Messa per il precetto pasquale interforze dell’esercito

Viviamo giorni difficili, drammatici. In realtà la vita senza la droga del benessere che illude chi l’ha raggiunto e assorbe tante energie e brucia tante speranze in chi lo cerca – poi a ben vedere non è mai sufficiente e rimanda sempre a qualcosa che devi ancora cercare – è una lotta, per alcuni terribile, per tutti segnata da dolori e difficoltà che la schiacciano e la limitano. Ecco perché dobbiamo cercare quello che ci fa stare davvero bene, l’essenziale e non il superfluo! Singolarmente, quando la tempesta del male ci raggiunge o colpisce qualche persona cara, sentiamo la nostra vita umiliata e i nostri passi diventare un vagare in un mondo che si rivela spesso duro, spaventoso, inutile, contrario o indifferente alla nostra volontà. La parola di Dio lo descrive parlando del fiore bellissimo e debole della nostra vita, fragilissimo, che il vento sposta e non fa ritrovare più il suo posto. Non siamo onnipotenti e la finitezza ci fa misurare quello che siamo, non per umiliarci, per svuotarci, ma per essere forti nella debolezza, non deboli proprio perché ci crediamo forti. Ricordarlo non è motivo di tristezza, ma di consapevolezza, di gioia vera, non finta.

In questi mesi abbiamo vissuto una tempesta universale, che quindi ci ha fatto sentire – speriamo – parte di un popolo grande. Il Covid colpiva tutti e potevamo essere uniti a tutti oppure, se vince la paura o l’incoscienza, chiuderci, credere che sia possibile salvarsi da soli. Abbiamo compreso – speriamo di non dimenticarlo – quanto siamo legati l’uno all’altro e che dobbiamo essere attenti al nostro prossimo, prenderci cura perché sta male e noi possiamo fargli male. Dobbiamo remare nella stessa direzione perché altrimenti siamo molto più esposti tutti alla forza del male.

In queste settimane sperimentiamo una nuova terribile pandemia: la guerra. Ci interroghiamo su qual è il virus che la scatena e lo riconosciamo in tanti atteggiamenti che lo hanno favorito, consapevolmente e no. Sì, la guerra è una pandemia scatenata dal male, il divisore, ma con tante complicità. Papa Francesco lo aveva ricordato con fermezza parlando per anni di una guerra mondiale a pezzi, facendoci capire che se c’è da qualche parte il virus della violenza e della guerra questo poi arriva dappertutto, inquina ovunque, è mondiale, cioè supera tutti i confini e riguarda tutti, mette in circolo delle forze negative contagiose e pericolose. Le immagini di morte sono un monito che ci interroga e ci chiede una risposta in termini morali, personali e collettivi, secondo la responsabilità di ognuno.

Pensavamo che invasioni di altri Paesi, brutali combattimenti nelle strade e minacce atomiche fossero ricordi oscuri di un passato lontano. E mentre ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese d’interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, la gente comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà.

Quello che serve è costruire e difendere la pace. “Ci siamo abituati a pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi. Ed è triste vedere come l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza”, ha ricordato Papa Francesco.

Come non preoccuparci quando scatta addirittura l’allerta nucleare? Durante la Guerra fredda queste armi erano accompagnate dalla certezza della distruzione totale reciproca. “Adesso il timore nessuno lo può escludere” ha commentato con saggezza il generale Graziano, indicando una risposta europea più determinata, per costruire realtà che uniscano le nazioni in una sinfonia di pace e contrastino i nazionalismi che invece si contrappongono tanto da rendere l’altro o concorrente o nemico. Le frontiere sono importanti, certamente, ma devono essere cerniere che uniscono identità, non trincee per dividersi e contrapporsi.

Come si costruisce questa sinfonia di nazioni? Imparando a pensarsi insieme, in relazione all’altro, alla ricerca di un bene comune che fa mettere da parte la logica individualistica e fa pensare il proprio io in funzione del noi e non viceversa. L’Europa è nata da questo e oggi dobbiamo farla crescere, non indebolirla! Trovare ciascuno il proprio ruolo non perché l’io lo impone, ma perché è in funzione del prossimo, è il segreto di Gesù, che ci insegna a trovare il nostro io – quanto tempo, energie, persone usiamo per fare questo – non vivendo per noi stessi, ma per il prossimo. Solo così troviamo quello che siamo.

Speriamo che nella pandemia sappiamo con coraggio prendere le decisioni necessarie per una soluzione condivisa e unitaria, perché ci si salva solo insieme e perché il disegno di Dio è quello sintetizzato nell’enciclica Fratelli tutti, un noi che ci permetta di vivere nell’unica casa comune, da custodire e difendere tutti. Questo è il vostro decisivo servizio di cui ringraziamo, anche perché sappiamo come non sentirsi protetti aumenta le paure e la diffidenza che fanno chiudere.

L’uomo di Dio, Daniele, difende la vittima, si schiera dalla parte di chi è debole, svela il piano di chi usa il proprio potere personale e di ruolo per umiliare, possedere l’altro. Il ruolo è servizio e quando lo viviamo così ne capiamo la vera importanza. Il proprio ruolo può essere usato, invece, per possedere, umiliare, sfruttare l’altro. Dobbiamo, però, sempre ricordarci che il Signore difenderà la vittima e svelerà l’arroganza e la furbizia vigliacca della logica del potere per sé. Ecco perché Gesù è luce, anzi è la luce: ama la vita di tutti, svela l’inganno della corruzione e indica il dolore della vittima, non vuole che nessuno resti nelle tenebre.

La missione di Gesù è illuminare. “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12). È anche la nostra missione: ognuno di noi ha un poco di questa luce e può portare con la sua vita luce al prossimo, diventando luminoso di amore e illuminando amando. Pasqua è la vittoria definitiva, il passaggio dalle tenebre alla luce, dal peccato, dalla rassegnazione, dall’odio che acceca e non fa riconoscere l’umanità dell’altro, all’amore. In queste tante tenebre possiamo essere luce. Il Venerdì Santo non finisce nel buio ma nella luce della Pasqua, spiraglio anche nell’oscurità più grande, che consola, che corregge nella presunzione, illuminando il prossimo e facendoci sentire infinitamente amati da Dio. Non teniamola sotto il moggio. Ognuno ha un pezzo di questa luce nella sua capacità di amare, di aiutare, di servire. Ne abbiamo sempre bisogno. Il mondo la cerca. In queste settimane lo capiamo quanto è decisivo.

Bologna, Basilica di San Francesco
04/04/2022
condividi su