Messa di ringraziamento per il riconoscimento Madonna del ponte come patrona del basket

Capiamo tutti meglio cosa significa “Il popolo che camminava nelle tenebre”. È quando ci sentiamo smarriti, non conosciamo la direzione e il buio scende anche nel cuore, lo confonde, tanto che tutto risulta senza desiderio, vano. La pandemia ha investito tutta la nostra vita. Abbiamo compreso quanto abbiamo bisogno di luce. Dio vuole che non restiamo nel buio e ci insegna a credere nella luce anche quando non c’è: ama gli uomini come il tifoso più accanito, non si rassegna, aspetta che possiamo finalmente dimostrare le capacità e “spezzare il giogo che l’opprimeva”.

Non smette di credere in noi, ostinatamente! In queste settimane assistiamo a un’altra pandemia, terribile, folle, odio che produce odio, morte che se non fermata suscita altra morte, con i suoi strumenti, le armi: la guerra. Il profeta ce la descrive parlando della “calzatura di soldato che marciava rimbombando” o del “mantello intriso di sangue”. Come non pensare a quei tanti che oggi sono travolti dalla guerra, che sentono quel rimbombo sinistro di chi porta morte o di ordigni che distruggono tutto.

Si bombardano financo gli ospedali, le scuole, i convogli di chi scappa. Quando si spegne ogni luce di umanità proviamo la gioia di una luce, della luce, Gesù, che nasce “per noi”. Per me, per noi. Ecco, ce lo dona Maria, madre alla quale siamo affidati proprio da Gesù. Questo è tuo figlio. È la tua e nostra patrona, sarà per te madre, da cui andare anche solo per raccontare, ringraziare, per guardarla, sentirsi figlio, avere la sua carezza, ritrovare i nostri fratelli che lei ama come me.

Ricordiamoci che è nostra, che dobbiamo prendercene cura, amarla, rispettarla, aiutarla, difenderla perché ha molti nemici ed è segnata dalle nostre divisioni e peccati. Maria ci dona Gesù, il più grande, che non resta fuori dal campo in attesa di vedere come va a finire. Non guarda dagli spalti, magari giudicando come chi non si mette in gioco e quindi ha sempre ragione lui! Sceglie di giocare la vita, si gioca la sua vita. Se la gioca tutta la vita, fino alla fine, perché non finisca.

E non entra in campo da super uomo, da onnipotente, ma da uomo, insegnando agli uomini ad esserlo come Lui. Non abbiamo ancora imparato a giocare nel grande terreno da gioco del mondo. E Gesù, con Maria, vuole che vinciamo. E ciò che ci rende bella, appassionante, la vita in questo mondo è quello che viviamo e vivremo pienamente nella vita che non finisce.

La Patrona ci aiuta a capire quello che ci unisce, ci fa sentire suoi, della stessa squadra, anche con l’orgoglio di esserlo. Si vince solo giocando come lei che ascolta Gesù, il migliore allenatore giocatore di questa grande partita. Dio sa che nelle tenebre è impossibile camminare e ci aiuta ad affrontare i dubbi che si affacciano, non richiesti, e che spesso ci turbano e confondono.

È un titolo bellissimo quello della Madonna del Ponte. Il ponte collega, fa conoscere. Senza il ponte restiamo isolati. La guerra – tragedia alla quale non possiamo mai abituarci – distrugge i ponti, impone sempre di costruire muri credendo così di essere difesi, ma che diventano pregiudizio e rabbia. Quanto è importante passare ad altri la palla. Anzi, direi che proprio non possiamo tenercela. È vero nella vita: chi vuole conservare la propria vita la perde. La pallacanestro mette l’altro al centro: la palla deve essere donata all’altro e quello che fai è indispensabile per iniziare l’azione. La bravura è darla e passarla a chi conviene a tutti. Non si vince mai da soli, ma assieme. La pallacanestro richiede di guardare in alto e di alzarsi, per capire dove sei e dove sono gli altri, a volte anche solo di indovinare dove sono, di avere fiducia che siano o vadano dove necessario. Questa si chiama sincronia, possibile con tanto allenamento, che poi diventa quasi un istinto. Alleniamoci a passare la palla, a non tenercela, a farci trovare dove serve, ciascuno nel proprio ruolo. Non sarebbe questo oggi indispensabile per il nostro Paese e per il mondo?

Fratelli tutti, perché capiamo chi siamo solo in relazione agli altri. Quanto poco ci esercitiamo nelle relazioni! A volte restiamo a studiare il regolamento oppure passiamo il tempo a capire, a immaginare, a simulare ma, come sappiamo, è solo giocando che capiamo. E Gesù non ci dà un regolamento: ma amore, passione, voglia di vincere. Bisogna essere leggeri per sollevarsi e correre. Se vogliamo conservare tutto non possiamo farlo. Per questo lasciamo volentieri le tante cose che non servono, che ci rendono pesanti. Liberarci dalla pesantezza ci fa stare meglio! Maria corre per le montagne, leggera e piena di spinta perché piena di amore. È umile, non deve portarsi la propria considerazione e ruolo.

E ci piace pensare le montagne come quelle bellissime del nostro Appennino. Certo, lo sappiamo che si può perdere, che questo fa male, ma sappiamo anche quanto ci aiuta riflettere sui nostri errori, riconoscerli, chiamarli con il proprio nome, non accusare gli altri, non abbattersi perché solo così possiamo essere migliori. Maria è la nostra patrona e non smetterà di credere nella nostra capacità. Noi sempre abbiamo paura di donare, perché ci sembra di perdere. Dobbiamo avere paura di non farlo!  Che ci faccio con quello che sono se non lo dono? E poi lo sappiamo che anche chi è senza palla fa tante cose utili: ognuno si mette a disposizione degli altri. Dei nostri compagni abbiamo sempre bisogno e se sbagliano non smettiamo di aiutarli e di farci aiutare. Dobbiamo fare come quei giocatori che continuano a passare al compagno anche se non è riuscito a far canestro.

         Abbiamo la Patrona. Chiediamo quindi di essere, nel terreno e fuori, una squadra capace di condividere e di farlo sempre anche davanti a tutti quando scopriamo i limiti nostri o altrui. Chiediamo a Maria di alzare il suo sguardo materno sulla pallacanestro perché sia davvero una scuola di vita. Sarà sempre con noi. È nostra madre.

Tanti che non possono giocare trovano nella pallacanestro opportunità e ruolo, come i disabili. E qui a Bologna abbiamo per esempio un’esperienza incredibile di quanto si riesce a fare cose straordinarie. In questo modo tanti profughi potranno trovare una squadra, che è proprio quello che cercano e così, solo così, accogliendo saremo più forti tutti. Maria corre incontro a Elisabetta.

Noi corriamo incontro a Maria che ci aprirà sempre le sue braccia, ci farà sentire la sua protezione: potremo affidarle i nostri pensieri e le nostre fatiche, consegnarle i nostri sentimenti.  La Madonna del Ponte ci aiuti a essere leggeri, umili, a sentirci squadra, a dare il meglio, ad allenarci molto nell’amore, a non arrenderci, a non accettare partite truccate, a sentire il suo amore che intercede per noi. Maria, nostra madre, prega per noi.

Bologna, cattedrale
30/09/2022
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