L’apostolo ci invita ad aprire gli occhi del cuore. Li abbiamo ma spesso sono chiusi perché li teniamo sempre rivolti verso di noi! Quando apriamo gli occhi del cuore cambia tutto, ci rendiamo conto del dono che abbiamo e che possiamo rappresentare, capiamo come si tratta il prossimo. È vero: abbiamo visto la sua gloria, “gloria di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”. Alla casa della Carità di Corticella, durante l’Avvento, si sono preparati al Natale scrivendo ogni giorno le cose belle che accadevano. Dobbiamo esercitarci a riconoscerle e a ringraziare, invece di farci inquinare da quelle brutte che ci stordiscono, a volte ci amareggiano e ci spingono a lamentarci. Se cerchiamo qualcuno che risolva i problemi senza di noi, che metta tutto a posto e noi che restiamo a guardare, non capiamo il Natale. Abbiamo contemplato la gloria umile del bambino deposto sulla mangiatoia.
Dio è venuto proprio per farci vedere la luce nella nostra debolezza e per darci speranza. E il prologo del Vangelo di Giovanni ci dice che il Verbo si è fatto carne, la Parola che in principio era presso Dio, si è fatta carne ed è venuta a porre la sua dimora in mezzo a noi. I suoi non l’hanno accolta? Chi sono “i suoi”? Quelli che pensavano di esserlo senza ascoltare, senza cambiare, che ascoltano e non seguono, che pensano debbano cambiare gli altri, che lo sanno spiegare ed esigere ma che per loro è sempre diverso e giustificato. Sono i farisei, che pensano di essere a posto perché ingannano gli altri, che cercano la considerazione a tutti i costi, che si accontentano dell’apparenza, ai quali non si può dire nulla, che pensano che il male sia fuori di loro e non dentro. I suoi non sono i puri! Non sono i fortunati! Sono i peccatori che si lasciano cambiare dalla sua misericordia, che hanno speranza perché ne hanno bisogno e fanno proprio il bisogno del prossimo.
La luce è venuta, le tenebre non l’hanno accolta. Abbiamo bisogno di luce. Lo capiamo bene solo quando siamo nel buio o quando facciamo nostro il buio di chi è nella malattia, nella solitudine, nella rassegnazione. Il cristiano non è un fatalista: il buio si combatte. Non siamo rassegnati: c’è la luce. Siamo uomini di speranza! “La speranza, infatti, nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal cuore di Gesù trafitto sulla croce: «Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita» (Rm 5,10). E la sua vita si manifesta nella nostra vita di fede, che inizia con il Battesimo, si sviluppa nella docilità alla grazia di Dio ed è perciò animata dalla speranza, sempre rinnovata e resa incrollabile dall’azione dello Spirito Santo”.
Il nostro volto e il nostro cuore siano luminosi. Il servizio, la benevolenza, l’amabilità. Una persona amabile è molto cercata, tutti gli chiedono qualcosa. E noi tutti non dovremmo essere così? La città spesso è dura, accetta la violenza. Natale è trovare il cuore. È nel cuore di ciascuno di noi che quel bambino deve rinascere in questi giorni. Il verbo si è fatto carne, ma deve nascere nel cuore. Ce lo ricorda l’evangelista Giovanni: “A quanti l’hanno accolta, ha dato il potere di diventare figli di Dio, i quali non da sangue né da volere di carne, ma da Dio sono stati generati”. Prendiamo il Vangelo nel nostro cuore. Dipende da noi ma il potere ce lo regala Lui. Ci adotta ma noi scegliamo. Non sovrappone la Sua volontà, ma farla vuol dire trovare la nostra, perché la Sua volontà è l’amore.
Solo amore, senza interessi, come deve essere, senza limiti di tempo, perché l’amore vero dà senso al tempo e non finisce, senza limiti, perché l’amore cresce e si trasforma, non si esaurisce. Tutti possiamo vivere il Vangelo e non è vero che non lo si possa vivere o che lo possano vivere solo quelli che hanno la vocazione. La vocazione da cristiani l’abbiamo tutti e dobbiamo vivere tutto il Vangelo alla lettera, come dei bambini. Ecco come troviamo la speranza. Dio fa così con noi. Non si mette solo a studiare il buio ma ci chiede di portare la luce dell’amore. Con voi ricordo uno dei segni dei tempi per irradiare la luce della speranza. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”. Ecco perché questa speranza non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita. Sant’Agostino scrive in proposito: «In qualunque genere di vita, non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare». Ecco cosa significa un vero Giubileo: una ripartenza, per noi e per il prossimo, per questo mondo così rassegnato e pieno di paure.