Messa della Domenica delle Palme

Gesù entrando nella Città Santa cavalca un asino. Non un cavallo, ma l’animale della semplice gente comune, quella della campagna. Non è nemmeno suo. Lo chiede in prestito. Non si presenta certo come gli uomini importanti, quelli dei saluti nelle piazze e delle apparenze. Non è annunziato da persone che preparano e impongono. Per la nostra generazione è l’invisibile e indispensabile sostegno mediatico, la fabbrica delle notizie che costruisce profili, orienta le masse, crea consenso e allo stesso tempo distrugge con poco, a libro paga degli interessati.

Gesù non si esibisce come amano fare gli uomini di potere, mostrando la forza di sicurezze esteriori per difendersi e sentirsi sicuri. Si presenta proprio come chiede ai suoi: grande perché serve. I discepoli capirono solo dopo che Gesù dava compimento all’annuncio dei profeti. Zaccaria, infatti, aveva detto: “Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d’asina” (Gv 12, 15; cfr. Zc 9, 9). Ma il testo continua e proclama che questo re “Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme; l‘arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti” (Zc 9, 10).

Ecco il re che accogliamo oggi, così diverso dai re di questo mondo, che portano la guerra perché si mettono d’accordo sui soldi ma poi litigano tra loro. Abbiamo bisogno di pace e di pace vera. Della pace, come tante altre cose, ce ne accorgiamo solo quando mancano! Accade perché siamo orgogliosi e fragili. Chi accoglie Gesù sono principalmente i bambini. Con gioia. Davvero se non diventiamo come loro non entriamo nel regno dei cieli. Convertirci è aprirci alla gioia, fare spazio a Gesù, liberandoci dalle tante tristezze dell’adulto, dallo scetticismo di Nicodemo, dalle tante interpretazioni intelligenti su di noi, quelle che spiegano tante cose di come siamo fatti, che indagano con raffinata intelligenza sulle cause, ma non sanno darci quello che serve per davvero, spiegarci come si rinasce, perché parlano molto dell’amore ma non lo vivono.

Dobbiamo diventare bambini lasciandoci riempire il cuore dal vento dello Spirito, quello che noi, che crediamo di controllare tutto, non sappiamo da dove viene e dove va. Lo Spirito è il vento che spazza le nebbie dell’amore per noi stessi, della tentazione di farci re da soli, di imporre il proprio io. Gesù ama e quindi si pensa per l’amato. Non si sacrifica: ama e quindi si sacrifica. Non ha paura. Ama e il suo amore è più forte della paura, ama più il prossimo che la paura. Gesù è figlio e si affida ad un padre, non un orfano che conta solo su se stesso e non vuole perdere nulla. Non lasciamoci intimorire dai farisei che vogliono azzittire i piccoli, infastiditi come il fratello maggiore per una festa di sola misericordia, sospettosi di qualsiasi entusiasmo, perché i farisei si entusiasmano solo per le loro apparenze, per le convenienze, per la loro considerazione e non per la gioia di bambini che fanno festa perché cercano la pace e riconoscono chi ama per davvero.

Viviamo giorni difficili, drammatici. Abbiamo bisogno della pace. Aspettiamo un re di pace, che non inganni, che non si imponga urlando. Ci accorgiamo della realtà, drammatica, pesante, che appare drammatica così com’è. Il mondo è un ospedale e la vita vera è segnata sempre dalla lotta contro il male. Questo ci spaventa perché ci chiede di scegliere. Abbiamo creduto che combatterlo fosse solo un fatto di perfezionamento individuale, in fin dei conti facoltativo tanto che possiamo vivere e scegliere come ci pare, perché in fondo il criterio è solo soggettivo e individuale. Il male invece è oggettivo, ci rende tutti fragili, contrappone l’amore per noi stessi a quello per il prossimo e per Dio. Il male fa girare tutto intorno al nostro io. Chi ama si pensa per l’altro. Il male nasconde e rende difficile l’amore riempiendoci di paure, orgogli, rancori, chiusure, pregiudizi, banalità, di cose che finiscono per diventare più importanti delle persone. È il male che fa credere che “andrà tutto bene”, con la sorda convinzione che il male sia un’esagerazione, che si vince con poco, che basta capirlo.

Oggi, davanti a questa immensa sofferenza che ci raggiunge – quando muore un uomo muore il mondo intero – capiamo l’incredibile scelta di Gesù di farsi uomo. È il contrario della pandemia: un amore per tutti, la salvezza per tutti, l’arca di Noè nel diluvio, la nuova ed eterna alleanza. La finitezza ci fa misurare quello che siamo non per umiliarci, per svuotarci, ma per essere forti nella debolezza, non deboli proprio perché ci crediamo forti. Ricordarlo non è motivo di tristezza, ma di consapevolezza, di gioia vera, non finta. Apriamo il cuore a questo Re di pace, che possiamo disprezzare per idolatrare qualche potente di turno ma che è l’unica pace perché affronta il male e lo vince. Egli farà sparire i carri da guerra e i cavalli da battaglia, spezzerà gli archi ed annuncerà la pace.

Guardiamo a Lui, che sarà innalzato sull’albero della croce, per essere salvi. Papa Benedetto ha scritto: «La croce è l’arco spezzato, in certo qual modo il nuovo, vero arcobaleno di Dio, che congiunge il cielo e la terra e getta un ponte sugli abissi e tra i continenti. La nuova arma, che Gesù ci dà nelle mani, è la Croce – segno di riconciliazione, di perdono, segno dell’amore che è più forte della morte. Ogni volta che ci facciamo il segno della Croce dobbiamo ricordarci di non opporre all’ingiustizia un’altra ingiustizia, alla violenza un’altra violenza; ricordarci che possiamo vincere il male soltanto con il bene e mai rendendo male per male». La Croce è Dio che rende l’uomo uomo pienamente amato, forte della vera forza di Dio e dell’uomo: l’amore. Non troviamo la vita impadronendoci di essa, ma donandola. L’amore è donare se stessi. Lasciamoci commuovere dall’amore anche se il mondo lo uccide con la forza della guerra e della sua terribile disumanità. Inquesta Pasqua così vera passiamo dall’amore per noi stessi all’amore per Gesù e per il prossimo per rinascere ad una vita nuova, per liberare il mondo dal demone del male, per costruire la pace, per essere fratelli tutti con Gesù, nostro fratello. Il ramoscello di ulivo che abbiamo tra le mani è gioia di accoglierlo e scelta di essere artigiani di pace.

Ci aiuti Maria, nostra Madre e Madre di Dio affidata a ciascuno di noi. Con la sua intercessione facciamo nostra la preghiera di Papa Francesco: «Tu, stella del mare, non lasciarci naufragare nella tempesta della guerra. Tu, arca della nuova alleanza, ispira progetti e vie di riconciliazione. Tu, “terra del Cielo”, riporta la concordia di Dio nel mondo. Estingui l’odio, placa la vendetta, insegnaci il perdono. Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare. Regina della famiglia umana, mostra ai popoli la via della fraternità. Regina della pace, ottieni al mondo la pace».

Bologna, chiesa di San Giovanni in Monte
10/04/2022
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