S. Messa di suffragio nel II anniversario della morte del Cardinale Arcivescovo Giacomo Biffi

Questo anno del Congresso Eucaristico ci aiuta ad aprire gli occhi perché sappiamo vedere le cose che esistono ma restano invisibili a occhi che non riconoscono perché stolti e lenti di cuore,resistenti a credere che Cristo dovesse patire le sofferenze per entrare nella sua gloria. Pervasi dalla logica del mondo non comprendiamo che se vogliamo trovare dobbiamo perdere, se vogliamo vivere e non restare soli dobbiamo morire a noi stessi, se vogliamo dare e trovare frutto bisogna cadere in terra, per vivere dobbiamo servire. Quanto è facile scandalizzarci dell’amore che ci chiede di superarci. E’ facile rendere la Parola di Dio, che è la comunicazione di un Padre innamorato che cerca il nostro cuore, un’esortazione lontana, un’ispirazione che non orienta le nostre scelte personali e di comunità.  San Benedetto, di cui oggi facciamo memoria, ci aiuta ad ascoltare, rinnovando il suo essenziale invito a sentirci Figli e ad aprire il cuore all’obbedienza concreta. “Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in pratica con impegno, in modo che tu possa tornare attraverso la solerzia dell’obbedienza a Colui dal quale ti sei allontanato per l’ignavia della disobbedienza”. C’è un rapporto molto stretto tra ascolto e obbedienza. Senza questa la Parola stessa viene ridotta ad uno dei tanti riferimenti di un ego che non prende sul serio che se stesso e mette al centro il proprio io. Ma questa obbedienza sarà accetta a Dio e gradevole agli uomini se il comando ricevuto verrà eseguito senza esitazione, lentezza o tiepidezza e tanto meno con mormorazioni o proteste. L’obbedienza non è mai passiva rinuncia a se stessi, come fosse una perdita della propria identità, ma al contrario è slancio e generosità, perché “Dio ama chi dà lietamente”. Nella Regola San Benedetto ammonisce: (17)”Se infatti un fratello obbedisce malvolentieri e mormora, non dico con la bocca, ma anche solo con il cuore, pur eseguendo il comando, non compie un atto gradito a Dio, il quale scorge la mormorazione nell’intimo della sua coscienza”. Il suo monastero non era affatto un luogo chiuso, ma ordinato, cosa molto diversa! E il disordine causato inevitabilmente dall’accoglienza non metteva certo in discussione l’ordine, anzi lo rafforzava e provocava a trovare nuove risposte! Era ben altro che causava confusione! L’accoglienza, anzi, era la porta aperta nel monastero, perché tutti “siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto” e “a tutti si renda il debito onore, ma in modo particolare ai nostri confratelli e ai pellegrini”. (Regola 15). “Specialmente i poveri e i pellegrini siano accolti con tutto il riguardo e la premura possibile, perché è proprio in loro che si riceve Cristo in modo tutto particolare e, d’altra parte, l’imponenza dei ricchi incute rispetto già di per sé”.
Oggi ci uniamo al ringraziamento di tutta la chiesa e in particolare della nostra Chiesa di Bologna rendendo onore al Cardinale Giacomo Biffi, testimone appassionato, intelligente, libero perché attaccato alla verità, allergico a vecchi e nuovi conformismi, capace di graffiare per riportare a ciò che è fondamentale. San Pietro pone la domanda su quello che resta della nostra vita in maniera diretta, concreta, guardando alle sofferenze proprie e all’incertezza comprensibile di chi ha lasciato qualcosa.Che cosa ne avremo? Cento volte tanto e in eredità la vita eterna. Cento volte tanto vuol dire qualcosa che noi stessi non siamo in grado di misurare. Ed è esattamente quello che avviene ad ogni credente e che noi oggi sperimentiamo ricevendo il cento volte tanto seminato dal Cardinale Biffi nella Chiesa e nella città degli uomini. Resta con noi ed è anche quello che lo ha accompagnato con sé, perché portiamo con noi proprio e solo quello che va oltre di noi.
Scriveva circa la Chiesa e l’Eucarestia: “Una Chiesa nutrita dalla speranza eucaristica può condurre a rianimare questo mondo infiacchito. Può dire agli uomini: anche se non conoscete la mèta, tuttavia potete tentare ugualmente di credere in un futuro. Per il fatto stesso che vivete, per il fatto stesso che generate dei figli, per il fatto stesso che vi adoperate a migliorare la terra, voi dimostrate che nel vostro cuore un ideale c’è; voi dimostrate di avere una vostra persuasione, sia pur non razionalmente motivata, che ci sarà un approdo per questa navigazione al buio che è la vita terrena; voi dimostrate una vostra confusa fiducia che la tormentata vicenda dell’uomo potrà arrivare a qualche felice conclusione”. E della città degli uomini, la sua Bologna, la descriveva così: “Essere bolognesi è un dono: vorrei che ne acquistassimo tutti una coscienza più viva. […] Essere bolognesi è una fortuna che è opportuno saper riconoscere; ed è giusto, senza alcuna arroganza, esserne lieti e fieri. E’ una fortuna e un dono, ma altresì un impegno e una responsabilità. E’ una eredità pervenutaci da una vicenda di secoli: una vicenda ricca di valori, determinata dalle fatiche e dai sacrifici dei nostri padri, animata e guidata da una passione generosa per questa terra che non è mai venuta meno […] Questa eredità chiede di essere consegnata alle generazioni future”.
 
Abbiamo goduto nel ritrovare alcuni dei suoi tratti nel libro di Suor Emanuela, come la preoccupazione per una Chiesa davvero evangelica, la libertà da tutti i condizionamenti, l’irritazione per le banalità ecclesiastiche, per le spiritualità alla moda. Vuole combattere “una cristianità chiacchierona, petulante, dove non c’è più “metanoia” ma solo rivendicazioni: dove non c’è misericordia per nessuno, dove non c’è più il senso di Dio e neppure in fondo l’attesa del suo regno”. Per questo si comprende bene il suo gusto per graffiare le riflessioni ridotte a slogan o più preoccupate di collocarsi nella geografia ecclesiale che di difendere la verità. Libero dal “trionfalismo ecclesiale” si sente”sempre più a disagio tra i cristiani “impegnati”, che son immersi nelle parole, nei malumori, nelle rivendicazioni”. “Vorrei riuscire a tenermi lontano dallo “zelo amaro” e dalle dispute, e soprattutto a velare tutto misericordia. Ecco: la fedeltà a Dio e la misericordia verso gli uomini sono le grazie che dovrebbe chiedere per me”, sollecita Suor Emanuela.
Qual era l’amore di Biffi per la Chiesa? Contemplativo. “La questione della Chiesa e della sua santità non è per me marginale, ma mi tocca veramente un po’ in tutto il mio essere. Io sono sinceramente convinto che la strada della salvezza passa per la contemplazione di quanto sia bella la chiesa. Sono sensibile a tutto ciò che tende ad avvilirla”.Rendiamo grazie per la sua testimonianza e per il cento volte tanto che in realtà ci ha affidato, vera eredità da conservare e da vivere con la stessa via evangelica per la quale solo perdendo si trova, regalando si riceve, essendo senza niente che si diventa padroni di tutto. In occasione dei suoi ottanta anni aveva detto e la conservo come un testamento di gratitudine sua e nostra: “Quando si arriva qui ogni pensiero e ogni esame lasciano il posto alla contemplazione stupita dell’incredibile e arcana benevolenza del Padre della luce, dal quale scende ogni buon regalo e ogni dono perfetto. Ogni sentimento è allora naturalmente trasceso e più radicalmente inverato in quello onnicomprensivo ed esaurente della riconoscenza. Oggi per me grazie diventa la parola che riassume tutte le altre, la parola cui, se è compresa bene, non c’è più niente da aggiungere. A questo proposito che arrivata a questa età ho imparato adire meglio, con più senso, l’ultima parte dell’Ave Maria, superando la mia anteriore superficialità e spensieratezza. Prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”.
La sintesi è forse tutta in quella preghiera della Liturgia Ambrosiana che volle mandare a Suor Emanuela: “Non chiudere la tua porta, anche se ho fatto tardi. Non chiudere la tua porta: sono venuto a bussare. A chi ti cerca nel pianto apri, o Signore pietoso. Accoglimi al tu convito, donami il Pane del Regno”.
 

11/07/2017
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