Messa in ricordo di Tancredi

La Quaresima ci aiuta ad aprire gli occhi sulla vita. Quanto è facile, infatti, tenerli chiusi a lasciare che si perdano nel dolce sonno del benessere. Collezioniamo tante immagini ma senza fermarci, guardando da lontano come spettatori, come il sacerdote e il levita, girandoci dall’altra parte con il rapido “cambio immagine”, per paura o banale pensare a sé. La Quaresima ci aiuta a rientrare in noi stessi, perché il peccato ci fa in realtà uscire da noi, ci spinge a vivere senza legami, perché legati solo a sé. Il peccato ci rende quello che non siamo persuadendoci a vivere per noi stessi, mentre siamo fatti per vivere per gli altri. Solo amando gli altri troviamo davvero noi stessi. Solo incontrando Gesù sentiamo quanto siamo amati e quanto possiamo amare. Quando questo avviene troviamo tanta beatitudine, tanta gioia vera. C’è un legame profondissimo tra la mensa dell’altare – sulla quale spezziamo il corpo e la parola di questa presenza, che ci rende commensali, amici suoi e tra di noi – e la mensa del nostro pranzo, quello che vediamo come in un sacramentale a Natale, ma che cerchiamo quotidiano nelle mense di amore apparecchiate nei luoghi pieni di gente ma segnati da terribile solitudine. Le distribuzioni sono come la comunione di quello stesso cibo di amore che vogliamo raggiunga la famiglia di Gesù, i suoi fratelli più piccoli, sacramento della presenza reale di Gesù nei suoi fratelli più piccoli, i poveri. I poveri sono a casa in questo pranzo e qui capiamo la nostra vera casa. Sono i due lati dello stesso altare, uno verso il cielo e l’altro verso la terra. I poveri sono parte della famiglia, anzi ci rendono loro familiari! E’ davvero un pranzo universale, per tutti, tanto che ci stiamo anche noi. E’ pranzo con i poveri e non per i poveri, tutti amati e nutriti, che ci mostra quello che saremo e che ci aiuta a capire quello che siamo.  
Come loro familiari oggi ricordiamo i nostri fratelli. Sono tanti nomi perché la nostra è una famiglia allargata, che si moltiplica sempre di più, il “cento volte tanto”, che non solo non esaurisce l’amore ma ci fa accorgere di come può coinvolgere tutti in una moltiplicazione che è di pane, certamente, ma anche di persone saziate, di folla che diventa persona, di numeri che diventano uomini, di oggetti che si trasformano in prossimo. L’esponente che permette di moltiplicare i nostri cinque pani è l’amore, la gratuità, la compassione che lo fa bastare per tanti.  E viceversa, perché quando si ama non si comprende più chi abbraccia e chi è abbracciato, chi dona e chi riceve. E’ il segreto dell’amore che rende una cosa sola. “Quando abbraccio sono finalmente intero”. 
Gesù non dimentica nessuno e ci aiuta a serbare nel cuore la vita come la morte dei nostri fratelli e delle nostre sorelle e, dove lui è presente, c’è la resurrezione. Non dimentichiamo Tancredi. Non dimentichiamo nessuno! E l’oblio in realtà inizia da vivi, quando non si vedono proprio i tanti Tancredi oppure quando la loro presenza si accende solo in un attimo e poi viene dimenticata. L’amore non dimentica, non accetta che l’amato sia lasciato solo; ha una memoria lunga perché vuole conservare con cura, con affetto, quasi con gelosia, tutto quello che ci lega all’amato, il segreto nascosto nel cuore di ognuno. Nella bulimia delle immagini che non si stampano però nel nostro cuore, rischiamo tanto di credere che volere bene sia solo apparenza e ci accontentiamo dei nostri sentimenti. I nomi sono scritti nel libro della vita perché Gesù non li dimentica. Vogliamo siano scritti nel nostro cuore e nel libro della nostra comunità, proprio come i fratelli che si ricordano e si amano da vivi e da morti.  Se non si ama non si vede e non si ha memoria. E se si ama tutta la vita brilla, riflette quel mistero di Dio che si manifesta proprio nell’amore, perché Dio è amore.
Spesso i nomi che ricordiamo sono storie “impossibili” di amore, davvero difficili a volte per le condizioni fisiche, altre per la diffidenza, altre per la rassegnazione che sconsiglia di provarci o fa arrendere alla prima difficoltà, altre per le dipendenze che tanto condizionano o per la disillusione che rende complicato l’aprirsi. Bisogna conoscere il nome, come per Tancredi, il cui vero nome era Paolo Baccarini ma la mamma, appassionata di un’opera di Torquato Tasso, volle chiamarlo così. Se ci fosse stato un rapporto burocratico, funzionale, non lo avremmo conosciuto per il suo vero nome. Gesù conosce il cuore dell’uomo, il suo vero nome, che pronunzia con amore, riconoscendo quello che siamo e avvolgendoci con la sua protezione. Ecco l’amore che ci è chiesto!  Noi non possiamo proprio avere un amore come tutti, alla come viene, limitato. Siamo cristiani, seguiamo il nostro maestro, siamo amati da Lui e per questo possiamo avere un amore più forte di qualsiasi resistenza. Non possiamo pensare come tutti, spesso anzi credendoci migliori. Gesù non fa una lezione sull’amore. Ama. Gesù non chiede qualcosa che lui non fa. “Ma io vi dico: amate i vostri nemici”. Dio fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Siamo tutti peccatori e Dio non fa le distinzioni che operiamo noi, per rassicurarci, per crederci importanti o migliori. Il suo sole è per tutti! Non allontana nessuno. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non basta fare quello fanno anche i pubblicani. Il discepolo di Gesù non si può accontentare, ma non perché è migliore, solo perché è amato. E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? E la sua e nostra ricompensa è la gioia per un solo piccolo ritrovato, per quella pecora che ritrovata diventa motivo di gioia grande. Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. L’unica perfezione richiesta e possibile è l’amore. Per questo possiamo amare anche i nostri nemici: non abbiamo nemici perché combattiamo il nemico. L’ultimo nemico è la morte. Gesù la vince amando fino alla fine. Illuminiamo la vita tenendo in alto la luce accesa da Dio. Che i nostri occhi siano come queste candele che riflettono la luce che non finisce, comunicando speranza e amore. E’ la luce nella quale riposano in pace, i suoi e nostri fratelli più piccoli.  O Signore, che hai detto: beati i poveri perché di loro è il regno dei cieli, che hai chiamato beati coloro che soffrono, noi ti preghiamo per Tancredi  vissuto all’aperto, senza casa, tra dolori e sofferenze e per tutti coloro che sono morti abbandonati da tutti come il povero Lazzaro, accogli Tancredi e tutti i nostri amici nella tua casa dove non ci sono freddo e solitudine, dove tutti sono conosciuti e conoscono te, apri il cuore degli uomini a chi come loro vive nel dolore senza abitazione e senza aiuto, costruisci per tutti una casa di pace in questa terra deserta, sin da ora e per sempre, Amen

16/03/2019
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