Messa con la candidatura dei diaconi permanenti

Gesù ci pone una domanda personale, perché non ci tratta mai da estranei e non ci segue in maniera anonima, impersonale, distante, fredda. “Che cosa cercate?”. Il rapporto con Lui è sempre personale e ci aiuta ad avere rapporti personali. Non dobbiamo avere paura della domanda di Gesù, anzi abbiamo proprio bisogno di una relazione con qualcuno che ci ama per davvero, di cui fidarci, che ci prende sul serio ma non ci compiace, che ascolta e non fornisce risposte a poco prezzo. Perché Gesù ci lega a Lui ma senza possederci, ci ama e chiede di amare. Non è un giudice, è un padre, un fratello. Non è come i maestri di questo mondo: non fornisce benessere a poco prezzo lasciando soli.

Gesù ci aiuta a trovare la risposta aprendoci la sua casa, cioè il suo cuore. Cosa cercate? È la domanda della nostra vita che ci aiuta anche a capire quello che conta davvero e a perdere quello che invece diventa importante, proprio perché non sappiamo chi e cosa cercare. Cerchiamo successo, ricchezza, esibizione, qualcuno da possedere o usare? Cerchiamo risposta vera alle domande che ci agitano, luce nel buio, vita nella sofferenza, via nell’incertezza, verità nel dubbio? Il Signore ci chiama e ci propone di seguirlo e di stare con Lui. La chiamata non è solo per alcune persone perché ogni cristiano è chiamato. Sono diversi i servizi, e tutti sono importanti perché ognuno deve servire. La chiamata non è una rinuncia, perdere altre possibilità, come ci fa credere una vita consumista che riempie di possibilità, per cui sceglierne una significa perdere le altre. Seguire il Signore ci fa trovare quello che cerchiamo per davvero. L’immaginario di libertà individualista rende un legame serio, profondo, personale, scelto non subito, impossibile o troppo difficile.

La chiamata non è solo per alcuni ma per tutti. Siamo un corpo e ogni parte è importante, tutte sono utili e possono rendere il corpo forte, sostenere a vicenda, sopportare. Dobbiamo sempre chiederci cosa succede al corpo se faccio mancare la mia parte, il mio specifico, unico servizio. E anche, al contrario, quanta forza doniamo pensandoci insieme. Seguimi e vedrai. Solo camminare permette di capire dove abita. Gesù, peraltro, dirà di sé che non ha un posto dove poggiare il capo, perché abita nel suo cuore e abita nel nostro, nella sua Chiesa, nei suoi fratelli più piccoli, abita nel creato e nelle creature, cantori della vita, come cantava San Francesco. Chiedere di seguirlo significa anche che ha piacere che stiamo con Lui. È una relazione di amore (“erano le quattro del pomeriggio”, descrive proprio come un innamorato), che avviene in un incontro, non in laboratorio, non in astratto, non da funzionari.

Il Signore ci chiama e oggi, accogliendo le candidature di questi nostri fratelli che vengono ammessi al diaconato, sentiamo tutti noi la grazia di essere suoi, di poterlo servire con la chiamata, di rinnovarla e anche di interrogarci: cosa chiede oggi per me, per noi, seguirlo? La chiamata non è mai una volta per tutte, ma avviene nel tempo e si rinnova interrogandoci di fronte alla parola di Dio e alle necessità, agli incontri, alle domande che la storia personale e collettiva ci pongono. Come per Samuele, all’inizio sembra una chiamata solo umana e facciamo fatica a capire che è il Signore che parla, a dialogare con lui interiormente, in piena coscienza e nella libertà dell’anima.

“Parla, il tuo servo ti ascolta”. Dio ci parla quando capiamo che siamo servi. Nessun diacono ha scelto di diventarlo, ma è stato chiamato e ha detto di sì, ha imparato a dire “eccomi sono servo”, sono “tuo”, come si può dire ad una persona che si ama, alla quale si apre il cuore e che si desidera amare. Il servizio inizia mettendoci in atteggiamento di disponibilità, gratuitamente, cioè senza limiti, senza alcuna ricompensa di nessun tipo, compresa la considerazione, ma solo per amore. Gesù abita sull’altare dell’eucarestia e su quello della carità, quello della sua condivisone con noi e quello della nostra condivisione con la folla e con i fratelli più piccoli di Gesù. Tutti e due gli altari sono importanti. E sono collegati, e non è vero che per vivere bene uno si deve escludere l’altro. Anzi!

L’eucarestia ci rende commensali della sua tavola, anticipo di quella del cielo. La bellezza del Signore non è un’entità estetizzante, fuori dalla vita, ma si mischia con la nostra umanità e la troviamo nella storia, non fuori da questa, imparando ad amarci non in astratto, ma con la carne delle nostre persone. È la storia nostra: siamo stati amati, ascoltati e accolti. E siamo chiamati non per compiacimento né di Dio né nostro, ma per andare incontro alla folla. Dio ci chiama e ci manda a servire l’eucarestia e ad annunciare la parola, con l’esempio e la carità. Ci ama e ci chiede di amare. Ci dona perché doniamo. Quanti hanno bisogno di avere un cammino, di trovare la casa dove abita il Signore, di trovare senso, bellezza, tenerezza, protezione, consolazione! Quanti hanno bisogno di un fratello che gli faccia “vedere” l’amore di Dio, come amiamo, come preghiamo! Non pensiamo, quindi, che sia indifferente se restiamo distanti oppure ci mettiamo al servizio, se aiutiamo questa casa di pietre vive ad essere casa della presenza di Dio, del suo amore attraverso il nostro. Non è mai indifferente e senza conseguenze come viviamo e come rispondiamo alla sua chiamata, e anche come la rinnoviamo.

Quest’anno ricordiamo i quarant’anni dell’ordinazione dei primi diaconi. Sarà occasione di riflessione e di nuova decisione in questo ministero. Ringrazio il Signore per la chiamata che voi, carissimi candidati diaconi, avete ricevuto. Lo ringrazio per la vostra risposta che ora ascolteremo pubblicamente, per poter costruire comunità dove impariamo ad amarci, a leggere la Parola perché diventi vita, a servire i poveri. Ringrazio le vostre comunità nelle quali avete capito e capirete sempre perché il Signore vi chiama, perché il cristiano non è mai un libero professionista, ma è un membro di una famiglia che serve per servire la grande folla soffrente dove siamo mandati.

Ringrazio per il sostegno, l’accettazione e la vicinanza delle vostre famiglie che aiutano a vivere la Chiesa come famiglia e vi sostengono nella vostra generosità. Lo ringrazio per don Angelo e tutti i vostri formatori che vi hanno guidato con competenza e amore, con attenzione fino a questo decisivo momento. A cosa vi formate? A essere “pieni di Spirito e di saggezza” (At 6, 3), alla docilità alla sua Parola che vi dirà sempre seguimi e vedrai, alla carità che supera i limiti. Amate questa nostra Madre Chiesa che ha tanto bisogno di fratelli e sorelle che servano, di comunione, di cuori che la rendano viva e madre di amore per tutti. In un mondo così segnato dalla violenza, dalla solitudine, da tante sofferenze evidenti e nascoste nelle pieghe dell’anima, abbiamo bisogno di persone che amino senza compromessi, senza mediocrità, mostrando come il Vangelo rende la vita più bella e libera dalla stolta ricerca di una felicità individuale, dalla follia della violenza, dalla discriminazione, dall’ignoranza. Cercate l’unità e la pace perché siamo una cosa sola. Sempre e solo per amore. Sempre ringraziamo Dio per tutto e sempre con la gioia che rende forti, scaccia la tristezza e il vivere per se stessi.

Bologna, Cattedrale
14/01/2024
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