Messa nella Giornata del ringraziamento

Tutti noi vogliamo essere grandi! La vera risposta alla ricerca di esserlo, al desiderio di avere un primo posto o la considerazione, è nell’essere servi. Chi si esalta da solo dovrà sempre verificare la sua considerazione e ne sarà ossessionato. Chi si crede a posto per i saluti o per i primi posti nelle sinagoghe, per l’abito che indossa, per il lusso, la forza che manifesta, sarà umiliato, cioè sperimenterà il limite, la fragilità di quello che credeva suo. Grande, infatti, è chi ama, chi ha un cuore grande perché umile, chi rende grandi gli altri!

Solo chi si umilia sarà esaltato: chi si fa servo, cioè sottomesso a Dio, trova la vera libertà, quella di non obbedire al principe di questo mondo. Umiliarsi è anche partire dalla propria debolezza, non ignorarla e non nasconderla. Servo è chi mette a disposizione quello che ha, chi cerca di fare contento il prossimo, chi mette al primo posto l’uomo e non la legge! Il servo non esige ricompensa, non pretende, non è interessato ai meriti, come chi si crede padrone. Grande, grande di cuore, di sentimenti, di speranza, di intelligenza è chi serve l’altro, il fratello, questa casa, rendendola piena di vita. Per i farisei tutto è relativo a sé.

Hanno un’idea alta di sé, pieni di banale orgoglio, si ritengono troppo grandi per umiliarsi in gesti piccoli. In realtà hanno paura: si rifugiano nella legge perché non credono all’amore, non si fidano; fuggono dalla misericordia perché non pensano possibile o giusto il perdono. Chi si umilia, aiuterà tanti a liberarsi dalla prigionia del vivere per se stessi. Essere servi non vuol dire non avere valore! Anzi, solo il servizio ci aiuta a trovare il vero valore della nostra vita. Quando abbiamo voluto bene, umiliandoci nell’aiutare l’altro, non siamo stati forse esaltati, ci siamo sentiti utili per davvero, non per farci vedere, ma solo per amore? Umile è grande. Umile non è mediocre. Mediocre per davvero è chi esalta sé e diventa banale, pericoloso per sé e per gli altri. Cerchiamo cose grandi, ma restando con i piedi per terra, sapendo che occorre lavoro, pazienza e sapendo rischiare. L’orgoglio deforma il giusto amor per se stessi, porta a difendersi dal prossimo o ad usarlo invece di pensarsi in relazione a lui.

Quando smettiamo di parlare sopra gli altri, di cercare quello che serve a noi e non quello che serve a tutti e al prossimo, quando manteniamo la concretezza della vita, tutto diventa importante e prezioso. Gli ultimi saranno i primi e lo sono già adesso, perché trovano quello che, al contrario, l’orgoglio nasconde. L’umile ringrazia. L’orgoglioso rivendica, ha bisogno piuttosto di fare vedere il suo e lo ritiene suo. L’umile ha pazienza, conosce i tempi, non deve mostrare la sua capacità perché questo lo faranno vedere i frutti. Il Messaggio della CEI per la 73a Giornata del ringraziamento ha come titolo Lo stile cooperativo per lo sviluppo dell’agricoltura: «L’insegnamento biblico suggerisce il principio della fraternità quale paradigma capace di illuminare ogni attività umana, agricoltura compresa: il mandato di coltivare e custodire la terra (cf. Gn 2,15) coinvolge l’umanità a livello personale, familiare e in ogni forma di collaborazione con gli altri». Anche nell’esperienza del lavoro siamo chiamati a creare quello stile che non ci fa sentire concorrenti, ma fratelli.

La prima grande cooperativa è proprio la comunità cristiana, che si pensa insieme. La fraternità non è una dimensione simbolica. Ci aiuta anche nell’esperienza del lavoro creare uno stile da fratelli e non concorrenti. Lo stile cooperativo propone un modello di impresa in cui la comunità è un bene per tutti, come recita anche la Dottrina sociale della Chiesa. Inoltre, lo stile cooperativo favorisce anche la vicinanza tra produttori e consumatori, garantendo la qualità del cibo e favorisce uno stile d’impresa come società di persone, inclusiva. Decisivo anche, oggi, per la cura condivisa del territorio. Quest’anno è stato un anno durissimo per le imprese agricole e c’è bisogno proprio di aiutarci assieme.

E desidero manifestare vicinanza ai tanti contadini che, direi meglio imprenditori della terra, vogliono rispettarla, e  che non hanno ricevuto ancora risarcimenti. Tanta solidarietà e vicinanza per le preoccupazioni. La cura condivisa del territorio, soprattutto di quello rurale come avveniva nel passato, può prevenire disastri idrogeologici e può facilitare un uso condiviso di beni come le risorse idriche, soprattutto nei periodi sempre più frequenti di siccità. “La Giornata del Ringraziamento diventa occasione per lodare il Signore per il dono del fratello che condivide il nostro stesso lavoro, Ci consente di riflettere anche sul suo senso, che può creare opportunità di condivisione, e può far sì che i territori rurali, soprattutto nelle aree interne, siano rigenerati e ripopolati. Impegniamoci a gestire l’acqua, la terra e l’energia in modo fraterno. «Nessuno si salva da solo», ci ricorda la Fratelli Tutti,  e ci si può salvare unicamente insieme» (n. 32): non si tratta di un insegnamento valido solo per il tempo della pandemia, ma è un’acquisizione di cui dovremmo fare sempre tesoro. È un’opportunità per sentirci corresponsabili del mandato di prenderci cura della casa comune ed essere custodi dei nostri fratelli.

Mazzolari pregava: «Si cerca per la Chiesa un uomo senza paura del domani, senza paura dell’oggi, senza complessi del passato. Si cerca per la Chiesa un uomo che non abbia paura di cambiare, che non cambi per cambiare che non parli per parlare. Si cerca per la Chiesa un uomo capace di vivere insieme agli altri, di lavorare insieme, di piangere insieme, di ridere insieme, di amare insieme e di sognare insieme. Si cerca per la Chiesa un uomo capace di perdere senza sentirsi distrutto, di mettere in dubbio senza perdere la fede, di portare la pace dove c’è inquietudine e inquietudine dove c’è pace.

Si cerca per la Chiesa un uomo che sappia usare le mani per benedire e indicare la strada da seguire. Si cerca per la Chiesa un uomo senza molti mezzi, ma con molto da fare, un uomo che nelle crisi non cerchi altro lavoro, ma come meglio lavorare. Si cerca per la Chiesa un uomo che trovi la sua libertà nel vivere e nel servire, e non nel fare quello che vuole. Si cerca per la Chiesa un uomo che abbia nostalgia di Dio, che abbia nostalgia della Chiesa, nostalgia della gente, nostalgia della povertà di Gesù, nostalgia dell’obbedienza di Gesù. Si cerca per la Chiesa un uomo che non confonda la preghiera con le parole dette d’abitudine, la spiritualità col sentimentalismo, la chiamata con l’interesse, il servizio con la sistemazione. Si cerca per la Chiesa un uomo capace di morire per lei, ma ancora più capace di vivere per la Chiesa; un uomo capace di diventare ministro di Cristo, profeta di Dio, un uomo che parli con la sua vita. Si cerca per la Chiesa un uomo».

Bologna, cattedrale
05/11/2023
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