Messa e inaugurazione del campanile restaurato

Nessuna comunità è insignificante nella comunione, anche le più piccole. Anche per questo sono contento di essere con voi oggi e benedire il campanile. La Chiesa indica il cielo perché non si vive bene sulla terra senza capire cosa ci unisce al cielo e senza un cuore largo e attento al mondo, che supera i confini, le frontiere, come il cielo. E le campane le suoniamo per tutti e tutti raggiungono, incoraggiano, orientano. Ecco cosa la Chiesa vuole. Arrivare a tutti e fare si che il cuore di ciascuno sia raggiunto dal suono tenero che ritma la vita e la giornate.
Gesù vuole bene per davvero. Crede nell’amore. Non ama a tempo, con la tacita condizione che se ci sono problemi si può smettere, che se mi passa la voglia faccio finire tutto, che se provo anche una piccola delusione posso buttare via il resto. Gesù non ama insieme a tanti altri amori; fino ad un certo punto; per una stagione intensa di passione ed entusiasmo e poi basta. Vuole bene per davvero. Per questo è esigente con ognuno di noi e chiede di essere amato sopra ogni cosa. “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me”. Gesù vuole essere il primo amore della nostra vita, in maniera pratica, quasi materiale, fisica. “Non è degno di me” vuol dire che non è come me, che non riesce a capire il mio amore. I poveri e i peccatori sono degni di lui, perché loro sì comprendono che è l’unico e vero amore della loro vita. Qualche volta pensiamo che il Signore sia a nostro servizio e ci irritiamo se non lo troviamo più, come se il problema fosse lui e non noi che lo abbiamo trascurato. Lui ci ama pienamente. Noi? “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me”. Istintivamente un’affermazione come questa irrita la nostra sensibilità. Apparteniamo ad una generazione diffidente verso i legami forti, che crede di essere libera perché non si lega per davvero a nessuno, che confonde amore pieno con rinuncia ad altro, diffidente verso legami profondi, che ama lasciarsi aperta sempre un’altra possibilità. Spesso amare qualcuno vuol dire dimenticare gli altri o amarli meno. Amare Gesù in maniera personale, più di chiunque altro, in realtà moltiplica l’amore e permette di volere bene a tutti. Amare Lui “con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso” è la vera scuola di amore dove non smettiamo mai di imparare, dove possiamo ritrovare il nostro amore deluso, perso, tradito. Amare Lui ci fa trovare l’anima e ce la fa scoprire negli altri. Tutti noi crediamo troppo poco alla forza dell’amore, a quanto questa può trasformare la vita e generarla. Amare Lui più di chiunque permette in realtà di amare di più tutti.
“Chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno di me”. Ognuno ha la sua croce, il male che segna la sua vita, il limite anche fisico del suo corpo. Gesù c’invita a non restare fermi, a prendere la nostra croce ed a farlo per amore suo. L’amore ci cambia, ci rende forti nella sofferenza e ci dona una forza che trasforma i deboli. Tutti possiamo seguire Gesù ed anche soffrire un po’ per Lui, insieme con Lui. Così la via dolorosa, anche la mia, non termina nella sconfitta della croce, ma nella luce e nell’energia di vita della resurrezione.
“Chi avrà trovato la sua vita la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia la troverà”. La vita è da perdere. La candela deve bruciare per trasformarsi in luce. Perdere non vuol dire smarrire o, peggio, sciupare, dissipare, come spesso ci accade. Perdere vuol dire donare. Tutti noi vogliamo “trovare” la vita. Sempre. Quando siamo giovani cerchiamo la nostra vita. Quando siamo adulti vogliamo che sia più nostra. Quando siamo anziani vogliamo trovare ancora speranza. Noi pensiamo di “trovare” la vita quando ci sistemiamo, quando ci sentiamo forti, quando possiamo fare a meno degli altri, non ascoltare più, non chiedere aiuto. Così pensiamo solo a conservare e basta. Perdere la vita per Lui vuol dire regalare tempo e cuore visitando chi è solo; offrendo anche solo un bicchiere di acqua fresca, cioè un po’ di comprensione, di sollievo, di sensibilità, a qualcuno che è colpito dal sole della vita. Non dobbiamo costruire un acquedotto, cosa che non possiamo fare e che giustifica la nostra pigrizia. Un bicchiere d’acqua fresca è possibile a tutti, se abbiamo attenzione alla sete degli altri.
Perdere la vita vuol dire comprare qualcosa per chi non ha nulla. Perdere vuol dire lasciare un po’ di tempo soprattutto in questi giorni di vacanza, alla preghiera, alla lettura del Vangelo. Non è tempo perso: troviamo la Sua compagnia, parliamo con Lui! Infine Gesù invita ad essere accoglienti. E’ la vicenda di quella donna facoltosa che accoglieva Eliseo, il profeta. Aveva tanto, ma non figli. Era senza futuro. Quella donna facoltosa rassomiglia all’Europa, ricca ma non più capace di trasmettere la vita. Il profeta promette a lei che terrà in braccio un figlio. La vita, il futuro inizia quando accogliamo in modo gratuito e sensibile. Accogliere non significa perdere spazio per sé! Anzi: limita il nostro insaziabile egocentrismo, che si dilata e non si soddisfa mai, che finisce con noi. Chi accoglie fa sua la ricompensa di colui che ospita e trova la vera ed unica ricompensa: amare ed essere amati. 

02/07/2017
condividi su