tutto è possibile a Dio e “la speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Ecco, capiamo le cose future e le contempliamo oggi in mezzo a noi. “La preghiera diventi, sull’orlo del nostro orizzonte, l’avamposto della nostra umanità, della nostra umanità in battaglia, perché la condizione della battaglia è inevitabile e inesorabile, anzi, per il Signore è stata la croce. […] Qualsiasi errore, qualsiasi recidività nei nostri errori non ci fermi. Non ci fermi, perché Dio è misericordia” disse Giussani. “A Dio tutto è possibile” e tutto è possibile a chi crede. E’ solo affidando tutto a Dio che tutto diventa possibile. Ecco la certezza della nostra speranza.
Sessanta anni fa un Papa che tutti chiamarono “buono” disse la sera dell’inizio del Concilio Vaticano II: “Tutti insieme ci animiamo cantando, sospirando, piangendo, ma sempre, sempre pieni di fiducia nel Cristo che ci aiuta e che ci ascolta, continuare e riprendere il nostro cammino”. Diventiamo strumenti di questo amore. Per camminare bene e capire il nostro cammino sulla terra dobbiamo guardare il cielo. Guardiamo il cielo e le stelle che illuminano le notti più scure. La luce si vede di più proprio quando il buio è più profondo. E teniamo acceso il nostro cuore perché i tanti che vagano nel buio, che sono avvolti dalle tenebre del male, possano riconoscere anche da lontano una stella di amore, di consolazione, di speranza nei nostri occhi, nei nostri cuori, nelle nostre mani. “L’Oltre di Dio ci rimanda all’altro del fratello. Ma se vogliamo custodire la fraternità, non possiamo perdere di vista il Cielo”. Solo insieme c’è futuro. E la casa è una sola. “Non ci sarà pace finché gli altri saranno un loro e non un noi. La pace non chiede vincitori né vinti, ma fratelli e sorelle che, nonostante le incomprensioni e le ferite del passato, camminino dal conflitto all’unità”. Tutto è possibile? Sta a noi viverlo, sta a noi ricordare al mondo che “la vita umana vale per quello che è e non per quello che ha, e che le vite di nascituri, anziani, migranti, uomini e donne di ogni colore e nazionalità sono sacre sempre e contano come quelle di tutti!”. Sta a noi essere artigiani di pace, di comunione, umili generatori di amore perché solo gli umili possono compiere le cose grandi di Dio, quelle che cambiano la vita e costruiscono la pace. “Tutto è possibile a chi crede”. “Credo, aiuta la mia incredulità!” (Mc 9, 23-24). Tutto può cambiare, l’amore è più forte del male e diventa costruzione di quel mondo “Fratelli tutti” che è l’unica via perché esso non si distrugga. Camminiamo sempre, con gioia.