Veglia delle Palme

Viviamo tutti in una notte profonda, che avvolge la vita di tanti, ombra di morte che segue i passi degli uomini e per la quale è sorto dall’alto il sole che sorge. È una notte che spegne la vita di tanti. La campana suona per ognuno di noi, perché la loro morte ci ricorda che siamo parte della stessa umanità e quindi chiunque esso sia richiama la nostra umanità. E se non la sentiamo, la ignoriamo, pensiamo non ci riguardi, restiamo noi con l’amara solitudine dell’inferno, della vita che si chiude in se stessa perché non sa aprirsi nell’amore.

La notte scende nel cuore, lo fa smarrire, lo riempie di rassegnazione, disperazione, rabbia, finisce per non riconoscere più il prossimo. Eppure noi siamo fatti per la luce, veniamo alla luce, cerchiamo la luce. Se la guerra è la notte che spegne la vita, la pace è luce che la accende tutta, la permette, desidera e prepara il futuro. Quanto abbiamo bisogno di Gesù, luce del mondo, in questa notte di pregiudizi che oscurano l’altro, di nazionalismi che giustificano l’odio e lo producono, di irrazionale e compulsiva affermazione di sé!

Nella notte cerchiamo sentinelle del mattino, testimoni della verità e del bene, di amore gratuito, di sentimenti umani per tutti, di persone che non si lasciano irretire dal potere del male, dalla sua logica spietata, disumana e disumanizzante.

La Settimana Santa che inizia oggi la viviamo con un’intensità tutta particolare. Capendo la notte, capiamo la grandezza dell’amore di Gesù. Gesù si lascia deporre in una terra di morte e si lascia innalzare sulla croce perché gli uomini morsi dal serpente del male non muoiano. Dopo il buio della pandemia del Covid sperimentiamo la notte dove vince quello che Gesù chiama il “potere delle tenebre” (Lc 22,53), la pandemia della guerra che irride la vita, rende il nostro fragile e bellissimo fiore oggetto, priva di qualsiasi dignità la persona.

Il potere delle tenebre viola e cancella la vita, spegne i sentimenti più ordinari, fa morire la pietà, eccita l’orgia dell’affermazione di sé, l’euforia delle armi e della violenza, come in una droga di forza che stordisce e acceca. Ma sempre chi di spada ferisce di spada perisce, perché la spada non può dare la vita, la toglie solamente. Ecco, capiamo la notte che vive Gesù, vittima per le vittime (Mt 27,45), quando a “mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio”.

Chiediamo luce come Nicodemo per cambiare questo mondo vecchio, segnato da odore di morte e da troppe luci finte, ingannevoli, alleate delle tenebre. “Tutta la nostra vita è come questa lunga notte di lotta e di preghiera”, disse Papa Benedetto XVI. Proprio come Nicodemo che ci ha accompagnato in questi mesi e ci ha portato ad incontrare di nuovo Gesù, paurosi come siamo, scettici in fondo, presi dalla “stanchezza della speranza”, condizionati dalla nostra presunzione ed esperienza, ma anche mendicanti di futuro, di protezione, di senso. Nicodemo ci ha portato da Gesù proprio di notte, in un’ora inaspettata, come questa e ci ha fatto capire come Gesù aspettava proprio noi, ci accoglie, ascolta e parla, non ci manda via, ci guarisce dalla rassegnazione e ci insegna a cercare la luce vera di un amore fino alla fine.

Alla fine dell’esistenza non ci aspetta la notte, il naufragio, perché Gesù è la luce e “in noi palpita un seme di assoluto”. “Avvolto di notte entrai nel tuo cielo con bende di vento fasciasti la carne mia ruvida sorda con voce rugiada bagnasti la terra mia polvere secca”, scrive don Maurizio Mattarelli di Nicodemo. Dopo l’incontro con Gesù capisce poco alla volta che per rinascere bisogna morire, affrontare il limite, il male, la morte. Accetterà di rinunciare alla sua posizione sociale, sceglierà poco alla volta di seguire Gesù e di stare con Lui, comprenderà pienamente la grandezza del suo amore sotto la sua croce.

Seguiamolo anche noi, non perché abbiamo capito tutto ma perché conquistati da un amore così grande, raggiunti da quel vento che non smette di rinnovarci, di donare l’innocenza a dei peccatori come siamo. Volgiamo il nostro sguardo a Colui che hanno trafitto, Gesù. Le immagini di morte che ci raggiungono dall’Ucraina sono stazioni della via dolorosa di Gesù. Esse ci chiedono di restare con Lui e con loro, di stamparle nel cuore, di cambiare dissociandoci da un mondo come questo, anche negli atteggiamenti esteriori. Lasciamoci conquistare da Lui e con Lui costruiamo e difendiamo la pace. “Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia”. Questo momento dipende da noi e inizia in noi. Aiutiamo a costruire come Noè questa arca che protegge i piccoli, custodisce la vita, arca di Fratelli tutti dove “non si impara più l’arte della guerra” (Is 2,4). Non pensiamo di salvarci scappando o preoccupandoci solo di noi. Il vero ramoscello di ulivo è Gesù, la nostra pace che abbatte i muri di divisione. Chi ama Lui ama il prossimo. Soffriamo con chi soffre e lo possiamo fare solo per amore e perché c’è tanta insopportabile sofferenza che chiede compassione, di farla nostra, di essere anche solo condivisa, perché la sofferenza da soli o nell’indifferenza è insopportabile.

Il ramoscello di ulivo che abbiamo sia come l’arcobaleno dell’alleanza di pace e lo sia il nostro cuore mite, artigiano di pace, esso stesso un ramoscello di ulivo offrendo simpatia immensa a tutti, specie chi è sofferente. Porgiamolo a tutti. Regaliamolo con l’amabilità che annulla la divisione e fa vedere che l’umanità non è finita e diventa riflesso di quella che Dio ci ha messo dentro e che la pandemia vuole cancellare. Che nel ramoscello che abbiamo tra le mani, nel cuore, negli occhi, nelle orecchie, sulla bocca, tutti possano vedere che è finito il diluvio. C’è un grande bisogno di persone vere, di amore concreto, di buone notizie che liberino dalle fake news che tanto confondono.

Non parliamo di pace, facciamo la pace. Portiamo pace dove c’è divisione; chiediamo e diamo perdono; circondiamo di compagnia chi è solo; disarmiamo i cuori violenti o semplicemente duri o maleducati con la fermezza dell’amore forte, intelligente, umano, semplice. E sarà luce nella notte.

Bologna, basilica di San Petronio
09/04/2022
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